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Antonella Ferrari e la sclerosi multipla: a Medjugorje ho imparato a pregare dicendo “Sia fatta la Tua volontà”
— 21 Febbraio 2019— pubblicato da Redazione. —
A teatro porta in scena se stessa raccontando la sua storia: quella di una donna realizzata nonostante la sclerosi multipla. “Mio padre mi ha insegnato a vivere la malattia accettandola con fede”
Antonella Ferrari è solare, sorridente, ironica. Attrice, scrittrice, giornalista, ambasciatrice dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla. Era solo una bambina di 11 anni quando per la prima volta durante la lezione di danza le sue gambe si bloccano come inceppate facendola cadere a terra. I medici riconducono tutto allo stress eppure questi problemi vanno avanti per anni, l’attrice lo racconta a Giusy Fasano in un’intervista alCorriere.
“Avevo periodi in cui stavo bene e altri in cui stavo malissimo (…) Se dico come mi sento mi crederanno?” (Ibidem)
Più forte del destino
Ci sono voluti 18 lunghi anni, di incertezze, paure, dolori, per arrivare alla diagnosi di sclerosi multipla. Anche per questo Antonella ha deciso di imprimere su carta la sua storia scrivendo un libro “Più forte del destino. Tra camici e paillette. La mia lotta alla sclerosi multipla” (Mondadori, 2012) composto di tanti colori: il nero della sofferenza, il grigio dello sconforto, il verde della speranza, il giallo della rinascita, il rosso delle piccole e grandi vittorie. Il libro poi dagli scaffali è finito sul palcoscenico del teatro, di tanti teatri (è in tour da 4 anni): “porto in scena la mia vita” ripete spesso, insieme alle sue coloratissime stampelle.
“Quel libro è stato un viaggio nel dolore di tanti anni e nella nebbia attorno alla diagnosi. Scriverlo è stato doloroso, ma ripercorrere tutto quel tempo mi ha fatto fare pace con i ricordi” (Corriere)
Sono realizzata nonostante la sclerosi multipla
Uno spettacolo che diverte ma fa pensare…
“Perché non racconto il pietismo o la pena di una condizione, racconto una donna che si è realizzata nonostante la sclerosi, racconto le difficoltà di ogni giorno con sincerità e senza retorica” (Ibidem)
“Per me il lavoro è terapeutico”
Appassionata del suo lavoro il pubblico l’ha apprezzata in televisione nella serie Centovetrine e nella fortunata fiction Un matrimonio di Pupi Avati. La professione è un motore potente per ripartire quando si deve combattere e convivere con la malattia. Infatti dopo un’iniziale momento di sconforto è tornata la voglia di recitare e di mettersi in gioco.
“Io sono un’attrice e sono brava (…) sono una che ha studiato, non sono improvvisata e mi dispiace, mi amareggia molto quando la mia cartella clinica mette in ombra il mio lavoro. Per me il lavoro è terapeutico, è vita. Non amo per niente fare la malata a tempo pieno” (Ibidem)
Ma Antonella prima di essere una bravissima attrice è una moglie innamorata che ha desiderato diventare madre con tutta se stessa. Il sogno non si è realizzato nella maniera in cui immaginava e non a causa della patologia di cui soffre, come ha specificato a Paola Saluzzi, ospite del suo programma L’Ora solare, ma per un susseguirsi di problematiche, tra tutte la diagnosi tardiva e le terapie debilitanti…
“(…) Dio ha deciso questo e io non mi ci metto nelle decisioni dell’Alto. Noi volevamo fortemente un bambino, però non volevamo forzare la natura e non potevamo neanche con la mia condizione di salute, allora abbiamo deciso di provare ad adottare e lì ci siamo scontrati con un mondo che ci ha veramente fatto male. Perché abbiamo scoperto che io non posso adottare un bambino perché ho una disabilità, ho una malattia neuro degenerativa”
La dichiarazione del marito: “Ti ho amata in piedi ti amerò anche da seduta”
La quotidianità di Antonella Ferrari è fatta di famiglia, lavoro, cure, farmaci e tanta fisioterapia. Per lei la malattia non è opportunità, ci tiene a specificarlo alla conduttrice di TV2000, ci sono tante difficoltà da affrontare però ci si può convivere serenamente e trovare il modo di reagire grazie anche agli affetti. Tra il 2009 e il 2010 racconta l’attrice una grave ricaduta l’ha costretta sulla sedia a rotelle per un anno e le parole del marito Roberto furono la più bella ed inaspettata dichiarazione di amore che potesse immaginare:
“Ti ho amata in piedi ti amerò anche da seduta”
Ho imparato a pregare a Medjugorje grazie a mio padre
Al papà ha dedicato il suo libro, a quel papà malato che non si lamentava mai che le ha insegnato la dignità del dolore e che è riuscito ad accompagnarla per un pezzettino all’altare.
“Era la mia forza (…) mi ha insegnato a vivere la malattia accettandola con fede. (…) Grazie a lui ho imparato a pregare in un modo meno egoistico. Io non ho mai pregato per me, non ho mai chiesto a Dio “fammi guarire” perché ritengo di aver già avuto un grande miracolo di saper vivere la vita nonostante tutto con gioia, non posso chiederGli di più. Però per mio padre ero molto rompiscatole e chiedevo “ti prego non portarmelo via, ti prego lasciamelo qui” e non mi rendevo conto che stavo chiedendo quello che era giusto per me e che non era detto fosse giusto per lui. In un pellegrinaggio a Medjgorje un prete mi disse: “Antonella tu stai pregando in modo egoistico, impara a dire Sia fatta la Tua volontà”. Io l’ho imparato in quel pellegrinaggio a Medjgorje e un mese dopo mio padre se ne è andato. Credo di averlo liberato dal mio egoismo”.
E arrivare a pronunciare questo “Sì” è una grazia perché desiderare di compiere la Sua Volontà, affidarsi a Lui, al suo disegno, è fondamentale per la nostra vera felicità. Il papa emerito Benedetto XVIin un’omelia del 2005 ricordava a noi tutti che fare la volontà di Dio all’inizio appare impossibile e invece poi si rivela il nostro vero bene, l’unico modo per sperimenta la gioia piena a cui il nostro cuore anela.
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