«SONO GIUDICE ANCHE PER I CRISTIANI»
«Io, come anche gli altri magistrati del collegio giudicante, amo il profeta Maometto e sono pronto a sacrificare la mia vita per difendere il suo onore», ha dichiarato. «Ma noi non siamo giudici solo per i musulmani. Come possiamo condannare a morte qualcuno senza avere le prove?». Noi, ha aggiunto, «non amiamo il Profeta meno di chiunque altro e io, che non ho visto Allah, ho imparato a riconoscerLo attraverso la guida del Profeta. Forse che ora ognuno dovrà dimostrare la sua fede? Chi accusa una persona di un reato deve dimostrarlo portando le prove. E non dimentichiamoci dell’Hadith nel quale Maometto disse: “Fate attenzione! Chiunque si comporta in modo crudele e duro con una minoranza non musulmana o viola i suoi diritti, io lo accuserò nel Giorno del Giudizio”». Inoltre, contrariamente a quanto accade spesso, il giudice ha voluto pubblicare il verdetto anche in urdu, e non solo in inglese, perché tutti i pakistani potessero leggerlo.
«MEGLIO MORIRE DA UOMO CHE VIVERE DA SORCIO»
A fianco di una figura così rivoluzionaria e illuminata, che tratta finalmente i cristiani come cittadini di serie A, uguali ai musulmani, mentre ogni giorno nella Repubblica islamica i cristiani vengono discriminati come cittadini di serie B o sub-umani, bisogna citare anche Saiful Malook, l’avvocato musulmano di Asia Bibi. «Ho già cominciato a ricevere minacce di morte e la mia sicurezza non è in alcun modo garantita», ha confidato all’Afp. «Ma anche se dovessero uccidermi, rifarei quello che ho fatto e continuerei a fornire aiuto legale a tutte le persone, cristiane o musulmane. Infatti, è meglio morire da uomo coraggioso che vivere come un sorcio, da uomo timoroso».
L’EDITORIALE A FAVORE DI ASIA BIBI
Bisogna infine sottolineare l’editoriale comparso ieri sul Dawn, il quotidiano di Karachi, nonché il giornale in lingua inglese a più larga diffusione di tutto il Pakistan. «Una grave ingiustizia è stata evitata e per questo c’è da essere grati. Ma il caso di Asia Bibi riguarda molto di più dell’innegabile sofferenza a cui lei e la sua famiglia sono stati sottoposti, per non parlare degli anni di isolamento o del terrore di non sapere se avrebbe mai scampato il cappio del boia».
«CHE PAESE SIAMO DIVENTATI?»
«È giunto il momento di riflettere su che paese siamo diventati e come siamo arrivati qui», si legge ancora. Il potere emotivo della religione è enorme nel Pakistan di oggi e basta un’accusa di blasfemia per condannare una persona a una fine orribile. I non musulmani come Asia Bibi sono colpiti in modo sproporzionato dalle accuse di blasfemia e sono vulnerabili, visto che l’odio rimane anche dopo che le folle di manifestanti vengono disperse. Così non possono neanche più tornare alle proprie case».
CAMBIARE LA LEGGE SULLA BLASFEMIA
«Troppe persone nella società non capiscono che le accuse di blasfemia sono strumentali e credono che l’accusato sia colpevole in eterno e possa essere oggetto di violenza a prescindere da come la giustizia si è espressa. In tanti hanno pagato il prezzo ultimo per questo». Ecco perché, conclude l’editoriale, «il Parlamento deve cambiare la legge sulla blasfemia e porre fine all’impunità di coloro che lanciano false accuse. Chi ha salutato con favore il verdetto di assoluzione di Asia Bibi rappresenta la chiave per un futuro migliore per il Pakistan. Fino a quando non correggeremo la rotta, ci saranno nuove Asia Bibi e non tutte potrebbero essere così fortunate da rimanere vive».
GLI ISLAMISTI DOVREBBERO RINGRAZIARE ASIA BIBI
È anche grazie a musulmani come questi che Asia Bibi è stata salvata dall’impiccagione e se il Pakistan cambierà, recuperando lo spirito illuminato del suo fondatore Ali Jinnah, sarà soprattutto grazie a loro. Ma è vero anche il contrario: la sofferenza innocente di questa piccola donna cattolica, senza istruzione, ha scosso le coscienze (religiose e non) di un intero paese. Anche gli estremisti islamici dovrebbero ringraziare Asia Bibi.
Fonte: Leone GROTTI | Tempi.it