La Dichiarazione dei diritti dell’uomo promossa dall’Onu non fu firmata dal Vaticano semplicemente perché non aveva diritto al voto, essendo un osservatore permanente e uno Stato non membro. Ad ogni anniversario, però, viene commemorata dalla Santa Sede.
Con l’elezione di Papa Francesco la “propaganda ateista” sui media italiani si è ridotta al lumicino. Le storiche voci come Repubblica, Il Fatto Quotidiano e Il Manifesto si sono ammorbidite, l’Unità è fallita e se si ignorano le sparate antipapiste di Sandro Magister su l’Espresso l’unica fonte rimasta sul campo è il settimanale Left diretto da Matteo Fago (ex editore de l’Unità).
Appassionato di salsa cubana e presidente della società Editoriale Novanta, Fago ha raccolto a sé un pugno di redattori guidati da Federico Tulli ed è partito alla campagna contro i credenti. Nell’ultimo reportage di Left si fa la marchetta agli sbattezzati e all’UAAR, l’associazione di atei fondamentalisti italiana. Tra le motivazioni di chi ha proceduto a richiedere l’originale pratica dello sbattezzo -dandovi un valore simbolico ben più alto di tanti credenti., c’è quella di Angela Ciani, che ha dichiarato: «Il Vaticano riguardo ai diritti non ha firmato la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e neppure la convenzione europea perché ha principi diversi da quelli di una società moderna».
La barzelletta del Vaticano che non firma la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo perché nemico dei valori civili e democratici è raccontata spesso, ed è un pallino di Raffaele Carcano, l’ex segretario dell’UAAR. Bisognerebbe innanzitutto sottolineare con ironia che tale dichiarazione venne firmata il 10 dicembre 1948 da paesi come il Pakistan, la Siria, la Turchia, il Guatemala, il Venezuela, l’Egitto, l’Iraq, la Bolivia, Cuba e tanti altri paesi che con i diritti umani hanno sempre avuto qualche problemuccio. E Stati come la Cecoslovacchia e il Sudafrica si astennero dalla votazione.
Il Vaticano non aveva diritto al voto, è uno Stato non membro dell’Onu.
E il Vaticano? Perché non compare tra i firmatari? Molto semplice, anche volendo firmare non avrebbe potuto perché in qualità di Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite e in qualità di Stato non membro, non aveva diritto di voto. Nel 1979 Giovanni Paolo II spiegò che la collaborazione tra Santa Sede e l’ONU si attuava tramite una presenza come osservatore ma senza l’adesione concreta in nome della «sovranità di cui la Sede Apostolica è, da lungo volgere di secoli, rivestita, sovranità che per l’ambito territoriale è circoscritta al piccolo Stato della Città del Vaticano, ma che è motivata dalla esigenza che ha il Papato di esercitare con piena libertà la sua missione, e, per ogni suo possibile interlocutore, Governo o Organismo internazionale, dì trattare con esso indipendentemente da altre Sovranità. Naturalmente, la natura e i fini della missione spirituale propria della Sede Apostolica e della Chiesa fanno sì che la loro partecipazione ai compiti e alle attività dell’ONU si differenzi profondamente da quella degli Stati in quanto Comunità in senso politico-temporale».
In ogni caso, ad ogni anniversario la Santa Sede ha reso sempre omaggio a questo trattato. Lo fece nel 2008, con Benedetto XVI, in occasione del 60° anniversario, mostrando apprezzamento e ricordando gli interventi dei Pontefici nel corso degli anni dopo il ’48. Lo ha fatto anche quest’anno, qualche settimana fa, con l’intervento dell’osservatore vaticano a New York, mons. Bernardito Auza, alla conferenza sulla Dichiarazione universale dei diritti umani a 70 anni dalla sua adozione.
Confusione con la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo del 1789.
E’ probabile che chi grida all’opposizione del Vaticano alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, come fece in passato Piergiorgio Odifreddi, stia malamente confondendo l’esplicita critica della Chiesa non al trattato firmato nel ’78, ma alla Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo del 1789. In quel caso, sì, vi fu un rifiuto che il prof. Philippe Nemo, direttore del Centro di ricerche in Filosofia economica presso la prestigiosa ESCP Europe, ha spiegato così: «La critica della Chiesa contro la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo del 1789 riguardava solo l’origine di quei diritti. I costituenti francesi li proclamavano, infatti, escludendo Dio, negando i Dieci Comandamenti e fingendo che l’uomo fosse una creazione di se stesso e potesse, con la sua sola autorità, stabilire qualsiasi regola morale o giuridica. Ciò era inaccettabile per molti cristiani dell’epoca e lo è ancora oggi» (P. Nemo, La bella morte dell’ateismo moderno, Rubettino 2014, p. 111).
Fonte: Uccronline.it