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L’alleanza fra la donna e la vita

“Aprite le porte alla vita”: nel messaggio dei Vescovi per la 42esima Giornata per la Vita un invito ma anche un monito

Il messaggio dei Vescovi italiani per la 42esima Giornata per la Vita – che, non dimentichiamolo, è stata istituita nel 1978 per affermare la non rassegnazione della Chiesa italiana di fronte alla legalizzazione dell’aborto – si intitola: “Aprite le porte alla vita”. L’invito è quanto mai attuale e necessario.

Oggi in Europa vi è un generale allarme per il crollo della natalità, mentre fino a pochi anni fa la preoccupazione sembrava essere l’aumento della popolazione non sostenibile con le risorse della terra. A riguardo non si può non ricordare Thomas Robert Malthus, noto economista demografo inglese, vissuto tra il 1700 e il 1800, il quale affermò che l’intero pianeta sarebbe piombato nella miseria e nella fame per l’impossibilità di fornire il cibo ad un numero esorbitante di esseri umani. Oltre un secolo dopo, nel 1969, Frederick Jaffe, vicepresidente della International Planned Parenthood Federation degli Stati Uniti redasse un memorandum per ridurre la popolazione e lo fece circolare tra i più potenti organismi internazionali. In questo memorandum si indicavano come linee strategiche il ricorso all’aborto, l’uso della sterilizzazione, la propaganda in favore dell’omosessualità, la posticipazione del matrimonio o la sua cancellazione, la distribuzione gratuita di contraccettivi. Queste indicazioni sono state in gran parte seguite. Si noti che il timore della sovrappopolazione ha una radice egoistica, tanto che alcuni Paesi sviluppati hanno cercato di influenzare i Paesi del terzo mondo in senso antinatalista per la paura che la loro crescita costituisse una minaccia e un pericolo per il loro primato e il loro benessere.

Oggi, almeno in Europa, è diffusa una preoccupazione opposta: quella della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione. Ma a ben riflettere, le ragioni generali di questo timore sono anch’esse di tipo egoistico. Si afferma che se i Paesi dell’occidente diminuiranno la loro forza numerica perderanno la loro identità, perché i poveri del terzo mondo – soprattutto attraverso le migrazioni – ne cambieranno l’aspetto e l’anima. Si ragiona poi in termini economici: se diminuiscono i lavoratori dalle cui retribuzioni vengono prelevati i fondi per mantenere le persone anziane, come sarà possibile mantenere un livello adeguato di pensionamento specialmente considerando che è in corso un rapido invecchiamento della popolazione per effetto dei progressi della medicina? Allora, per superare la crisi e incentivare le nascite, si suggeriscono rimedi finanziari e sussidi di vario genere. Tutto bene, per carità. Ma bisogna andare più a fondo.

Come non pensare all’aborto volontario strutturato come servizio pubblico e gratuito dello Stato come causa della denatalità? E che dire della diffusione enorme dell’aborto legale e dell’abortività precoce attraverso la c.d. “contraccezione post-coitale” chiamata anche “di emergenza”? Sembra proprio una contraddizione che la preoccupazione per l’inverno demografico non porti l’attenzione alla moltitudine di bambini cui viene impedito di nascere. In Italia, dall’entrata in vigore della legalizzazione della c.d. “interruzione volontaria della gravidanza fino al 2018, è stata calcolata la cifra di sei milioni di aborti legali. Se oggi ci fossero sei milioni (e oltre, visto che nel frattempo sono passati due anni) di figli in più, non esisterebbe la paura del crollo delle nascite. Sappiamo che non è facile sconfiggere totalmente il dramma dell’aborto, ma se soltanto la metà dei bambini abortiti fosse stata salvata la situazione sarebbe diversa. Bisogna poi aggiungere, come accennato, l’enorme numero di figli appena concepiti a cui è stata tolta la vita mediante la c.d. “contraccezione di emergenza” o “post coitale” (pillola del giorno dopo e dei cinque giorni dopo) la quale – come ormai è accertato da diversi studi – se il concepimento è avvenuto, impedisce al concepito di trovare accoglienza nell’utero materno e quindi ne viene provocata la morte.

