Chi ha la fede non teme la ragione. Al contrario, la cerca, la interpella, la usa; non la venera. Ne riconosce la grandezza e i limiti. Che cosa da essa avrebbe da temere? Non è la ragione che mi costringe a chiedere chi sono, da dove vengo, dove vado? Non è la ragione che di fronte alle galassie sterminate, all’atomo invisibile, alle spaventose profondità dei mari, mi conduce alla giusta misura di me stesso? Non è la ragione che non sopporta di essere rinchiusa in spazi limitati e angusti e, liberamente, coraggiosamente, cerca un oltre, bussando anche alla porta della fede? Fede e ragione, gemelle siamesi, che resistono, da secoli, agli attacchi di coloro che avrebbero voluto e ancora vorrebbero separarle. Fede e ragione rifiutano e rigettano ogni estremismo, ogni fanatismo. Il laico veramente laico non teme la fede così come il credente veramente tale non teme la compagnia della ragione. La fede non è, non può essere, solo un fatto privato, ha conseguenze sulla sfera pubblica. Se credo che ogni uomo è mio fratello mi impegno, anche in politica, perché più nessun bambino muoia di fame. Se credo che l’umanità necessita della pace, osteggerò con tutte le mie forze le guerre e il commercio delle armi.
La fede si esprime anche attraverso i simboli. Da duemila anni, la croce sulla quale Gesù è morto è cara ai cristiani. La venerano, in pubblico e in privato. Da duemila anni ha accompagnato i nostri antenati dalla nascita alla morte. Da duemila anni quei due legni incrociati hanno segnato il cammino della nostra terra. La troviamo dappertutto. Tra i sentieri di campagna, sulle vette dei monti, nelle piazze, in cima ai campanili, nei musei, nelle case. La troviamo dipinta e scolpita da artisti d’indiscussa fama, cantata e raccontata da poeti e scrittori. La troviamo addosso alle persone. Tanti cristiani, infatti, amano portare al collo la croce sulla quale il Figlio di Dio è morto. Liberi. Viviamo in un Paese libero, aperto, laico. Un Paese in cui c’è spazio per tutti. Un Paese impregnato di cultura cristiana anche quando non te ne accorgi. Tante città, villaggi, monti, fiumi, contrade, spiagge portano il nome di un santo, della Madonna, degli angeli o di Gesù. Ricchezza? Limite? Memoria. Memoria di ciò che siamo stati e siamo. Il laico veramente laico ne prende atto. L’uomo colto, qualunque sia la sua visione del mondo, sa quanto importante sia la conservazione e la comprensione della memoria. E fa di tutto per interpretarla bene e tenerla in vita. L’uomo libero legge la storia attraverso i libri, l’arte, la musica, la lingua, la toponomastica, la fede di un popolo. L’uomo liberamente laico non teme la religione, in particolare quella cristiana. Sa bene, infatti, che l’Uomo della Croce non ha fatto, né potrà mai fare male a nessuno. È stato ucciso non ha ucciso. Fu offeso non offese. L’Uomo della Croce appartiene a tutti. A chi lo riconosce figlio di Dio e a chi vede in lui solo un martire dell’ingiustizia. O, magari, uno di quei sognatori che vorrebbero fare più bello il mondo. Proprio come chi, oggi, scrive libri e articoli di giornali, s’impegna in politica, nel sociale, o lotta perché non abbiano a sciogliersi i ghiacciai.
Gli italiani liberi sono liberi anche di portare al collo una piccola croce come fa Marina Nalesso, conduttrice del Tg2. Anche se a qualcuno non piace e vorrebbe che la nascondesse sotto la maglietta. Che cosa suggerirebbero se un giorno un conduttore dovesse presentarsi con una cravatta con delle crocette disegnate al posto delle palline? Censuriamo la censura e torniamo a parlare di cose serie. Il credente, che non teme, ma ricerca la ragione, riconosce a ognuno il diritto di vestire come meglio gli aggrada, di indossare, se gli garba, un costosissmo Rolex o un braccialetto di cuoio dal quale pendono piccoli totem. Sono fatti suoi. E se una giornalista, seria, dignitosa, rispettosa, professionalmente preparata come Marina Nalesso ritiene di mettere al collo, come fa da anni, una coroncina del Rosario sono sempre fatti suoi. È una professionista libera, intelligente, che crede in Gesù. La croce che indossa non viene lanciata su chi non crede come una pietra appuntita ma umilmente e dignitosamente indossata. Sta a dire che lei, come il suo Signore, intende amare e non odiare il prossimo. Servirlo e non servirsene. Se altri fanno altro, è problema di altri. Nessuno è padrone della croce di Cristo.
Fonte: Maurizio PATRICIELLO | Avvenire.it