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Sentenza. Valida l’adozione di due donne. La «stepchild» per sentenza

La Corte d’appello di Bologna accoglie la sentenza che la coppia aveva ottenuto negli Usa. Anche se in Italia non esiste una legge che lo permetta

Un tribunale dell’Oregon aveva vidimato l’adozione di una bimba – ottenuta nel 2003 mediante fecondazione eterologa – da parte da parte di un’italoamericana, “sposata” sempre negli Usa, nel 2013, con la madre biologica della piccola. Trasferitesi nel 2013 in Italia, le due donne si erano viste negare dal Comune di Bologna il riconoscimento della sentenza d’adozione.

Ma ora – è notizia di oggi – la Corte d’appello ha sancito l’illegittimità di quel rifiuto, e al netto di un’impugnazione in Cassazione – da parte dell’ente pubblico – anche per l’Italia quella bimba sarà figlia di due donne. E nulla, per il diritto, avrà a che fare con il suo padre biologico, un uomo che ha venduto il proprio sperma sul mercato della provetta.

I giudici bolognesi, così si legge in sentenza, hanno considerato il “superiore interesse del minore”, ma anche i “principi di uguaglianza tra i sessi” e “di signoria privata e libero sviluppo del singolo nella famiglia”. Dinanzi a ciò, è il sunto della sentenza, cade ogni possibile contrarietà del riconoscimento al cosiddetto ordine pubblico, cioè ai principi fondanti di una nazione. La corte bolognese afferma pure il diritto della bimba a “mantenere l’ambiente affettivo di sempre”, cioè a non essere separata dalle due donne, anche se una pronuncia di segno contrario non avrebbe certo determinato l’allontanamento dell’altra donna.

Dal canto suo, il Comune si era costituito in giudizio motivando la sua scelta nell’”assenza di una normativa nazionale che consenta l’adozione del figlio del partner: la stepchild adoption, insomma, considerata nella discussione ma poi deliberatamente esclusa dalla legge “Cirinnà” che ha per la prima volta in Italia disciplinato le unioni civili.

Sulla vicenda, nel 2016 si era pronunciata anche la Consulta, attivata dal tribunale minorile del capoluogo emiliano. In questo caso, la questione riguardava la sospetta incostituzionalità della norma sulle adozioni, laddove – secondo i giudici bolognesi – non consente di riconoscere sentenze estere qualora fondate su presupposti diversi da quelli richiesti in Italia. La Consulta aveva però giudicato la questione inammissibile, contestando con argomentazioni procedurali quanto ricostruito dal tribunale minorile. Ma in ogni caso ricordando come la legge sospettata d’incostituzionalità fosse “volta ad impedire l’elusione, da parte dei soli cittadini italiani, della rigorosa disciplina nazionale in materia diadozione di minori in stato di abbandono, attraverso un fittizio trasferimento della residenza all’estero”.

Fonte: Avvenire.it

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