Una donna di 23 anni ha deciso di far causa alla clinica Tavistock, l’unica specializzata nel Servizio per lo sviluppo dell’identità di genere, perché le ha consentito di bloccare la pubertà a 16 anni e, in seguito, prendere ormoni per la transizione:
“Avrebbero dovuto indagare di più sulle cose che asserivo, questo avrebbe fatto una grande differenza perché la strada che mi hanno lasciato percorrere ha alterato la mia vita per sempre”. (Corriere)
Si chiama Keira Bell ma c’è stato un tempo in cui avrebbe tanto voluto essere chiamata altrimenti, con un bel nome maschile. A sedici anni si era convinta che diventare un maschio, poiché maschiaccio si sentiva fin da piccola, avrebbe messo fine al tormento che le davano i coetanei bullizzandola e a quello che forse si autoinfliggeva non piacendosi sotto nessun aspetto, e prendendo alla lettera quel senso di essere esiliata in un corpo che le sfuggiva. Si era convinta che cambiare sesso – loro dicono genere ma è una inutile complicazione – l’avrebbe fatta accedere a quel benessere e a quella pace che, possiamo dire con certezza, erroneamente credeva concessa a tutti o alla maggior parte degli “altri”. E invece, se avesse avuto tempo e modo di guardare meglio e più a fondo, si sarebbe accorta che l’adolescenza, cioè crescere, era difficile per tutti. Chi doveva garantirle questo tempo e questo spazio per capire e non l’ha fatto? Chi doveva lasciare che si arrabbiasse, battesse i pugni e se la prendesse con i grandi ottusi e invece l’ha accompagnata in clinica?
Ma non divaghiamo.
Ora, dopo un vero e proprio calvario, fatto di farmaci che sembrano veleno e interventi che equivalgono a mutilazioni (mastectomia bilaterale. A una ragazza di 20 anni: seni giovani, sani, presi e buttati. Perché di questo si tratta), la tragica scoperta di essere stata tradita dal mondo dei grandi che doveva proteggerla. Così Keira si è fatta coraggio e ha deciso di chiedere conto a chi ha sbagliato infliggendo al suo corpo danni irreparabili almeno quanto quelli procurati alla sua psiche, lasciata senza l’amore e senza la legge che in quegli anni avrebbe dovuto custodirla.
La tesi degli avvocati di Keira Bell è che un adolescente non può dare il consenso informato a un trattamento del genere. (Ibidem)
E non è la sola. È un duro colpo, questo, per il sistema generale che si regge come un elefante su un tavolo di cartapesta, autodeterminazione ad libitum, se desideri puoi, vietato vietare e via polverosamente farneticando.
A raccontare il caso che sta scuotendo il mondo britannico è la Bbc che ha anche intervistato la ragazza in video. Il processo dovrebbe iniziare a luglio e il suo risultato avrà sicuramente un impatto sulle politiche britanniche sull’identità di genere e il cambiamento di sesso. (Ibidem)
Era una bambina di quelle normali ma che con la filippica continua del no alla imposizione di stereotipi si è trovata stereotipata nella sua stranezza, che invece era del tutto accettabile e degna di un accompagnamento saldo, rassicurante, equilibrato. Chi non si è sentita almeno un po’ un maschiaccio, almeno una volta dai? Io mi ci sentivo, per esempio e ricordo di avere chiesto più volte a mia mamma come mai non fossi un bel maschio come i miei adorati fratelli. Mia mamma, senza scuotersi più di tanto, diceva che la questione era che ero nata femmina e che essere donne aveva la sua (grande) bellezza e i suoi vantaggi. Poi lasciava che andassi a giocare a calcio con loro, i maschi. E “a mamme” con la mia amica Greta. Fine della storia. Che sollievo essere nata più di 40 anni fa e in Italia, allora.
Keira dice che l’idea della transizione di genere non le è sorta subito ma informandosi in rete. (rivedere il livello di allerta per la locuzione “informarsi in rete”)
La ragazzina si è presentata alla Tavistock a 16 anni e ha ottenuto la prescrizione della triptorelina, un farmaco usato per curare il cancro alla prostata ma che viene dato off label come bloccante della pubertà, dopo solo tre colloqui da un’ora.
Naturalmente la Tavistock non fa che ribadire a suon di avverbi l’approccio estremamente cauto e profondamente rispettoso che avrebbe usato ma le voci discordanti aumentano. Ex dirigenti dell’ospedale dichiarano che invece le pressioni esercitate da gruppi trans politicizzati sono fortissime. Altri ex colleghi del manager dimesso lo hanno confermato.
Prima e oltre tutte le polemiche e la sacrosanta battaglia legale che questa giovane sta sostenendo vorrei esprimere la mia solidale vicinanza a lei e a tutti i bambini oggetto di una simile atrocità, vittime di una vera e propria violenza. E’ questa che Keira denuncia: non mi avete ascoltata davvero, non mi avete custodita, non mi avete protetta da me stessa e dalla mia naturale immaturità!
“Avrebbero dovuto indagare di più sulle cose che asserivo, questo avrebbe fatto una grande differenza perché la strada che mi hanno lasciato percorrere ha alterato la mia vita per sempre”. .
Dichiara alla BBC.
Ma cosa ci vuole a capirlo? I bambini e gli adolescenti esigono da noi genitori, da noi adulti, da tutta la comunità, regole, leggi, argini, confini, muri di no alti sei metri. Così poi ci posso odiare come si deve, ma più tardi, invece, possono tornare a ringraziarci e nel frattempo, se avranno osato anche loro buttarsi nell’avventura di diventare adulti e genitori, sapranno cosa dire ai propri figli davanti alle porta sbattute, le urla, i “ti odio!” e non si impressioneranno più di tanto.
Fonte: Paola BELLETTI | Aleteia.org