«Se non è e non sarà anche digitale, la scuola non avrà futuro»: per questo «gli studenti devono essere accompagnati nell’uso consapevole delle tecnologie: la costruzione di cittadini che sappiano vivere il digitale deve iniziare a scuola, in modo da poter utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione». Ne è convinto Luca Attias, neocommissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale, che ha scelto proprio l a scuola digitale come tema per la sua prima uscita pubblica.
D’altra parte il mondo digitale rappresenta sempre più “la” realtà in cui sono immersi i ragazzi, fin dalla più tenera età, influenzandone le modalità di relazione con gli altri e il processo di apprendimento, con crescenti rischi di dipendenza. Una realtà che gli adulti, genitori e docenti, fanno fatica a comprendere e da cui sono esclusi. Il digitale è il fenomeno più pervasivo e innovativo di tutti i tempi”, ha affermato Attias in occasione degli Stati generali della scuola digitale, organizzati a Bergamo dal Centro studi ImparaDigitale, nel corso del suo intervento davanti a una platea di oltre un migliaio di docenti di scuole da tutta Italia: «La competenza digitale è una delle otto competenze individuate dall’Europa come competenza chiave per l’apprendimento permanente e si nutre della contaminazione tra altre competenze».
«È chiaro – ha proseguito il successore di Diego Piacentini alla guida del team incaricato di modernizzare la Pubblica amministrazione – che tutti dobbiamo essere coinvolti, ognuno con il proprio ruolo: bisogna fare scelte forti per non doversi trovare impreparati e fuori dal gioco. È necessario in primo luogo investire in formazione per i docenti, ma allo stesso tempo è necessario operare un trasformazione culturale».
Cambia l’apprendimento
D’altra parte a guidare la trasformazione dell scuola sono gli stessi docenti, quelli che sono oggi più in difficoltà – e isolati – nell’affrontare il processo di adeguamento alla nuova realtà degli studenti.
Agli Stati generali della scuola digitale è stata presentata la ricerca “Digitale sì, digitale no”, condotta dal Cnis e dall’Università di Padova, sotto la guida di Daniela Lucangeli, e da ImparaDigitale. La ricerca, condotta su oltre 1.300 genitori di 32 scuole primarie da tutta Italia e 1.390 insegnanti da 45 scuole, evidenzia come i bambini, con il digitale, si trovino immersi fin dalla scuola primaria in un mondo immateriale “altro” che gli adulti faticano a comprendere e da cui genitori e docenti sono spesso esclusi. I bambini della primaria passano in media sette ore al giorno online e in media hanno in mano uno smartphone o un tablet da due anni e mezzo, con un minimo anche nel primo anno di vita.
Il digitale è!
La scuola non può certo chiudere gli occhi di fronte a questa nuova realtà, continuando a rimanere ancorata a modelli didattici tradizionali: «Educare al digitale diviene fondamentale, per i ragazzi ma anche per gli adulti, anch’essi coinvolti in questo cambiamento dell’apprendimento e della comunicazione. La scuola deve imparare ad educarsi e ad educare, a trovare soluzioni e certezze che oggi non ha, perché non ci sono linee guida precise», commenta Dianora Bardi, presidente di ImparaDigitale.
“Digitale sì, digitale no…. Il digitale è! E la scuola deve necessariamente utilizzarne i vantaggi per una didattica e una carica motivazionale e inclusiva”, conclude la ricerca dopo aver analizzato benefici e rischi potenziali dell’utilizzo del digitale fin dall’età della scuola primaria, sia sotto il profilo cognitivo che su quello dell’apprendimento.
Il ruolo-chiave dei docenti
È quindi indispensabile che siano i docenti a cogliere l’urgenza di recuperare i propri studenti e di riacquistare un ruolo che sta svanendo sempre più. «Chiediamo il supporto dei docenti per raggiungere una consapevolezza condivisa in modo da aiutare i ragazzi a discernere tra il potenziale enorme del digitale e la sua capacità di sostituzione della realtà», ha affermato Daniela Lucangeli, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Padova.
Di fronte al 70% degli adolescenti che vive con malessere il tempo-scuola, in cui l’apprendimento rischia «un ingozzamento cognitivo, con il cervello che tende a rifiutare con decisione i processi “violenti” di proposizione dei contenuti rispetto a quelli condivisi», il ruolo degli adulti che riescono a farsi ascoltare e a catturare l’attenzione diventa cruciale: «Possono fare miracoli!», sostiene prima di elencare i potenziali benefici ma anche gli enormi rischi che il digitale può avere nel corso del percorso di formazione, a partire dalla dipendenza dopaminergica nei confronti di un device che diventa «il prolungamento del sè che ci accompagna in ogni momento».
Da parte sua anche Ernesto Burgio, dell’European cancer and environment research, sottolinea la necessità dell’educazione a una consapevolezza di un uso diverso dello smartphone di fronte all’invasività di uno strumento che provoca dipendenza crescente e che espone a campi elettromagnetici i cui effetti iniziano a rendersi più chiari, soprattutto in età evolutiva.
«Non vogliamo essere contro la tecnologia, che offre enormi potenzialità per i ragazzi in termini di motivazione, di empatia, di autoregolazione emotiva e di speranza – sottolinea Lucangeli -: raggiunta le piena consapevolezza che sono le emozioni a guidare l’apprendimento, dobbimao aumentare la componente dell’intervento umano nella scuola, non ridurra il digitale». Una sfida per la scuola intera.
Fonte: iIlSole24ore.it