Si è svolta oggi a Milano, presso l’Hotel Michelangelo, l’assemblea dei servizi del Movimento Cristiano Lavoratori (Mcl). L’evento è stato anche l’occasione per un incontro con a tema “La persona oltre il click”, pensato per sottolineare il ruolo dei corpi intermedi (che vivono un periodo cruciale anche in vista della riforma del terzo settore) e la cui funzione appare sempre più essenziale quale trait d’union fra politica dei palazzi e presenza sociale, in un mondo che tende a dividere e sempre meno incentrato sulle relazioni umane, asettiche e relegate al “virtuale”. Pubblichiamo di seguito l’intervento pronunciato da Carlo Costalli, presidente di Mcl.
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Le nuove tecnologie sono utili quando sono al servizio delle persone, quando sono strumenti che migliorano la vita dei cittadini, quando creano una società aperta e inclusiva e rappresentano un supporto per la crescita e per uno sviluppo sostenibile.
La democrazia rappresentativa da sempre è un elemento costitutivo dello Stato, nasce e accompagna il suo divenire. In una democrazia rappresentativa i cittadini possono intervenire nei processi decisionali e, attraverso i propri rappresentanti, imporre modifiche alle decisioni. La democrazia diretta o digitale è cosa ben diversa: i cittadini hanno un potere decisionale solo in comunità di piccole dimensioni e su questioni di portata limitata. Sulle grandi decisioni politiche la democrazia diretta, e ancor più la democrazia digitale, affida al “popolo” solo il potere di dire un Sì o un No a domande formulate da minoranze dirigenti, non sottoposte a controllo o a sana competizione. Da questo è evidente che non si può parlare di vera democrazia, perché il rischio è quello di vivere in una società sottoposta a una manipolazione permanente, dove tra l’altro le domande contano più delle risposte.
Nelle decisioni politiche prescindere dai meccanismi della rappresentanza, e dal concorso plurale dei corpi intermedi, rischia di minare pericolosamente le basi della democrazia, che non può essere consegnata a distorte concezioni di gestione diretta, telematica o a leadership costruite al di fuori del circuito della rappresentanza democratica.
In un’epoca come quella in cui viviamo molti si chiedono, però, se servano ancora il volontariato, il Terzo Settore, i corpi intermedi, scavalcati dai social che danno l’impressione a ciascuno di incidere individualmente sulla realtà. È ancora utile che i cittadini nelle nostre democrazie occidentali, spaesati dentro i grandi flussi di informazione e impotenti davanti ai fenomeni globali, si organizzino assieme per esprimere fattivamente la loro scelta comune di operare? In altre parole: è ancora utile il Noi, in uno sterminato mondo di tanti Io?
Ci troviamo in una stagione particolare che dà poco valore alla socializzazione e molto alla riuscita individuale. La diffusa voglia di comunità o di socialità di una volta si è affievolita in favore di una marcata stagione di individualismo, non solo in Europa ma – con le debite differenze – un po’ a tutte le latitudini: dalla comunità all’individuo.
Oggi le reti e le aggregazioni che formano il tessuto sociale sono sempre più fragili a tutti i livelli: politico, religioso, sindacale, internazionale. Si indebolisce anche il legame familiare, comunitario, associativo o ambientale.
In una società in cui i legami sono vissuti come costrizione o come contratti, l’essere autonomi è percepito come una qualità sociale altamente desiderabile? Siamo oggi tutti più liberi, ma anche più soli e i legami rischiano di essere considerati un freno all’affermazione individuale. Ma noi non siamo d’accordo.
Il cambiamento è evidente: una volta vaste reti, create dal volontariato politico, civile o comunitario, dai partiti politici, dai corpi intermedi, organizzavano la vita con un modello capillare e creavano solidarietà. Accanto a questi si era formato un vasto mondo associativo operante nel sociale, dalle cooperative all’associazionismo, fino alle imprese del privato-sociale. Tutto ciò ha costituito il nucleo originario di ciò che oggi chiamiamo Terzo Settore: né pubblico, né privato, ma imperniato sulla cittadinanza attiva.
Il volontariato era diventato un valore insito nella società stessa e l’Italia era descritta come il paese dei volontari, in ogni ambito. Un reticolo di iniziative in cui le frontiere tra volontariato puro e iniziativa privata classica quasi si confondevano. Allo stesso tempo era un universo dalle forti identità, in cui ogni esperienza si poneva come unica nel suo genere.
