Il ricordo delle vittime del crollo dell’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco durante il pellegrinaggio al santuario della Madonna della Guardia. “Ogni piccola rendita faziosa che dovesse intralciare o solo rallentare il recupero e il miglioramento della città sarebbe imperdonabile”
Niente bandierine colorate ad aspettare la processione della vigilia della festa della Guardia, martedì sera, 28 agosto, su per la salita ripida del suo santuario sulle alture di Bolzaneto, Genova: il santuario mariano delle grazie domandate e ricevute per tutta la città e oltre. La processione è silenziosa, solo i lumini della fede accendono la speranza che il cammino dolente di chi sale dalla città ferita sia meritevole per la vita migliore.
La festa della Guardia si è celebrata quest’anno con il pianto nel cuore per i morti di Genova, 43 vite interrotte sotto il ponte della Valpocevera che si vedeva intero dal suo santuario e adesso è spezzato. Nel mezzo c’è il paese di Livellato dove viveva Alessandro Campora, 51 anni, operaio Aster, assunto da per pochi mesi da pochi giorni. Anche lui è morto sotto al viadotto Polcevera. “Alla Guardia Sandro aveva costruito il muretto di questa aiuola – ricorda Grazia De Lorenzi, 63 anni, da quasi quaranta al banco di souvenir sulla piazza – adesso ci fioriscono le ortensie”. La vita continua, anche nella strada degli sfollati, via Porro, che la natura lasciata libera si è già ripresa.
Il sindaco di Genova, Marco Bucci, partecipa alla celebrazione del giorno successivo, mercoledì 29 agosto, in veste istituzionale e, per la prima volta, con il gonfalone del Comune che sfila insieme a quelli di Ceranesi e dei piccoli Comuni della Valpolcevera. Uno dei cristi viene portato a braccia da una squadra di vigili del fuoco.
“Quest’anno tutti portiamo nell’anima la tragedia del ponte Morandi crollato sul Polcevera. Le 43 vittime e i loro famigliari, i feriti e gli sfollati, li sentiamo “nostri e nostri rimarranno: da qualunque parte provengano, ormai appartengono anche a noi”, dice il cardinale di Genova, Angelo Bagnasco. Ma, aggiunge: “Non vogliamo che la tragedia del ponte uccida la speranza: la mette alla prova perché esca più grande. Non vogliamo uscirne induriti ma più benevoli verso gli altri e più aperti, non vogliamo che cresca in noi il demone della paura, non vogliamo vivere nel sospetto verso tutto e verso tutti”. L’arcivescovo è netto nel monito: “Ogni piccola rendita faziosa che dovesse intralciare o solo rallentare il recupero e il miglioramento sarebbe imperdonabile di fronte alla nostra coscienza, alla Nazione e al mondo”.
Al Santuario sono state già deposte decine di bigliettini ai piedi della statua della Madonna. C’è anche il biglietto di un pedaggio con l’ora del passaggio, 12 minuti prima della tragedia. Ci sono soprattutto i ringraziamenti: dei miracolati e dei loro cari scampati al lutto. Nella celebrazione “velata” dal lutto, però, c’è tanta preghiera per le anime che se ne sono andate. Ai piedi della Madonna misericordiosa il sollievo dei vivi sta vicino al dolore per i morti. Come nel biglietto di chi ha scritto “Grazie Nostra Signora della Guardia per aver salvato dal ponte crollato la mia carissima amica e sua figlia, purtroppo l’amico di mio figlio non ce l’ha fatta”. Ma si guarda anche alla prossima processione nella terza domenica di settembre. Si lavora perché dalla cima del santuario la statua della Madonna possa scendere fino al Campasso e in via Porro, a rigenerare la città ferita che piangerà per sempre i suoi morti e a portare un po’ di speranza nel suo cuore.
Fonte: Francesca FORLEO | FamigliaCristiana.it