Non si combatte contro la paura, quella vera, a suon di scritte e arcobaleni. Siamo cristiani, sappiamo sperare contro ogni speranza e restare lieti anche se non toccherà a noi vedere spuntare l’arcobaleno.
Ai bambini non bisogna mentire. Ok, se vi chiedono “cosa stai mangiando?” è ovvio che non potete confessare che avete una scorta di merendine al cioccolato di cui non sanno nulla e allora dovete rispondere per forza “pane”. Ma quella è legittima difesa spesso oppure fa proprio parte della terapia che vi ha prescritto lo psicanalista (la mia conta una merendina e un pacchetto di patatine a settimana in solitaria, almeno). Ai bambini non bisogna mentire sulle cose serie: tipo il dolore, la morte, la paura. Non è facile, perché davanti a quelle domande che sentimenti così devastanti sollevano, ancora il bambino che abbiamo dentro avanza gli stessi “perché?” senza risposta che leggiamo negli occhi dei nostri figli. Noi, che siamo i loro supereroi, dobbiamo insegnare loro che non c’è niente di più eroico che togliersi la maschera per asciugarsi le lacrime, che vivere con coraggio una vita senza superpoteri, una in cui, mi spiace, ma non sempre “andrà tutto bene”, come leggo ovunque questi giorni.
E non datemi della pessimista o della disfattista a cui non sta bene niente: è che a me non piacciono le bugie o la speranza usa e getta, come gli striscioni ai balconi che al primo acquazzone sono già da buttare. La vita non va sempre bene e anche se speri tanto nel lieto fine, spesso la fragilità ha il sopravvento. Non sta andando tutto bene per chi si trova in un letto di ospedale e non ce la farà, non sta andando bene per chi piange un familiare, non andrà bene per medici e infermieri a cui l’epidemia di Coronavirus lascerà tante ferite nell’anima. Certo, per la maggior parte di noi andrà tutto bene nel vero senso della parola, la vita tornerà a scorrere presto o tardi, come ci ricorda questa primavera che continua imperterrita ad avanzare coi suoi fiori e le giornate che si allungano.
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Ma potrebbe arrivare un giorno in cui, anche sotto a un bellissimo arcobaleno, di quelli che facciamo disegnare questi giorni ai nostri figli, potremmo continuare a vivere immersi in una tempesta. Guardare alla vita con positività è doveroso, necessario e se disegnare e continuare a lanciare hashtag di conforto serve a stemperare l’ansia e la paura di questi giorni, continuiamo a dircelo e a dirlo anche ai nostri figli, ma quello che vorrei davvero che capissero è che anche quando le cose si mettono male, quando manca il “felici e contenti” per cui lottare fino in fondo, non deve esserci la disperazione della sconfitta, l’amaro della disillusione.
Facciamoci forza a vicenda, ma non aggrappandoci solo al lieto fine multicolor a tutti i costi e su tutti i social, altrimenti, se per caso non arriva, sarebbe stato vano aver vissuto con coraggio il temporale, sarebbe stato solo affidarsi a un ottimismo che tradisce nei nostri occhi l’incertezza (e se c’è una cosa che i bambini sanno leggere benissimo, sono proprio gli sguardi). E’ il momento di non dire bugie ai nostri bambini, di non nascondere la nostra paura, le lacrime, l’angoscia per questo vivere “alla giornata”. Senza isterismi da Apocalisse, certo. Di quelli non hanno bisogno né loro né noi.
E’ il momento di vivere da supereroi la nostra fragilità con l’unico super potere che abbiamo: la speranza che ci fa essere certi che niente è vano, soprattutto il sacrificio. Non un ottimismo da appendere al balcone alla ricerca di quella vicinanza che ci manca tanto in arcobaleni che, però, svaniscono presto, il tempo di una Quarantena, ma una speranza che illumina la solitudine e il dolore, da custodire nel cuore anche per quando non andrà tutto bene. Quella che ti fa dire “grazie” se sembra non esserci nulla per cui ringraziare, “sia fatta la tua volontà” quando davvero pare palesemente ingiusta, “a ogni giorno basta la sua pena” in quei momenti in cui sembra tutto “troppo” da portare. Non cadremo nella disperazione e non saremo impreparati se sappiamo, come ho letto in alcuni post Facebook, non che “tutto andrà bene”, ma che “tutto concorre al bene”. Sempre. Il punto non è rendere le cose “facili”, fare miracoli a tutti i costi, il punto è vivere bene ogni tempo che ci è dato, anche quello della sofferenza e della fine. I nostri bambini potranno guardare al futuro più o meno luminoso che li aspetta con serenità solo se avranno visto noi affrontare il buio con una luce salda nel cuore, una meno labile di un arcobaleno dai contorni sfocati, che dura giusto il tempo dell’ennesima tempesta.
Con questa speranza, sono davvero certa che andrà tutto bene, anche quando su questa terra non mi sarà dato di vederlo, l’arcobaleno!
Fonte: Aleteia.org