Esiste un potere che non nasce dal compromesso ma che è frutto della crescita nella giustizia e del progressivo svelamento della Verità all’uomo
Caro direttore, oggi meditare sul “potere” non è di moda. Anzi, possiamo insinuare che si tratti di una delle grandi questioni estremamente esorcizzate in qualsiasi dibattito, pubblico o privato che sia.
Ciononostante, nella nostra società estremamente gassosa e post-moderna, il potere e l’applicazione di esso hanno assunto un ruolo sempre più sostanziale. Da Hiroshima in poi infatti l’intera società umana si è trovata dinanzi a un potere, quello nucleare, essenzialmente incontrollabile dalla collettività. L’intera contemporaneità ha vissuto questo dramma, inedito nella storia dell’uomo. L’esercizio del potere, oggi più che ieri, è divenuto in questo modo cruciale per la definizione dei rapporti di forza che regolano le relazioni umane, dal nucleo familiare ai consessi internazionali, dall’ambiente lavorativo alle crisi governative.
Per questo è necessario riscoprire il valore etico del potere, ossia cercare di rispondere con coerenza alla domanda: “esiste un potere buono?”, o ancora meglio: “si può esercitare bene il potere?”.
Da queste domande, sorte dalla lettura di La fine dell’epoca moderna – il potere di Romano Guardini, di Il potere dei senza potere di Vaclav Havel, e di L’Io, il potere e le opere di Giussani, il “Centro Culturale Vivere Salendo” ha organizzato, tra il 25 e il 26 gennaio, un week-end formativo sul tema del “potere”, presso la Casa di Spiritualità del santuario di Madonna dell’uva secca di Povegliano Veronese.
L’Associazione, nata nel 2012 e costituita da un nutrito gruppo di giovani veronesi interessati alla Dottrina sociale della Chiesa e alle sue applicazioni sociopolitiche, ha proposto una serie di conferenze sul ruolo del “potere” nella Bibbia, tenute dalla biblista e volto noto televisivo Antonella Anghinoni.
La Sacra Scrittura infatti tratta ampiamente il tema e di tutte le sue variabili applicazioni, perverse o salvifiche, fonte di perdizione o di redenzione.
L’Antico Testamento in particolare propone esempi paradigmatici, in cui il potere esercitato senza sapienza e pietà porta alla rottura dell’alleanza con il Signore. Si sono studiati casi come quello del re Saul, in cui l’esercizio sconsiderato del potere regale lo porta alla pazzia e alla morte per suicidio, oppure quello della regina Gezabele, in cui lo stesso potere ammaliante che le permette di manovrare il debole marito Acab la condanna alla tragica morte per la ribellione dei propri servi.
Se il testo biblico è magistrale nel presentare gli effetti distruttori dell’errato esercizio del potere, esso non è da meno nel proporre un potere che libera e che salva. Un esempio in questo senso è dato dalla celebre figura di Ester, che trova il coraggio di assumersi la propria responsabilità di regina per arrestare l’editto di uccisione degli ebrei emanato dal marito Assuero.
La grande esemplificazione però del “vero potere” trova atto in tutta la narrazione neotestamentaria e nel ministero pubblico di Gesù Cristo, in particolare nei brani evangelici della madre di Giovanni e Giacomo (Mt 20, 17-28 e Mc 10, 35-45) e nel racconto della lavanda dei piedi (Gv 13, 1-20). In Cristo dunque il potere assume la sua chiara e ultima manifestazione: non più quella di potestas, ma di auctoritas, autorevolezza. Un’autorevolezza che nasce dalla sequela e dal profondo desiderio di bere dal Suo calice, di configurare l’ordinarietà alla Luce della Verità e di seguire la via della Croce attraverso il servizio.
La distinzione tra auctoritas e potestas è stata riproposta anche nella serata di Sabato 25 gennaio dal medico e scrittore Paolo Gulisano, che ha allietato i partecipanti con una conferenza sul ruolo del potere in quella grande epopea letteraria che è il Signore degli Anelli, in cui al potere distruttivo e indomabile dell’Anello, che continuamente seduce tutti i personaggi del romanzo, si contrappone l’autorevolezza dei grandi saggi della Compagnia, primi tra tutti Gandalf e Aragorn.
È possibile così rispondere alla domanda iniziale. Esiste un potere che non nasce dal compromesso ma che è frutto della crescita nella giustizia e del progressivo svelamento della Verità all’uomo. In sostanza, esiste un potere buono perché è possibile, anzi è un dovere morale, esercitare bene il potere.
Fonte: Stefano Sasso | Tempi.it