Tutto questo, almeno da due decenni, vive un certo declino. I primi segnali si sono manifestati nelle periferie, urbane e umane, laddove i legami sociali si sono rarefatti, le reti sono entrate in crisi, collettività ed esperienze sociali sono talvolta venute meno, provocando la creazione di ghetti in un deserto di solitudini.
Questi cambiamenti sociali sono frutto di profonde trasformazioni.
Tra la fine del secolo scorso e il nostro è avvenuta una vera rivoluzione, silenziosa ed aggressiva: l’affermazione del mondo globale. Non ci siamo accorti subito delle sue ricadute antropologiche: è cambiata la percezione degli eventi, sembra non esistano più muri di protezione e ci si sente esposti a venti che vengono da lontano. Le conseguenze di questa globalizzazione sulle comunità sociali sono ormai evidenti: sempre più in “rete” (nel senso del web), ma senza reti sociali ed umane…
Emerge una richiesta alla politica di rafforzare le frontiere: di fronte agli orizzonti sconfinati del mondo globale, riaffiora il nazionalismo che chiede garanzie per i confini e gioca senza timore con la contrapposizione, con la logica del nemico.
Un paese senza reti sociali rischia di costruire una società di “io soli e spaventati”, che guardano al mondo esterno come ad una minaccia.
Allo stesso tempo, però, oggi vediamo che emerge in tanti il bisogno di abitare il mondo globale in modo meno anonimo e isolato: la ricerca di una nuova dimensione comunitaria non è solo un’eredità del passato ma qualcosa da reinventare. Creare spazi comuni di impegno dentro la società risponde ad un desiderio ancora fragile, ma diffuso, di ricostruire la comunità sociale. Oggi si avverte l’esigenza di una socialità aperta capace di integrazione con l’altro.
Lo spazio del Terzo Settore non è allora una nicchia di valorosi del passato ma il laboratorio di una nuova società civile, in grado di riconnettere il tessuto sociale. Per questo occorre una rinascita di passione civile che spinga a mischiarsi nella dinamica controversa della società globale. Creare reti e comunità sociali fa bene all’Italia tutta e l’aiuta a crescere.
Non possiamo accettare che la nostra società si ritragga nei particolarismi e nei localismi impauriti. In Italia tale fenomeno d’introversione ha ridotto speranze, ridimensionato progetti e sogni, aumentato la paura. Urge ricostruire una dinamica sociale intesa come passione per l’Europa, per il mondo, in un’Italia che guardi al futuro come responsabilità e desiderio di partecipare. Esiste già molto: l’universo associativo che mantiene vincoli di relazioni anche con paesi lontani; aggregazioni di ogni tipo; il commercio equo e solidale; le cooperative; le comunità ed imprese degli immigrati; chi lavora per la difesa dell’ambiente e, soprattutto, la grande rete dei servizi alla persona in ogni angolo d’Italia, creata e fortificata dai corpi intermedi.
Ma tanta generosità non può resistere se non sostenuta da una visione comune e da una cultura condivisa.
È la sfida che come Mcl abbiamo davanti.
È qui che si inserisce il ruolo (e lo spazio) dei servizi alla persona: concretamente.
Insomma, quale sia il ruolo politico, in senso lato e nobile, del Terzo Settore oggi e soprattutto domani. Su questo c’è un tema interno ed uno esterno su cui riflettere. Internamente: il dato quantitativo della crescita non può essere l’unica chiave per fotografare il fenomeno e la funzione del Terzo Settore oggi. Ci sono almeno tre questioni che stanno davanti al Terzo Settore per quanto riguarda la propria efficienza e perciò la propria efficacia trasformativa, politica.
A tema ci deve essere una maggiore capacità imprenditoriale e operativa; è necessaria, in secondo luogo, una minore dipendenza dalla politica, specie quella locale (accordi con assessorati, affidamenti diretti…). Terzo, il discorso dell’allargamento e differenziazione delle fonti di finanziamento e delle risorse e, perciò, il raggiungimento di una maggiore indipendenza di azione e di pensiero. Noi su questi temi siamo già un passo avanti! La nostra autonomia è un vanto ed un punto di forza.
