Nino Monteleone ha 12 anni e frequenta la seconda media. Il suo gioco preferito è travestirsi, infinite volte al giorno. E scrivere, recitare. A 2 anni e mezzo gli è stato diagnosticato un autismo infantile severo che si è trasformato negli anni in qualcosa di simile alla sindrome di Asperger. Oggi è regista, autore e protagonista, insieme alla mamma Sabrina Paravicini, attrice, regista e scrittrice, del film “Be Kind – Un viaggio gentile all’interno delle diversità”. Un invito ad approcciare alla diversità, tutte le diversità, con gentilezza ed empatia. Non come avvenuto in questi giorni, con svarioni vari sul tema dell’autismo e della sindrome di Asperger che hanno sollevato un moto di sdegno e dolore tra le associazioni dei familiari. Fedele al suo approccio fondato sulla gentilezza, Paravicini preferisce non replicare, ma certo non le è sfuggita questa mancanza di sensibilità e di cuore. Un velo di leggera amarezza che però non va a offuscare i giorni felici della loro vita, grazie ai progressi di Nino e alle battaglie vinte. Un amoroso miscuglio di creatività, risate e sorrisi, intuizioni geniali. Tutto ciò confluisce in un film autoprodotto grazie ad un generoso crowdfunding, dopo 7 mesi di lavorazione senza mai saltare la scuola, presentato come evento speciale oggi (25 ottobre) alla Festa del cinema di Roma, dopo il debutto ufficiale alla 64ma edizione del Taormina Film fest, dove ha ricevuto una menzione speciale da parte della giuria. Nino in questo film si racconta e fa parlare tante persone che vivono una diversità ma che hanno felicemente superato i propri limiti. Giulia, 20 anni, nata con la sindrome di Williams. Sarah, attrice siriana e musulmana. Valerio, non vedente atleta di judo che si sta preparando alle Paralimpiadi del 2020. Gianluca, compositore al servizio delle neuroscienze. E tanti altri. Incontra anche personaggi famosi, come lo scrittore Roberto Saviano e l’astronauta Samantha Cristoforetti. “Ho fatto un film e ho intervistato Roberto Saviano, lo conosci?”, dice in questi giorni ai compagni di classe. Perché

tutti siamo diversi da tutti, e questo rende l’esistenza piacevolmente sorprendente.

Sabrina Paravicini e Nino Monteleone

Nino ha dato la sua impronta autoriale unica al film, perché “essere diversi è come un elefante con la proboscide corta: una rarità”, dice. Quando sono andati, insieme al videomaker Lorenzo Messia che li ha seguiti passo passo in questa avventura, ad intervistare la sua neuropsichiatra, Nino ha definito l’inquadratura sedendosi su una poltrona di pelle, ribaltando la situazione in modo geniale. Nessun canovaccio, ha sempre voluto decidere da solo le domande da fare. E un giorno ha chiesto alla mamma di mettere il suo nome per primo nella locandina del film. “È una ragazzo molto creativo, ha un modo di raccontare unico, che dà un valore aggiunto a tutto, dalle piccole alle grandi cose”, racconta al Sir Sabrina Paravicini.

“Abbiamo una vita molto felice, nonostante le premesse che ci sono state poste quando è stata diagnostica la sindrome autistica”.

Il film è stata l’ulteriore conferma dei progressi fatti in questi anni. Una diagnosi che sanciva l’incapacità di mettersi in relazione con gli altri. Invece Nino ha trascorso il periodo delle riprese “a relazionarsi perfettamente con le persone”. “È indubbio che sia stato un viaggio terapeutico per entrambi, in un mondo pieno di stimoli – confida Sabrina -. Certo non è ‘la’ terapia, ma tutti possono andare a scoprire la diversità, tutti possono contaminarsi con tutti”. Il successo improvviso non lo sta cambiando: “Per lui non è diverso prendere gli applausi da 300 persone o da pochi. La sua gratificazione è potersi esprimere. Mi sta insegnando tantissimo, rispetto al mio lavoro e alla vita in generale”, dice la mamma, orgogliosa del fatto che durante i mesi delle riprese sono riusciti a non trascurare mai la scuola. Anzi, il film è diventato un gioco in più, da affiancare ai compiti pomeridiani. Quando si è visto per la prima volta alla presentazione ufficiale al Festival di Taormina è scoppiato in una grassissima risata, nel buio e nel silenzio.

L’idea del film è nata dopo aver ascoltato Giulia, 22 anni, affetta dalla sindrome di Williams, una rara malattia genetica caratterizzata da disturbi dello sviluppo. Una storia di bullismo e difficoltà. “Mi raccontò che la sua sindrome gli era pesata tanto nella vita – ricorda Sabrina -. Questa frase per me è stata illuminante e mi ha aperto una consapevolezza: ho compreso che questo mondo doveva essere raccontato ad altri”. Non a caso è la storia che più è rimasta nel cuore di madre e figlio. Così il filo conduttore di tutte le storie narrate è diventata la spinta verso il futuro, ossia

“la voglia di trasformare qualcosa che ti poteva lasciare in un angolo, in qualcosa che ti porta molto più avanti di una persona che non ha problematiche”

e che procura, incredibilmente, “una certa dose di felicità”. “È paradossale ma se ci pensi è difficile che una persona disabile vada in analisi. Non ne ha bisogno”, osserva. Certo, ammette, è necessaria “la presenza di un familiare molto forte, molto delicato”: “La famiglia va assolutamente sostenuta – sottolinea – perché è il motore di tutto. Se crolla la mamma o chi si è fatto carico di quella situazione crolla tutto”.

Sui pregiudizi e le discriminazioni. La regista e attrice è anche una attenta osservatrice della realtà. Spesso dalle sue pagine social, molto seguite, commenta fatti di cronaca. E anche se percepisce, negli ultimi tempi, un aumento di pregiudizi e discorsi discriminatori, rimane fiduciosa e convinta “che sia una minoranza, purtroppo con un grosso spazio mediatico”. “Penso che la parte più sostanziosa della società civile sia aperta – dice – ma bisogna ricordaglielo. Perché ci sono cose disarmanti che non sono né di destra né di sinistra, appartengono semplicemente al genere umano”. E’ inoltre convinta che quando accadono gravi fatti di istigazione all’odio o alla discriminazione “si crea l’occasione per far uscire una massa di persone per bene che si indignano e contrastano questi episodi”.

“Forse questo periodo storico sta facendo emergere una società dormiente che finora non si era mai esposta. Ora lo sta facendo come una sorta di controcanto”.

Fonte: Patrizia CAIFFA | AgenSir.it