FIRENZE – Tra i magici protagonisti dei suoi libri ci sono anche gli amici di sempre, quelli della scuola, dei videogiochi, delle passeggiate nel centro storico, del calcetto. Tutti quanti camuffati e trasfigurati dalle arti della scrittura che Filippo ha imparato molto presto ed ha manifestato a 12 anni nel suo primo libro. Adesso di anni ne ha 15, Filippo Torrini, frequenta il liceo classico, e di romanzi ne ha scritti tre, l’ultimo appena uscito per la casa editrice Polistampa di Firenze. Ha iniziato per gioco, ha venduto migliaia di copie e di lui i critici dicono che ha la stoffa per diventare uno dei maghi del fantasy all’italiana.
E’ una buona notizia. E non solo perché va controcorrente e contraddice la “narrazione”, spesso infarcita di luoghi comuni, di una generazione di nativi digitali immersi nei mondi virtuali di tablet, smartphone e macchine da gioco, annoiata dalla lettura e incapace di scrivere se non qualche sms; insomma bambini e ragazzini destinati, per gli apocalittici, a perdere memoria e fantasia. Filippo ci racconta un’altra storia. «Leggere è un’esperienza magnifica – racconta – mi trasporta in mondi che forse non vedrò mai, mi rende protagonista di storie magnifiche, ai confini della realtà. Ho iniziato presto da bambino. Poi un giorno ho deciso di andare al di là anche della lettura e ho iniziato a scrivere qualche breve racconto. Ero piccolo, avevo 8 anni, ma è stata un’esperienza così straordinaria e coinvolgente che non ho più smesso».
Per Filippo, spiegano i genitori, scrivere è come un gioco. «L’ha sempre fatto in modo naturale – raccontano -. Noi temevamo che questa sua passione si trasformasse in un’ossessione, avevamo paura di quell’effetto genio che può essere dannoso per lo sviluppo di un bambino. Ma ci siamo accorti presto che tutto era così naturale e che per Filippo scrivere era gioia e divertimento».
In psicologia c’è un termine, ludiforme, che indica un’attività lavorativa o di studio che in alcuni soggetti diventa gioco. Per Filippo Torrini il gioco più grande è quello di inventarsi storie della sua saga: La Porta dei Misteri. E le ultime, “I colori della magia” e Ai confini del bene” sorprende per la maturità che Filippo ha già raggiunto nell’evolversi della narrazione e nello stile di scrittura. Un esempio? Ecco l’inizio del romanzo.
Le fiamme divampavano nel cielo come fuochi d’artificio mentre le auto di soccorso sfrecciavano per le vie del centro della Grande Mela a sirene spiegate. In lontananza le strade sotto i grattaceli brulicavano di gente in fuga come sciami di insetti impazziti. Erano passate poche ore da quando Doren, prima di fuggire nella notte con il fedele Xilom, aveva dato una terribile dimostrazione dei suoi poteri malvagi nel bel mezzo di New York. Il Direttore della CIA osservava innervosito la scena dalla grande finestra del suo ufficio segreto. Fece una rotazione completa sulla sedia girevole e cominciò a parlare deciso…
Scrivere è un po’ come costruire. Se vedo ricordo, se faccio capisco, recita un antico proverbio cinese. E, secondo alcuni filosofi e pedagogisti, il fare, il costruire, rendono il mondo (soprattutto per i giovani) più intellegibile, più facile da interpretare.
Filippo scrive, guarda, vive e interpreta il suo mondo. Con le lenti cognitive di una fantasia veramente al potere.
Fonti: Corriere della Sera.it