Caro genitore che guardi con sospetto tuo figlio che non ha messo nessun libro nella valigia del mare, ti devo parlare.
È dimostrato che nessuno si può appassionare per obbligo. Quindi, se speri di vederlo immerso nelle pagine come effetto della tua arrabbiatura, inizi male. Piuttosto fai sparire i libri dagli scaffali, trattali con il riserbo di formulari per iniziati. Svendere un prodotto ne diminuisce il valore. Sfrutta le leggi del mercato (e il potere della proibizione).
Se ancora non ti implora, considera che il gusto per la lettura si sviluppa per imitazione dei familiari. Quindi smettila di screditare il professore di italiano, a tuo parere troppo blando, e prendi in mano tu stesso Jane Austin o un saggio su Napoleone (mentre leggi, il tuo viso deve dire che ti piace).
Se con l’esempio hai ottenuto delle attenzioni, ricorda che il trasporto per un libro è sempre un fatto personale. Quindi non imporgli Kipling perché ha commosso te alle elementari. Gli scaffali delle biblioteche formano strani labirinti con una precisa intenzione: ognuno ci si deve perdere in maniera personale.
Se il tuo giovane bibliofilo vuole iniziare con Colpa delle stelle al posto di Tolstoj, non ti scandalizzare. In ogni svezzamento stanno prima le miscele digeribili, ma che assicurino un buon sapore. Nessuno ti impedisce di assaggiare: scoprirai che spesso i libri commerciali sono buone letture a cui facciamo scontare la capacità esprimersi in modo trasversale.
Se l’applicazione di questo prontuario si dovesse rivelare un fallimento, ti consoli che i ragazzi non rischieranno mai di rimanere senza storie. I filologi del futuro non faranno quasi certamente distinzione tra una buona sceneggiatura di Netflix e le sorprendenti trame dell’Ariosto.
Ricorda che la letteratura serve la vita, ma non le è mai superiore. È un peccato non riconoscerne il valore, ma è una forma di perversione anche viaggiare in treno con un libro in mano, senza mai buttare uno sguardo incuriosito fuori dal finestrino.
Fonte: Emanuele Fant | costanzamirianoblog.it