Il nuovo libro di Susanna Tamaro e quell’invito ad “alzare lo sguardo, distogliendolo dal proprio ombelico”
Gentile direttore, la lettura di un libro di Susanna Tamaro è ardua ed esige una apertura di mente e di cuore per incontrare il mondo della scrittrice ricco di pensieri profondi, di ardite scorribande nel Mistero, di una miscela tra riflessioni ed esperienze di vita che a prima vista appaiono destabilizzanti.
Tale particolare scrittura rispecchia l’originale personalità della Tamaro che ha confessato pubblicamente di essere portatrice della sindrome di Asperger (Sette del Corriere, 4/10/2019) che comporta solitudine e sofferenza nel relazionarsi con le persone e la realtà.
Di solitudine parla il suo ultimo libro Alzare lo sguardo. Il diritto di crescere e il dovere di educare (Solferino, 112 pp., 11,90 euro) in cui immagina di scrivere ad una professoressa (don Milani docet). I temi trattati sono molti, sempre collegati ad episodi di vita della scrittrice, ad esperienze di drammatica incomprensione nell’incontro con la realtà.
La Tamaro conduce una impietosa ma realistica analisi dello stato della scuola e dell’educazione oggi in Italia soffermandosi su temi importanti quali la scomparsa dell’autorità, la debolezza delle famiglie, la rinuncia ad educare fino ad affermare: «Non ho alcun dubbio sul fatto che abbandonare l’idea della centralità dell’educazione voglia dire spalancare le porte alla barbarie» (pag. 20). Tale rinuncia è gravida di conseguenze sulle giovani generazioni caratterizzate da un vuoto ontologico e un vuoto affettivo, pericolosamente attanagliati l’uno all’altro. Tentando di scoprire le cause di tale “lassismo educativo” la Tamaro sottolinea con forza che «la grande crisi dell’educazione nasce dall’idea che non ci sia alcuna strada da dover percorrere. Il bene e il male non sono più concetti etici universali ma scelte individuali da compiersi di volta in volta, secondo le occasioni del momento. Non esiste il male assoluto, così come il bene assoluto» (pag. 76).
A questo punto la Tamaro continua affermando che «quello che si riceve in termini materiali ed affettivi certamente conta molto ma non è tutto. Oltre, sopra, aldilà, c’è quella parte insondabile della nostra natura che, in tempi arcaici, veniva definita anima… l’anima è l’invisibile spazio interiore in cui si gioca l’estenuante combattimento che ci permette di conquistare la nostra vera libertà… ma se non la si nutre lentamente si atrofizza» (pag. 90).
Il libro si conclude con un’esortazione: «Alzare lo sguardo! Se l’antidoto alla barbarie, alla perdita dell’umano fosse proprio questo? Sollevare lo sguardo dal tablet, dallo smartphone, dal computer. Distoglierlo dal proprio ombelico, dalla recinzione del proprio giardino. Soltanto questo gesto ci permetterebbe di contemplare l’infinita ricchezza del reale e di entrare in una relazione costruttiva con la sua complessità».
A fine lettura viene spontaneo il legame con quanto è accaduto i giorni scorsi con la mobilitazione di un milione di giovani sulla emergenza climatica. Non mi inoltro sulla personalità di Greta Thunberg su cui si è parlato a proposito e sproposito, ma, provocata dalle parole della Tamaro, mi sono chiesta per quali ragioni una tale folla di giovani si fosse mossa a livello mondiale e con tanta energia.
Consideriamo pure la voglia di saltare la scuola, di sentirsi liberi di fare da soli, e via dicendo… il fatto è che questi ragazzi si sono sentiti “convocati”, chiamati per nome a compiere gesti per una buona causa. Si sono sentiti pronti ad “alzare lo sguardo” da sé al mondo, dal proprio ombelico a qualcosa di più grande a cui donare le proprie giovanili energie. Certamente, l’operazione è stata strumentale e manipolatoria, non siano ingenui, ma mi preme sottolineare che il percepirsi “convocati” è il primo passo di una educazione che inizia sempre dal dire a ciascuno: “Tu vali e puoi essere protagonista del tuo oggi e anche del futuro del mondo: devi solo alzare lo sguardo”.
È in questa mossa di fiducia e di speranza che scatta la scintilla tra un adulto e un ragazzo e solo così può iniziare una compagnia e un cammino verso l’ideale.
Fonte: Marinella SENN | Tempi.it