L’insegnamento della religione cattolica non è in contrasto con la laicità dello stato ma è un’espressione della laicità stessa. In modo particolare nello stato italiano, a differenza di paesi come la Francia, il concetto di laico ha sempre assunto una connotazione positiva e inclusiva, a tutela della libertà religiosa di tutti i cittadini. Lo studio della religione cattolica sotto un profilo storico-culturale non è in contrasto con la laicità dello Stato, proprio perché è la religione cattolica ad aver plasmato le fondamenta del nostro paese.
Su queste basi, Angèle Rachel Bilégué ha articolato il suo saggio Perché insegnare religione cattolica nello stato laico? (Torino, Elledici, 2019, pagine 104, euro 7), un testo che si avvale dell’esperienza dell’autrice, religiosa francescana di origine camerunense, come insegnante di religione nelle scuole pubbliche di Roma. Nel suo libro, suor Bilégué mette insieme la sua competenza teologica (ha all’attivo il dottorato in Filosofia e la licenza in Teologia Morale) e varie testimonianze raccolte da colleghi, genitori e alunni che si avvalgono dell’insegnamento della disciplina.
Dopo i capitoli introduttivi, di carattere storico-metodologico, viene individuato il vero nodo critico: l’insegnamento della religione cattolica è giudicato una «materia eccellente perché contribuisce allo sviluppo e alla formazione integrale dell’alunno, offrendogli i valori universali che durano per tutta la vita». A testimonianza di questo consenso, si riscontra l’altissimo numero di studenti (intorno all’88 per cento a livello nazionale) che continuano ad avvalersi di tale insegnamento. La preziosità della disciplina, del resto, è stata riconosciuta, tra gli altri, da Benedetto XVI, che in un discorso del 2009 (menzionato nel saggio) indicava l’insegnamento della religione cattolica come uno strumento grazie al quale «la scuola e la società si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali decifrando l’apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto e a raffinare il senso critico, ad attingere ai doni del passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il futuro». Al tempo stesso, però, sottolinea suor Bilégué, abbiamo a che fare con «una materia debole, perché non soddisfa le aspettative degli alunni in materia di voto».
Il vero punto di forza del libro è comunque nelle pagine dedicate ai requisiti richiesti all’insegnante di religione quale «uomo di fede», nonché «testimone di speranza» e di «verità». L’insegnante gioca un ruolo determinante e dovrà essere persona preparata, credibile, capace di stabilire una relazione significativa con gli alunni e, al tempo stesso, di trasmettere loro dei contenuti. L’obiettivo di un insegnante di religione dovrebbe essere quello di evitare che, dopo aver lasciato la sua classe, il collega che lo sostituirà, alla domanda: «Cosa avete fatto lo scorso anno?», si senta rispondere dagli alunni: «Niente». Un risultato che non è affatto scontato.
Dall’indagine compiuta da suor Bilégué è risultato che anche gli alunni delle elementari riescono ad afferrare il valore aggiunto dell’insegnamento della religione cattolica rispetto alle altre discipline: se la storia racconta un fatto, la religione aiuta a comprendere in profondità quello stesso fatto, trasmettendo un insegnamento per la vita. Ad esempio, approcciando l’Ultima Cena di Leonardo in storia dell’arte, lo studente, se avrà scelto di studiare la religione cattolica, riceverà una chiave di lettura in più per capire meglio questo e altri capolavori della pittura. A scegliere lo studio di questa materia non sono soltanto gli studenti cattolici osservanti. Anche gli atei, gli agnostici e i musulmani mostrano grande interesse e, a conclusione dei cicli scolastici, la loro preparazione in tema di religione cattolica non è affatto inferiore a quella dei loro compagni.
Scopo del suo saggio, ci spiega l’autrice, è quello di comprendere «come possiamo migliorare questo insegnamento». Da qui è partita la sua indagine che ha interessato scuole di tutta Italia. «Un insegnante di religione — spiega ancora suor Bilégué — offre un servizio alla scuola da parte della religione cattolica». Al tempo stesso, egli offre una «testimonianza». Non deve, cioè «convertire l’alunno»: gli allievi, infatti, «vogliono la tua testimonianza di fede da come vivi e da come ti presenti». Suor Bilégué menziona quanto detto da una bambina dell’asilo alla sua insegnante di religione: «Maestra, è vero che sei innamorata di Gesù? Quando ne parli, lo fai con ardore». L’insegnamento della religione cattolica, in definitiva, non richiede la fede allo studente ma la esige dall’insegnante. Deve, cioè, trasmettere il «messaggio cristiano» per cui «Dio ti ama», a prescindere dal coinvolgimento o meno dell’alunno con la fede.
Fonte: Luca Marcolivi | OsservatoreRomano.va