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Di padri e fratelli

Di tanto in tanto capita di imbattersi in un libro, in un articolo, in un concetto espresso che improvvisamente illumina qualche aspetto dell’esistenza.
E’ come una chiave che apre una porta che neanche si sapeva esistesse. Le cose vanno a posto con un clic.

Così è stato per questo articolo della rivista First Things (qui una traduzione italiana). E’ una recensione, fatta da R.R.Reno, di un volume di James Chappel – Catholic Modern: The Challenge of Totalitarianism and the Remaking of the Church. Il libro afferma che, nonostante il Concilio Vaticano II sia visto come uno spartiacque nella storia recente della Chiesa, in realtà il punto di svolta del rapporto tra la Chiesa e la modernità inizia prima, nella sfida dei totalitarismi e nella nascita di due concetti di Chiesa che l’autore chiama Chiesa paterna e Chiesa fraterna.

Entrambe le concezioni, si sostiene, vengono a patti con la modernità – intesa dall’autore come liberalismo politico e sociale – in modo differente, come reazione all’impatto della storia. Le caratteristiche di questo liberalismo moderno sono pluralismo religioso, stato secolare e diritti umani. Ad un certo punto la Chiesa abbandona la lotta contro questi principi che aveva intrapresa nel XIX secolo e in qualche modo cerca di integrarli.

Se la prima guerra mondiale pare sancire il fallimento della modernità, le ideologie che sorgono immediatamente dopo, fascismo e comunismo, sembrano offrire una soluzione alla frammentazione sociale, al cieco materialismo e alla disparità tra le classi. La tesi è che la Chiesa, minacciata, passi da antimoderna ad antitotalitaria, abbracciando, nel processo, il liberalismo. Questo avviene in due modi.

Il cattolicesimo “paterno” insiste sul fatto che Chiesa e famiglia sono istituzioni pre-politiche, la sorgente più profonda di rinnovamento sociale e spirituale nella società. Al fine di limitare il potere statale, il Cattolicesimo paterno abbraccia i diritti umani, enfatizza la dignità umana e difende la libertà individuale. Questa visione prevale nell’immediato dopoguerra, ma la trasformazione della società dovuta all’aumentata prosperità causa il suo declino.

Il cattolicesimo “fraterno”, il preferito dall’autore del libro, resiste al totalitarismo facendo appello allo spirito di fraternità, cooperazione e reciprocità. Mentre il Cattolicesimo paterno per combattere i regimi totalitari si appoggia sulle controautorità, la cultura morale della famiglia inscritta dalla legge naturale e l’autorità della Chiesa basata sulla legge divina, il cattolicesimo fraterno si poggia su un’etica antiautoritaria. La visione di questo modello di Chiesa è una cooperazione mondiale senza autorità né nazioni. Un pluralismo che oggi è sfociato nella teoria gender, nel multiculturalismo e nel globalismo. Per usare metri politici, mentre il primo dei due modelli è fieramente anticomunista, l’altro è assolutamente antifascista.

Mi viene da dire che se l’approccio paterno è verticale, quello fraterno è orizzontale. Il padre difende i figli dal totalitarismo, perché il padre è Uno – e non il leader del momento: altrimenti, non è che un padrone. Ma la famiglia di tipo fraterno è quella dove il padre è assente, o dimenticato. Idealisticamente utopica: il fratello è come te immerso nel peccato. Il fratello ti tradisce; il fratello ti vende, quando si dimentica di essere fratello perché non c’è più un padre.

Come sappiamo bene, ambedue le varianti di cattolicesimo descritte sopra rischiano di fallire miseramente quando perdono di vista il loro seme iniziale e si riducono ad una prospettiva sociale e politica. Da un lato, il modello “paterno” può decadere a mosca cocchiera di regimi che garantiscano almeno nominalmente i privilegi di libertà e rispetto della famiglia, dall’altro i “fraterni” senza una vera guida passano ad essere gli utili idioti di ideologie antireligiose, accecati da un’utopia irrealizzabile. Dimenticando gli uni e gli altri cosa sia il peccato originale, e smarrendo la fede in Dio.

In una certa maniera questo è dovuto proprio a quella commistione con il liberalismo che si diceva all’inizio. Tutto è appiattito in politica e sociologia, quando non economia. L’incertezza del padre si risolve nel disprezzo del fratello. Una società pluralistica dove non c’è una sola verità non è in grado di mantenersi senza deificare se stessa. Il dissidente, in qualunque forma appaia, sarà demonizzato e rifiutato.

Sebbene dissenta, come l’autore del pezzo, dalle tesi del libro, devo tuttavia ringraziare davvero la lettura perché mi ha consentito di dare un nome a quello che vedo accadere oggi. Oggi è il trionfo del cattolicesimo fraterno; e dargli un nome mi ha chiarito il disagio che sento quanto odo chiamare Gesù dall’altare “nostro fratello”. Io sono un sostenitore dell’approccio paterno – ma senza liberalismo, com’è reso possibile solo dal ricordare che c’è qualcosa di più grande e, mi si passi, più concreto del “mondo”. Sostiene Reno:

Nelle nostre circostanze contemporanee, noi non saremo protetti dal liberalismo classico e dai suoi principi, che non hanno maggiori probabilità di essere rispettati dai progressisti di oggi di quanto non lo fossero dai fascisti e dai comunisti, che pure affermavano di servire il futuro. Il cattolicesimo paterno lo sa bene. L’unica protezione affidabile contro il totalitarismo – duro o dolce, rafforzato dalle punizioni o mandato avanti dalla seduzione, che si presenti sotto le sembianze del liberalismo o sotto qualche altra etichetta politica – sono potenti contro-autorità radicate in fiere lealtà verso verità naturali e rivelate.

Fonte: Berliche.com

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