È online l’ultimo numero della rivista “Linea Tempo”, dedicato all’insegnamento della letteratura del 900 a giovani, quelli attuali, diversi dagli altri
Cos’è stata la letteratura italiana del Novecento? Esiste una cifra che in qualche modo possa identificarla in modo univoco? La lettura critica si presenta al momento parcellizzata in numerosi approfondimenti e una visione complessiva appare ancora dai contorni sfumati. Non parliamo poi di quanto è accaduto negli ultimi decenni del secolo scorso: argomenti che raramente diventano oggetto di una lezione in classe.
In aggiunta, si affaccia con prepotenza interlocutoria il nuovo.
Il nuovo è la digitalizzazione, i videogiochi, la grafic novel, le serie tv che permeano la quotidianità dei giovani come degli adulti in modo invasivo e in tempi brevi rendono obsoleti gli status symbol tecnologici appena acquisiti. Filtra nelle aule in modo indiretto, in quanto agisce sì sui ragazzi, ma nella loro privacy, vale a dire nel contesto extrascolastico.
È così in atto una lenta trasformazione dei modelli: quelli gnoseologici, quelli linguistici e di conseguenza anche quelli comportamentali. La ricaduta futura di tale processo oggi in atto non è facilmente prevedibile.
I millennial e i giovani digitalizzati hanno notoriamente una dimestichezza con la tecnologia digitale che gli adulti non possiedono. Ma la soglia critica sul gap generazionale non è polarizzata solo sul divario delle competenze, ma di fatto su una diversa modalità di concepire il presente e la storia passata.
La cesura pare incentrata non solo sulla diversa assuefazione circa l’utilizzo della tecnologia ma in particolare sulla presenza o meno della memoria del passato come parte integrante del proprio Dna culturale. Questo presente – il “nuovo” – bussa alla porta dei giovani, li influenza, li plasma.
La domanda iniziale, relativa alla letteratura italiana del Novecento, si declina in tal modo in una serie di problematiche più ampie che coinvolgono nel cuore la didattica. È partendo proprio da queste considerazioni che è nato il nuovo dossier n. 18 di Linea Tempo, ora online, dal titolo “Scrivere, leggere, comunicare: cosa rimane della letteratura del 900?”, con l’intento di offrire, attraverso un ricco apparato di contributi, suggerimenti preziosi per chi insegna. Un taglio volutamente operativo più che teorico, basato su esperienze di differenti docenti.
Alberto Savinio, che amava passeggiare per Milano, immaginava di ascoltare le storie che gli raccontavano uomini illustri, i cui nomi erano (e sono) eponimi di vie, piazze, monumenti (Narrate, uomini, la vostra storia). Nella quotidianità del suo presente, si affacciava la memoria del passato.
Oggi è ancora possibile questo tipo di narrazione?
Questa domanda ci porta nel vivo della questione. Il dossier non ha l’ambizione di proporre la “soluzione”, ma un modello, questo sì, con precise linee di sviluppo. C’è infatti la convinzione che il dialogo con il presente non debba essere procrastinato nel tempo. Ma per evitare la banalità di avventurismi didattici e il pericolo di farsi irretire dalle sirene tecnologiche è fondamentale mantenere vivo il legame con la memoria del passato.
Per questo l’indice del dossier si articola su due versanti.
Da una parte ci sono il romanzo e la poesia, con interventi che presentano percorsi differenti. L’importante qui non è, paradossalmente, il contenuto che è pregevole, bensì il metodo che rende originale ogni percorso. I vari contributi, ritagliati liberamente all’interno del grande contenitore della letteratura, illustrano delle esperienze didattiche, con suggestioni che si possono liberamente declinare nel lavoro in classe.
In questo quadro, a complemento, opportunamente si è inserita nei “Percorsi” la figura di Finkielkraut, che indaga le cause ideologiche di questa transizione culturale che è in atto, tra contemporaneità e postmodernità.
Dall’altra parte si affronta direttamente la digitalizzazione: le serie Tv, i videogiochi, la grafic novel. La componente ludica può intercettare il piacere insito nella lettura? Le storie raccontate hanno possibili sovrapposizioni con la tecnica “alta” della narrativa? Vista l’incidenza a livello sociologico del loro utilizzo da parte dei giovani, è possibile un utilizzo educativo? Questi e altri problemi sono oggetto di indagini specifiche nei contributi.
È un nervo scoperto che prima o poi dovrà essere affrontato in modo più diretto.
La letteratura popolare di fine Ottocento aveva un ampio riscontro di pubblico e un’altrettanta ritrosia di riconoscimento da parte della cultura ufficiale, come oggi. Tutto è possibile. Ma per i nostri ragazzi questo è il presente: l’arduo compito didattico è quello di preservarvi anche la memoria storica.
Fonte: Giampaolo PIGNATARI | IlSussidiario.net