Il 9 maggio 1950 Robert Schuman, allora ministro degli Esteri francese, propose la creazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio, la prima di una serie di istituzioni europee sovranazionali che avrebbero condotto a quella che si chiama oggi “Unione europea”. “Non si è fatta l’Europa, abbiamo avuto la guerra. L’Europa – disse Schuman – non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.
Un cammino faticoso e difficile, ma che finalmente il 25 marzo 1957 diede vita a un esperimento unico nel mondo: i plenipotenziari di Francia, Germania, Italia, Belgio, Lussemburgo, Olanda, firmarono a Roma il Trattato che fece nascere la Comunità Economica Europea (CEE).
Come non tornare a quegli anni proprio oggi che siamo più che mai divisi, ripiegati su noi stessi e impauriti? Dove sono allora le azioni concrete e la solidarietà di fatto tanto invocate dai padri fondatori? Dov’è quell’”umanesimo integrale” pilastro della nostra cara e vecchia Europa? Il filosofo francese Jacques Maritain parlava infatti di un uomo moderno, chiuso nell’immanenza, in relazione alle sole forze dell’economia e della politica e riteneva necessario dimostrare che l’azione umana efficace è quella che si fonda sui mezzi spirituali, poveri, non autoritari, non ideologici. Lo scopo è il servizio alla persona, non la conquista o l’egemonia.
Ed è proprio in questo contesto culturale, che Adenauer, De Gasperi e Schuman, tre cattolici, nati in terre di confine dove i contrasti si amplificano e si comprendono meglio per imparare a convivere, leader di partiti cristiani, liberi dalle ideologie protagoniste della seconda guerra mondiale e dalla storia dell’Europa delle grandi potenze, cominciarono a gettare le basi di una nuova Europa, nata forse meno spontaneamente dell’impero, più politica e dettata da esigenze pratiche, soprattutto economiche, ma dove l’adesione richiese innanzitutto l’esercizio della libertà: decidere se entrarne a fare parte o meno. Alle soglie del terzo millennio, l’Europa è difronte ad un’emergenza mai vista e forse mai pensata e appare in crisi, disorientata e indecisa. Non c’è tempo, il virus corre più veloce delle diplomazie e della burocrazia. Il virus porta con sé morte, povertà, crisi economica. Si può restare a guardare o si può agire. Si può scegliere di farlo insieme, ancora una volta.
Fonte: Susanna LEMMA | InTerris.it