Intelligenza artificiale e social media cambiano i paradigmi del lavoro e del tempo libero. Alla Summer School della Fondazione Ceur i consigli per non soccombere.
La lezione di François Michelin, che ricordava ai suoi operai “voi non fate solo uno pneumatico, voi aiutate le persone a spostarsi meglio e con maggior sicurezza“, andrebbe forse imparata a memoria. In quelle parole, di un imprenditore che ha rappresentato appieno il mondo industriale e del lavoro come finora lo abbiamo conosciuto, risuona il lascito che ci può accompagnare verso il nuovo paradigma, quello caratterizzato dai numeri 4.0: Industria 4.0, Formazione 4.0, Lavoratori 4.0. Intelligenza artificiale, big data, Internet of things stanno entrando nelle nostre vite, modificando le nostre aspettative, le nostre suggestioni, le skills professionali richieste, i ritmi di lavoro, l’organizzazione aziendale, la comunicazione tra macchine e persone e tra le persone stesse. Un passaggio delicato, che mette apprensione, anche paura, per la pervasività, velocità e inevitabilità con cui sta avvenendo. Ma stare fermi, subire, non è la risposta migliore.
A mettere a tema questa rivoluzione, epocale e profonda, e le chiavi di lettura per capirla e non soccombere è stata, a fine giugno, l’annuale Summer School organizzata a Milano dalla Fondazione Ceur, sotto la direzione scientifica della Fondazione per la sussidiarietà. Un approccio non ideologico, ma attento e curioso, aperto a raccogliere la sfida, senza preconcetti, ma consapevoli che in gioco, oggi più che mai, ci sono la responsabilità e la libertà della persona, che può decidere quanto e come implicarsi da protagonista in questa partita, che sembra impari.
In una giornata, densa di interventi, esperienze e suggerimenti, si è dapprima parlato di Big data, Intelligenza artificiale, Industria 4.0, ascoltando le riflessioni di esperti del settore, quali Fabio Mercorio, ricercatore di Computer Science all’Università degli Studi di Milano-Bicocca; Antonio Picariello, professore di Computer Science and Engineering all’Università degli Studi di Napoli Federico II; Andrea Ulisse, Google Cloud Solutions Engineer. A fare da fil rouge il desiderio di capire e raccontare quale futuro ci stanno apparecchiando gli algoritmi, quali impatti avranno sul mondo della formazione, del lavoro ma anche del tempo libero e del quotidiano.
In un secondo momento, una volta delineati i contorni dei cambiamenti in atto, ci si è invece concentrati attorno ai possibili impatti sul mondo produttivo e sul mercato del lavoro. A confrontarsi sono stati Massimo Gaggi, editorialista del Corriere della Sera da New York, autore dell’interessantissimo libro Homo Premium. Come la tecnologia ci divide e attento osservatore di queste dinamiche in un Paese, gli Stati Uniti, in cui Big data e Intelligenza artificiale sono già all’avanguardia, prospettando scenari, opportunità e divari con cui presto dovremo fare i conti anche noi; Alessandro Ovi, direttore Mit Technology Review Italia, che ha addirittura preconizzato l’arrivo imminente di un’Industria 5.0, dove le macchine impareranno da sole ad aggiornarsi e ad auto-programmarsi; infine, Alberto Sportoletti, presidente Retemanager, che ha ribadito comunque la centralità della persona, chiamata ad assumere un diverso atteggiamento sulla realtà aziendale e lavorativa, mettendo in campo nuove skills, non solo professionali e informatiche, ma soprattutto attitudinali e pro-attive.
Ma gli algoritmi non cambieranno solo il mondo dell’economia e del lavoro. Attraverso i social media stanno modificando anche le modalità di relazione tra le persone. Partendo, allora, dalla domanda se i social media siano da considerare “armi di costruzione di massa” o “armi di distruzione di massa”, sono intervenuti Marco Bardazzi, direttore Comunicazione esterna di Eni, che ha parlato dei social media come strumento sì di comunicazione, anche reputazionale, per una grande impresa, senza tuttavia mistificarli né demonizzarli, paragonandoli invece a “luoghi che ci lanciano una sfida educativa” per imparare a utilizzarli senza esserne schiacciati; Luca Botturi, docente nel Dipartimento formazione e apprendimento della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, che ha ricordato come i social media siano “linguaggio, informazione, occasione di contatto, autopresentazione e memoria personale e collettiva”, rispetto ai quali bisogna evitare l’effetto-appiattimento; e Gabriele Elia, responsabile Innovation di Tim, che ha prefigurato come il traffico mondiale dati crescerà di otto volte in cinque anni, avendo presto a disposizione strumenti per lavorare su cloud dieci volte più veloci rispetto alle attuali chiavette Usb.
Fonte: Marco BISCELLA | IlSussidiario.net