In Quando il Cielo ci fa segno lo scrittore Vittorio Messori racconta dei tanti piccoli miracoli quotidiani che ci fanno visita e che dobbiamo solo avere la forza di riconoscere. E non a caso il libro si apre con l’invito di Caffarra a mettere fine al silenzio sul soprannaturale. Episodi mai raccontati di speciali inviati dal Cielo. A volte con lo zampino di Padre Pio.
La madre di Vittorio Messori non voleva sentire parlare di preti. E le toccò un figlio apologeta di rilevanza mondiale. Quando stava per morire, in ospedale, la cosa andò così: il fratello di Messori, che le stava accanto, dietro consiglio dei medici andò a riposarsi a casa; invece, nella notte la madre si aggravò e con lei, di familiari, non c’era nessuno. Una suora, passò, vide e andò a chiamare il cappellano. Il quale venne e somministrò gli ultimi sacramenti. Appena in tempo.
Ma qui comincia il mistero: chi era quella suora? E che ci faceva nei reparti a quell’ora? Infatti, era oltre l’orario consentito. Non solo. Nessuno la vide mai più e nessuno, malgrado le descrizioni, la riconobbe. Questo è uno dei tanti piccoli miracoli quotidiani che Messori stesso racconta nel suo ultimo libro, Quando il Cielo ci fa segno. Piccoli misteri quotidiani (Mondadori, pp. 152, €. 17).
Un altro è questo, e riguarda suo padre. Messori senior era soldato durante la guerra ed era stato portato, con altri, a lavorare in Germania. Qui, dopo l’8 settembre, gli italiani non erano, comprensibilmente, ben visti. A farla breve, i camerati tedeschi li trattavano come pezze da piedi. Il cibo era sempre insufficiente e il Nostro, un giorno, seduto su un muretto a meditare, ebbe un lancinante desiderio: un po’ di pane fresco e una sigaretta. Dall’edificio di fronte a un tratto uscì una ragazzina e venne verso di lui. Gli diede un pacchetto e se ne andò. Dentro c’erano una fetta di torta e ben due sigarette. Il sergente Messori consumò e fumò, grato. Qualche giorno dopo, bombardamenti. Quando poté tornare al famoso edificio per ringraziare la sua benefattrice, vide che tutto era distrutto. Chiese ai vicini, ma, sorpresa: lì non c’era mai stata alcuna ragazzina. Mai.
E veniamo ai piccoli miracoli personali del bestsellerista Vittorio. Una sua lettrice, handicappata e devota di Padre Pio, intratteneva corrispondenza con lui, assidua, tanto che considerava una delle poche consolazioni della sua vita il ricevere riscontro mensile alle sue lettere. Accadde che, una volta, Messori tardò a rispondere. Lei ci teneva tanto che si rivolse a Padre Pio e, raccontò, sentì l’intenso profumo che sapeva essere caratteristica del santo. Subito arrivò la desiderata lettera. Col timbro dello stesso giorno. Cioè, era stata imbucata la mattina ed era subito arrivata. A trecento chilometri di distanza. Con le poste italiane, proverbiali per i frequenti disservizi. Ma chi conosce la storia di Padre Pio sa bene che lui aveva un «angelo postino»: gli arrivavano migliaia di lettere, lui scorreva le buste tra le mani senza aprirle, di alcune dettava la risposta. E questa arrivava non a stretto giro di posta ma d’angolo, subito.
Ancora: Messori, frugando tra i suoi ricordi, va ai suoi anni giovanili e torinesi, in quella Torino che si dice faccia parte del «triangolo magico» con Londra e Praga. Sarà vero? Chissà. Certo è che Torino intrigò Nostradamus e, si badi, quando era un agglomerato insignificante di case: nel 1555, anno in cui Nostradamus scrisse le sue profezie, «Torino non era una città ma un borgo, racchiuso ancora nella cerchia delle mura romane, con pochi abitanti», eppure «è tra i luoghi più citati da Nostradamus nelle sue Centurie. Anzi, quell’enigmatico personaggio non si accontentò di scriverne, ma venne in quel villaggio detto allora “Turino” e vi soggiornò a lungo».
Qui avvenne un misterioso incontro tra Messori e un pensionato che lo rincuorò in un momento di sconforto e gli offrì un tè a casa sua. Tornato dopo qualche giorno a ringraziare, nessuno: i vicini gli dissero che quella casa era vuota da anni. «È d’urgenza drammatica che la Chiesa ponga fine al suo silenzio circa il Soprannaturale». Questa frase è del compianto cardinale Caffarra, pronunciata post mortem alla giornata della Nuova BQ dello scorso anno, e non a caso apre il libro di Messori, e lo chiude.
Fonte: Rino CAMILLIERI | LaNuovaBQ.it