Sembra dunque giunto il momento di un serio ripensamento sull’aborto, quanto meno sostenendo il volontariato impegnato ad aiutare le donne che subiscono una spinta all’aborto dall’ambiente in cui vivono ed anche da difficoltà di vario genere. In questa prospettiva i Centri di aiuto alla vita potrebbero essere inseriti nella strategia dello Stato e delle istituzioni locali.

Sarebbe urgente anche una profonda revisione della funzione dei consultori familiari pubblici, trasformati nella maggioranza dei casi in strumenti di accompagnamento verso l’aborto. Se essi fossero completamente sottratti all’iter abortivo e venisse loro restituita la funzione originaria di essere luoghi di sostegno alla donna affinché porti a termine la gravidanza superando le difficoltà, prevedibilmente sarebbe vinto il crollo delle nascite.

Soprattutto, è necessario riflettere sul valore del figlio, sin dal concepimento uno di noi. Dio che ha creato la meraviglia dell’universo vi ha messo poi al centro l’uomo pensandolo come fine dell’intero creato ed ha affidato all’uomo e alla donna il compito di continuare la creazione. Ogni concepito, icona e speranza di futuro, è perciò una creazione in atto, il passaggio dal nulla all’esistenza, contrassegnato dal timbro dell’amore. Se qualche volta è vero che il concepimento non nasce dall’amore, è sempre vero che l’abbraccio materno del figlio per molti mesi in modo così intimo e non più ripetibile, mantiene questo segno dell’amore. L’universo è meraviglioso, ma il figlio concepito per come si sviluppa e cresce è la meraviglia delle meraviglie.

In questa prospettiva le donne hanno un ruolo di primo piano nell’indicare il valore del figlio concepito e nella difesa della vita nascente. C’è infatti un legame incontestabile, un’alleanza particolare, tra la donna e la vita. Un rapporto così speciale che – per ricorrere alle parole di Papa Francesco (26 maggio 2019) – “Quando una donna scopre di aspettare un bambino, si muove immediatamente in lei un senso di mistero profondo. Le donne che sono mamme lo sanno. La consapevolezza di una presenza, che cresce dentro di lei, pervade tutto il suo essere, rendendola non più solo donna, ma madre. Tra lei e il bambino si instaura fin da subito un intenso dialogo incrociato, che la scienza chiama cross-talk. Una relazione reale e intensa tra due esseri umani, che comunicano tra loro fin dai primi istanti del concepimento per favorire un reciproco adattamento, man mano che il piccolo cresce e si sviluppa […] È così che questo nuovo essere umano diventa subito un figlio, muovendo la donna con tutto il suo essere a protendersi verso di lui”. In virtù di questo particolare legame con la vita, tutte le donne recano in sé un timbro speciale dell’amore che si manifesta nell’accoglienza del più piccolo (iscritta nella gravidanza stessa) e che è a servizio di tutta l’umanità (se non ci fossero le donne, scomparirebbero la società e la storia). Si tratta di un vero e proprio privilegio femminile.

Da queste ed altre considerazioni è nata la campagna “Cuore a cuore”, a cui potrebbe essere dedicato un apposito contributo. Le donne hanno una particolare autorevolezza nel chiedere che ogni figlio fin dal concepimento sia considerato uno di noi. “Cuore a cuore” chiede che i pubblici poteri, ad ogni livello, la società tutta intera con le sue forze intellettuali e con le sue strutture politiche, sociali ed assistenziali, si pongano dalla parte della vita senza equivoci. Intanto, è attiva una mail – cuoreacuore.mpv@gmail.com – a cui è possibile scrivere per aderire, incoraggiare, sostenere la “campagna” e/o inviare testimonianze. Non dobbiamo però ignorare le responsabilità dell’uomo in ordine alla generazione dei figli: è fondamentale riconoscere la corresponsabilità essenziale del padre e della madre nell’accoglienza del concepito. Perciò gli uomini, anche in quanto parti di una relazione che origina la vita, sono chiamati a sostenere, diffondere e accompagnare con simpatia la Campagna “Cuore a Cuore”, pur riconoscendo il privilegio e il primato della donna nella difesa della vita nascente.

Ripensare la verità del figlio concepito quale uno di noi e riflettere sulla bellezza della generatività, della maternità e della paternità, consolida la famiglia in misura maggiore dei pur opportuni sostegni economici. E vince la banalizzazione della sessualità sottratta alla sua autentica grandezza e pienezza di senso.

Fonte: MARINA CASINI | InTerris.it

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