Intervista al missionario della Fraternità San Carlo Borromeo in Olanda, don Michiel Peeters: «La vicenda della cattedrale di Utrecht è triste, ma serve realismo e ci sono grandi segnali di vitalità»
«È triste e drammatico» che la cattedrale di Santa Caterina a Utrecht, Olanda, possa essere sconsacrata e venduta. Ma ciò che da un lato è «indice di realismo», e dall’altro è «sintomo di una crisi cominciata decenni fa», deve essere inquadrato nella realtà della Chiesa e della società olandese. Qui ormai «il cristianesimo come tradizione è completamente scomparso, ma Cristo come possibilità di risposta alle attese e ai bisogni dell’uomo non è affatto morto».
LA CATTEDRALE DI SANTA CATERINA
È quanto dichiara a tempi.it don Michiel Peeters, missionario olandese della Fraternità San Carlo Borromeo e dal 2012 cappellano dell’Università di Tilburg. «In Olanda le parrocchie sono proprietarie delle chiese e devono mantenersele da sole», spiega. «Qui non abbiamo l’8×1000, lo Stato non aiuta come in Germania, qui le chiese vivono della generosità dei fedeli, che alla domenica versano l’obolo. Questo rende tutto più difficile ma facilita anche un rapporto più stretto, più diretto con i fedeli».
La parrocchia responsabile della cattedrale di Santa Caterina, continua don Peeters, «ha altre due chiese monumentali nel centro di Utrecht. Sono strutture anche antiche, che richiedono fondi ingenti anche solo per riscaldarle, oltre a necessitare di una manutenzione costosa». Ecco perché, secondo il missionario, «è triste se la cattedrale sarà venduta ma bisogna anche essere realistici. La decisione comunque spetta alla parrocchia e bisogna sottolineare che i fedeli si sono opposti e per questo, per ora, è stato tutto rimandato. Anche questo, mi viene da dire, è un bel segnale di vitalità da parte della comunità cattolica locale».
DA 30 PARROCCHIE A OTTO CHIESE
L’abbandono delle chiese e la riduzione del numero delle parrocchie, che si verifica non solo a Utrecht ma in tutta l’Olanda, è comunque un «sintomo»: «Qui a Tilburg c’erano 30 parrocchie sessant’anni fa. Oggi sono rimaste solo otto chiese. Cento anni fa il 99 per cento dei residenti andavano a messa. Oggi saranno al massimo il 4 o 5 per cento. Negli anni Settanta la gente ha smesso di andare in chiesa».
I motivi sono diversi: la Chiesa cattolica olandese «è sempre stata molto chiusa per il timore di perdere fedeli a vantaggio di protestanti o luterani», racconta il missionario. Le spinte progressiste dei religiosi olandesi «sono state frustrate da Roma» e la Chiesa locale ha subito un trauma dal quale non si è ripresa. Oltre alla «disaffezione di molti sacerdoti e all’autoghettizzazione storicamente comprensibile, la Chiesa qui non ha mai educato la gente a farsi delle domande sul senso della fede».
L’OLANDA OGGI È TERRA DI MISSIONE
Così, quando la cultura e la mentalità sono cambiate, «i fedeli si sono ridotti. Quando la tradizione cristiana è scomparsa nella società, si è vista in tutta la sua drammaticità questa mancanza di educazione. L’edificio della fede non veniva verificato e per questo non ha retto, così come ora non reggono più gli edifici di pietra».
L’Olanda oggi è diventata terra di missione ed è per questo che, dopo cinque anni in Russia, don Peeters è tornato nel suo paese di origine. «Come dice il fondatore della Fraternità San Carlo, don Massimo Camisasca, la missione riguarda anche le terre che hanno perso la fede, dove un tempo c’era e ora non c’è più. Quando sono arrivato a Tilburg come cappellano dell’Università, da anni non si diceva più la messa, non veniva mai nessuno. Ogni tanto qualche anziano, ma il più giovane aveva comunque 60 anni», racconta.
«LA GENTE CAMBIA: È SORPRENDENTE»
Oggi invece, dopo otto anni da cappellano, « a messa ci sono circa 70 ragazzi; 200 giovani universitari, in parte stranieri, si fanno vedere una volta a settimana, mentre una trentina costituiscono lo zoccolo duro». Non è stato facile riproporre il cattolicesimo in un paese dove «la consuetudine è scomparsa e c’è un enorme pregiudizio contro la Chiesa, considerata un luogo di pedofili impuniti, e il cristianesimo. Ma la difficoltà più grande è superare il pregiudizio nei confronti dell’uomo stesso: c’è grande disillusione e cinismo nella gente».
Don Peeters non si è lasciato spaventare perché, come scriveva Tertulliano, «Cristo non ha detto: Io sono la consuetudine, ma Io sono la verità». E ancora oggi, riproporre il cristianesimo come «incontro con Gesù che può rispondere alle aspirazioni e colmare il cuore dell’uomo, funziona. Ogni anno ci sono decine di battesimi e nel 2019, nel clima in cui viviamo, la gente cambia, da cinica diventa curiosa. Per me è sorprendente».
Fonte: Leone GROTTI | Tempi.it