Le dinamiche organizzative sono in continua evoluzione e non è più possibile immaginare le aziende come strutture statiche
Le continue trasformazioni in atto all’interno di un’organizzazione hanno sempre un considerevole impatto sulle risorse che la compongono. Per questa ragione, una figura professionale come quella di Paolo Colombo, Direttore del Coordinamento Risorse Umane per Mediaset, svolge un ruolo estremamente delicato e importante nei processi di cambiamento, soprattutto nella scelta della gestione organizzativa e della strategia comunicativa da adottare.
Ci descriverebbe il suo mestiere?
La mia è una figura professionale che gestisce l’attività di tutte quelle persone che stanno nel “dietro le quinte” dell’informazione. Il mondo dell’informazione è costituito dal prodotto che il pubblico vede in onda, tuttavia, come si può immaginare, dietro a ciò vi è un modello organizzativo estremamente complesso, composto da settori diversi e da persone che, pur occupandosi di incarichi differenti tra loro, hanno la necessità di muoversi e guidare tutti verso un unico obiettivo. La mia attività è quella di convogliare energie, pensieri e intenzioni verso quell’unico obiettivo che è la qualità del risultato.
Ci può raccontare del recente processo di spostamento di risorse che la vostra organizzazione ha affrontato?
Il mondo dell’informazione di Mediaset era suddiviso nell’area milanese in due grandi centri di produzione: uno a Cologno Monzese che gestiva le produzioni di infotainment e uno storico a 5 km di distanza, a Palazzo dei Cigni, in cui erano allocati i programmi di hard news, quindi di informazione vera e propria. A seguito della grande crisi che ha colpito anche il mondo dell’editoria, la mia Direzione generale, con un pensiero a mio parere molto illuminato e lungimirante, ha deciso di attuare una strategia per contrastare la crisi trasformandola in una vera e propria opportunità.
Cosa avete fatto?
Per far sì che tutte le connessioni produttive non vedessero delle duplicazioni di processo e quindi dei costi maggiori, abbiamo chiuso fisicamente un centro di produzione e spostato tutte le risorse avvicinandole e inserendole all’interno del centro di Cologno Monzese. Abbiamo quindi lavorato per far sì che la riduzione di investimenti pubblicitari non si traducesse in una riduzione di prodotto, bensì in un cambio organizzativo aziendale e di area insieme a un’innovazione importante del processo produttivo, che è stato trasformato da analogico a digitale. L’aspetto fondamentale di questa strategia, sia dal punto di vista gestionale che comunicativo, è stato condividere il progetto in modo trasparente e positivo con le nostre risorse.
Quali complessità avete affrontato?
Le complessità sono state in parte di tipo produttivo. Spesso uso la metafora del ristorante per far comprendere questo concetto: è stato come spostare uno dei più grandi ristoranti d’Italia senza chiudere la cucina e continuando a servire i clienti, nel nostro caso mentre il prodotto era in onda. Oltre a ciò lo sforzo più grande è stato quello gestionale: abbiamo convogliato il pensiero e le energie delle risorse condividendo in maniera reale e trasparente il fatto che l’operazione concordata non era di chiusura di un centro di produzione, ma di avvicinamento al mondo della produzione centrale. L’obiettivo era di creare nuovi processi produttivi e fare in modo che l’attività di ciascuno non fosse più satellitare all’azienda, ma determinante per la sede di Cologno Monzese, nonché il primo tassello di un’importante innovazione digitale.
Come riesce a equilibrare gli aspetti processuali e quelli di positività verso le risorse?
Io credo fermamente nel valore della risorsa inserita nell’azienda. Il punto è che le dinamiche organizzative, soprattutto nell’ambito della comunicazione, sono in continua evoluzione e non è più possibile immaginare le aziende come organizzazioni statiche. Viene richiesto un continuo cambiamento e questo comprende spostare le risorse al proprio interno con forte dinamicità. Nel farlo occorre però guidare queste persone, farle approcciare a un modello di cambiamento e permettergli di ritrovare una propria collocazione all’interno di un disegno organizzativo. La positività è l’elemento guida e la leva gestionale più forte: un incontro costante con le risorse, a qualunque livello dell’organizzazione, e il confronto continuo è volto a trovare ogni volta, di comune accordo, quella posizione organizzativa che favorisca la migliore espressione della persona. Quando una persona sta bene lavora meglio.
Fonte: Paolo COLOMBO | IlSussidiario.net