Il grande assente della finanziaria è il diritto. Non una parola spesa per dire come si intende eliminare la discriminazione sui genitori che, dopo aver pagato le tasse, se scelgono una buona scuola pubblica paritaria devono pagare due volte, con le tasse e la retta. Il governo del popolo riconosce i diritti di tutti, compresi i riders delle pizze, ma non dei genitori, i quali se in difficoltà economica, si sentono rispondere: “Ma per il povero c’è la scuola statale”. Una libertà negata che oggi pesa 2,8 miliardi di euro e che con il costo standard sarebbero risparmiati.
Il grande assente di questa manovra finanziaria è il diritto. Non è bastato assistere impotenti e basiti alla grande compressione del ruolo del Parlamento e alla più totale mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali, come ha sapientemente ricordato il Presidente Mattarella. Semplicemente impossibili Democrazia e Libertà senza la corresponsabilità di tutti.
“Vi sono numerosi motivi che ci inducono ad affrontare con fiducia l’anno che verrà. Per essere all’altezza del compito dobbiamo andare incontro ai problemi con parole di verità, senza nasconderci carenze, condizionamenti, errori, approssimazioni” ha detto il Presidente alla Nazione, con un focus ancor più diretto a certi entusiasmi politici da campagna elettorale.
La manovra finanziaria licenziata dal Governo in fretta e furia viene presentata sul piedistallo della semplificazione. Qui non è questione di semplificazione, bensì di discriminazione.
Non una parola è stata spesa nella manovra per dire come si intende eliminare la discriminazione perpetuata contro i genitori italiani che hanno la responsabilità educativa sui figli ai sensi dell’Art. 26 della dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. La manovra non risponde a quei genitori che, dopo aver pagato le tasse, se scelgono una buona scuola pubblica paritaria – parte del sistema nazionale di istruzione, per legge – devono pagare due volte, con le tasse prima e la retta poi. Il governo del popolo riconosce i diritti di tutti, compresi i riders delle pizze, ma non dei genitori. Questi ultimi, se in difficoltà economica, si sentono rispondere, da parte di onorevoli bicolore che pagano la scuola pubblica paritaria con il lauto stipendio ricevuto da quegli stessi genitori: “Ma per il povero c’è la scuola statale”.
Come dire: “Accontentati: tu, povero, puoi far operare tuo figlio di tonsille in un ospedale pubblico convenzionato di eccellenza, ma non puoi farlo educare in una scuola pubblica convenzionata di eccellenza, perché del tuo legittimo diritto non mi importa. E neppure mi importa che in tutta Europa tale diritto è garantito. Bèccati la scuola pubblica statale, come è, è”. Impossibile che la scuola sia un ascensore sociale perchè serve che sia un ammortizzatore sociale, per sistemare la maestra della primaria che non sa fare la divisione in sillabe, o il docente di sostegno che, dopo quattro ore di viaggio quotidiane per arrivare a scuola, si addormenta sul banco del proprio alunno disabile. Tutto vero.
Ma quanto costa questa libertà negata? Sono 304 le scuole pubbliche paritarie chiuse nell’ultimo anno e 24.713 gli alunni in meno rispetto allo scorso anno. Da notare: si tratta di alunni che allo Stato non costavano quasi nulla (50 euro l’anno pro capite) e che ora, dovendo cercare verosimilmente una sistemazione in scuole statali limitrofe alle paritarie “defunte”, verranno a costare allo Stato circa 10.000 euro annui pro capite. Lo dicono i laicissimi economisti di Civicum con Deloitte. Meglio: se tutte le scuole pubbliche paritarie “defungessero”, lo Stato avrebbe una spesa annua in più di 6 miliardi di euro. Un affarone per le finanze pubbliche!
E non è che la scuola pubblica statale sia in salute: per 7.682.635 studenti mancano 1.800 presidi, con reggenze che vedranno quadruplicate le sedi e raddoppiati gli alunni; 80.000 saranno i posti coperti da supplenti (quando arriveranno); 50.000 cattedre di sostegno saranno “in deroga”, ovvero posti a tempo determinato sulla pelle dei bambini e ragazzi disabili; 2.000 i direttori dei servizi amministrativi che mancano. 3 milioni e 500 mila studenti partiti e mai arrivati al diploma dal 1995 ad oggi nella scuola secondaria statale, vittime di un fallimento formativo; 152 mila studenti dispersi nell’ultimo quinquennio nel percorso verso la maturità; 29% di dispersione nelle Isole, di cui il 33% in Sardegna; 32% di dispersione negli istituti professionali; 27% di dispersione negli istituti tecnici; 20% di dispersione nel liceo scientifico; 84 mila studenti dispersi dopo il biennio iniziale delle superiori; oltre metà degli studenti si disperde già dopo il primo biennio; 61 mila studenti dispersi al I anno delle superiori; 2,9 miliardi la spesa annua per formare, senza successo, gli studenti che abbandonano; oltre 30 miliardi di euro l’anno è il costo sociale dei Neet, i giovani tra i 15 anni e i 29 anni che non studiano, non lavorano, non fanno formazione. Un bollettino di guerra: quale strategia? L’unica possibile: la libertà di scelta educativa, in un pluralismo di scelta formativa. Che i genitori – cioè il “popolo”, il destinatario della Manovra – possano scegliere la buona scuola pubblica paritaria o statale che desiderano.
Usiamo il cervello, oltre ad una seria formazione sui conti: i Ragionieri dello Stato – disperati – non aspettano altro perché è gente che sa contare, e bene. C’è un solo modo per sostenere economicamente l’educazione di tutti gli studenti – sia che frequentino scuole pubbliche statali, sia scuole pubbliche paritarie – facendo nel contempo risparmiare risorse allo Stato. E’ l’applicazione del costo standard di sostenibilità per allievo, ugualmente a tutte le scuole pubbliche, paritarie e statali. Immaginando che in ogni classe ci siano 25 studenti, ad esempio nella scuola dell’infanzia ogni alunno costerebbe 4.570 euro, se in quella stessa classe ci fosse un alunno disabile la cifra salirebbe a 5.360 euro. Applicando questi costi standard a ogni alunno di ogni scuola pubblica paritaria o pubblica statale, questo costerebbe 5 mila 441 euro per un costo statale di 47,1 miliardi (cioè ben 2,8 miliardi in meno di oggi).
È possibile perciò far risparmiare soldi allo Stato e garantire il diritto fondamentale all’istruzione senza discriminazioni economiche, restituendo alla famiglia la responsabilità educativa in una piena libertà di scelta nell’ambito del Sistema Nazionale di Istruzione; è possibile grazie a un pluralismo educativo in cui lo Stato garantisce pari risorse a tutte le scuole pubbliche, paritarie e statali, con l’obiettivo di innalzare la qualità dell’istruzione italiana, portandola allo stesso livello degli altri Paesi europei. Alcuni Paesi del nord Europa vedono una stragrande maggioranza di istituti paritari (se non quasi la totalità) finanziati dallo Stato, a tutela delle esigenze educative del singolo allievo. Se è stato applicato il sistema del costo standard per persona alla sanità, non si comprende perché non sarebbe possibile con l’istruzione. Se il cittadino, anche povero, è libero di far operare il proprio figlio al S. Raffaele, non è chiaro perché non dovrebbe essere libero di farlo studiare in una scuola pubblica paritaria, con un risparmio per lo Stato. Finalmente.
Fonte: Anna Monia ALFIERI | LaNuovaBQ.it