Tutto questo non dipende dai cambi di governo e dalla posizione dei partiti che si avvicendano, si tratta piuttosto di un’autoriforma, di un processo di crescita che deve andare avanti in modo omogeneo, diversificato al suo interno: il coefficiente di efficacia è troppo vario, ci sono situazioni di eccellenza e situazioni, in giro per l’Italia, molto mediocri e qualche volta imbarazzanti!
Abbiamo perso tempo, lasciato correre, ma la mano invisibile non provvede a tutto. Chi sa interpretare le domande di chi non ha (casa, lavoro, certezze, sicurezza, salute, giustizia, reti di sostegno), di chi non è in grado di mobilitare risorse proprie, di chi è rimasto privo di radici e necessita di essere integrato (o reintegrato)? Chi sa dare voce e sostanza alla questione ambientale in maniera incisiva, senza accontentarsi di soluzioni semplici o di soluzioni ideologiche?
Ci sono molte questioni in cui la galassia di azioni e buone pratiche, debolmente capaci di connettersi tra loro, ancora faticano a diventare politiche: ma noi ci stiamo attrezzando, anche a Milano, anche in Lombardia.
È attraverso l’estesa rete territoriale, in Italia e all’estero, rappresentata dagli uffici, dai circoli, dagli operatori e dai tanti collaboratori volontari, che il Mcl contribuisce a cucire i legami della società, favorendo la partecipazione, l’inclusione e la democrazia. Rete, diciamolo, con un po’ di orgoglio, “in continua crescita”. In tutta Italia: in particolare a Milano e in Lombardia.
Un ruolo fondamentale in questa azione di cucitura tra Stato-apparato e Stato-comunità da sempre lo hanno i servizi alla persona, che gli enti e le imprese sociali del Mcl ogni giorno svolgono: un sistema diffuso e organizzato sul territorio che promuove il lavoro e i lavoratori, educa, incoraggia alla cittadinanza attiva, difende, aiuta e sostiene i cittadini, in particolare quanti si trovano in condizione di emarginazione o a rischio di esclusione sociale.
Di fronte alle continue riduzioni dei finanziamenti e ai ritardi nelle erogazioni da parte dei soggetti pubblici che ne rimborsano le prestazioni, il Mcl, invece di adeguarsi al ridimensionamento che ne sarebbe derivato, ha scelto di investire per crescere.
Tale sviluppo è stato possibile solo grazie al forte coordinamento, al centro e in periferia e tra il centro e la periferia, delle tre linee che ne hanno caratterizzato l’azione: quella organizzativa, quella finanziaria e quella politica.
Guardando in prospettiva dobbiamo partire dal presente e dall’esistente, da ciò che siamo diventati oggi, dopo anni di lavoro, di duro lavoro, di rafforzamento della presenza, strategica, territoriale e di crescita dell’offerta in termini qualitativi (oltre che quantitativi).
L’esistente attiene a ciò che siamo ed alla realtà in cui ci troviamo ad operare, al ruolo fondamentale dei territori, delle nostre sedi provinciali, dei nostri operatori e dirigenti, con i quali vogliamo condividere un percorso di crescita e di ampliamento della rete dei servizi, come risposta ai bisogni delle persone e come modello di sussidiarietà, da realizzare attraverso un allargamento delle competenze e delle funzioni, con progetti innovativi nel campo della cura alla persona e dell’alta formazione professionale, dialogando attivamente con le istituzioni. Dobbiamo dare sempre più attenzione alle proposte nuove, di ampliamento dei nostri servizi e dei nuovi servizi, in una società in continua trasformazione.
Una sfida difficile ed impegnativa che stimola tutti, tutta la famiglia del Mcl, avendo scelto un impegno associativo che nella dimensione comunitaria trova la sua realizzazione massima.
Un impegno che richiederà sempre maggiori risorse umane ed economiche, che passerà dal rafforzamento delle sinergie tra servizi e fra questi ed il Movimento per rinnovarsi e stare al passo con il continuo mutare del quadro normativo di riferimento per i servizi alla persona, adeguando ed aggiornando, nel contempo, il modello organizzativo, avendo sempre come punto di riferimento il valore del rispetto delle persone che sempre contraddistingue il nostro Movimento.
Fonte: Carlo COSTALLI | Tempi.it