Il professore dell’Università di Torino ha pubblicato per Paravia un innovativo manuale rivolto ai ragazzi del liceo: fra esperimenti, video e temi di attualità. «Idee sempre in movimento»
Spiegare la filosofia ai giovani, le idee e il pensiero di millenni ai Millennials. Ha questa ambizione Pensiero in movimento, il manuale di storia della filosofia per i licei realizzato da Maurizio Ferraris, professore di Filosofia teoretica all’Università di Torino, insieme al Laboratorio di Ontologia, ed edito da Paravia-Pearson. Sei volumi, nel triennio, dalle origini ad Aristotele, da Heidegger fino ai dibattiti contemporanei: un percorso di studio innovativo e interattivo con contributi video, interviste d’autore, esperimenti filosofici che stimolano un pensiero autonomo e la proposta di temi mirati alla costruzione della cittadinanza e alla partecipazione sociale.
Professore, come nasce e come si progetta un manuale di filosofia nell’era digitale?
Nasce dalla necessità di dare una nuova filosofia, adatta all’epoca, visto che buona parte dei manuali filosofici era stato concepito in un’epoca in cui non esisteva neppure la parola “digitale”. Ciò che occorreva oggi era un manuale che partisse da qui.
In un mondo dominato dalla “macchina” con informazioni usa e getta, il pensiero è vivo? C’è un pensiero dominante fra i giovani?
Le informazioni che vengono dalla macchina, se con macchina si intende il web, sono molto meno usa e getta di quanto non fossero gli insegnamenti orali di Platone. Quelli si potevano dimenticare, e potevano sparire, come in effetti è avvenuto, lasciando solo gli scritti riservati alla pubblicazione. Con Aristotele è successo il contrario: si sono conservati gli appunti per le lezioni, e sono quasi scomparsi gli scritti destinati al largo pubblico. Adesso non è più così. Non solo in questo preciso momento, dal treno in cui mi trovo, posso accedere a tutti gli scritti di Platone e di Aristotele, ma questa conversazione, ben più modesta, sarà probabilmente leggibile, nei meandri del web, tra mille anni. Dunque il pensiero è vivo e lotta insieme a noi. Ed è vario e vivente, dunque non c’è pensiero dominante, né tra i giovani né (sperabilmente) tra i vecchi.
Come si evolve la filosofia? Dove va questo pensiero in movimento?
La filosofia evolve in risposta ai problemi della sua epoca. I Greci si chiedevano come si potesse conoscere in maniera oggettiva, uscendo dal mito e venendo al logos, e hanno posto le basi per la scienza e per il modo di ragionare moderno. I Medioevali si chiedevano come si potesse conciliare l’onnipotenza divina con il potere temporale, con la libertà umana, e con il problema del male, e ne è venuta fuori la politica così come la conosciamo noi, che malgrado le apparenze è molto più debitrice della Scolastica, e della sua rielaborazione presso i teorici dell’assolutismo e del liberalismo, che non dell’Atene di Pericle. I Moderni si chiedevano come fosse possibile garantire giustizia sociale in un mondo, come quello del capitale industriale, che generava differenze enormi tra i lavoratori e i capitalisti.
E oggi?
Oggi, come Postmoderni, dobbiamo chiederci come ripensare il posto dell’uomo nel mondo, nel momento in cui la sua funzione di homo faber è progressivamente presa dalle macchine, e dunque l’umanità viene in primo piano come portatrice di diritti, di bisogni, di doveri e di credenze, ben più che di forza fisica e di alienazione derivante da un lavoro ripetitivo. È un compito più attraente di quello che toccava ai moderni, anche perché più che sanare ingiustizie si tratta di promuovere delle capacità. Ma è un compito non meno importante, che richiede inventività teorica – guai a leggere il presente con gli occhiali del passato industriale –, apertura umana e curiosità culturale.
Con quale sentimento guarda al futuro?
Con speranza e ottimismo. Un ottimismo che riguarda l’epoca – non siamo mai stati così attenti all’umano come oggi – e, nell’epoca, la filosofia. Che nel complesso sta attraversando, a mio avviso, un bellissimo momento, ed è proprio per questo che mi è venuta voglia di mettermi in un’impresa così lunga e impegnativa come quella di scrivere – con degli aiuti, beninteso – sei tomi di storia della filosofia.
Fonte: Avvenire.it