Pubblichiamo la lettera che l’autrice, preside del Conservatorio San Niccolò di Prato, ha inviato alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina il 21 aprile scorso
Pubblichiamo la lettera che l’autrice, preside del Conservatorio San Niccolò di Prato, ha inviato alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina il 21 aprile scorso.
Cara Ministra Azzolina,
sono la Preside del Conservatorio San Niccolò di Prato, una scuola paritaria di lunga tradizione (dal 1784!) con tutti i cicli di istruzione dal Nido al Liceo Scientifico.
Ho visto la reazione positiva che Lei ha avuto all’editoriale di Paolo Giordano sul Corriere della Sera dello scorso 17 aprile nel quale l’autore chiedeva la possibilità almeno di un orale in presenza per i maturandi.
Credo che tutti concordiamo che ciò sarebbe auspicabile. Ma io credo che prima della forma dell’esame, sia necessario che Lei definisca il contenuto di questa prova, che – in assenza degli scritti – potrebbe avere un peso notevole sulla valutazione finale degli allievi. Ad oggi, a poche settimane dalla fine dell’anno scolastico, gli studenti attendono ancora di sapere come avverrà l’esame.
La domanda a cui credo dobbiamo rispondere è: cosa andiamo a valutare al termine di questo anno così particolare negli annali della scuola italiana?
Per rispondere a questa domanda, penso occorra guardare a quello che in questi mesi stiamo vivendo. Ai nostri studenti è stata riservata un’esperienza inedita e drammatica: stanno vivendo da settimane chiusi in casa, dovendo forzatamente rinunciare alla loro solita quotidianità fatta di rapporti affettivi, attività sportive, momenti comuni di divertimento e di viaggio. Forse per la prima volta da molti anni un’intera generazione è stata chiamata a vivere un momento di fatica reale, connotata da paure e preoccupazioni normalmente estranee alla loro età; a scontrarsi direttamente o indirettamente con il dolore e la morte.
Tutto questo sta producendo – in tanti ragazzi – domande che dialogano come non mai con le pagine che studiano: ho letto temi, ho ricevuto lettere, ho ascoltato riflessioni sulla letteratura, la filosofia, l’arte o la storia che non mi era mai capitato di leggere e ascoltare. Mai come ora hanno sentito amica la scuola, hanno cominciato a intuire che il percorso scolastico è partecipe della loro umanità ferita.
Certamente questo è anche il frutto dell’azione della scuola. Nella mia scuola siamo partiti immediatamente con la didattica a distanza, ricreando una scuola virtuale con aule e spazi di aiuto, con un orario e una programmazione rimodulate sull’emergenza e riuscendo a raggiungere tutti (veramente tutti!) gli studenti. I docenti non hanno lasciato mai soli gli allievi, dialogando con le loro domande, coinvolgendosi quotidianamente con la loro fatica. È stato commovente per me vedere la disponibilità di tutti gli insegnanti: mai li ho visti così consapevoli della loro responsabilità educativa, così umani nell’accompagnare gli alunni piccoli e grandi come in questa occasione! Il Paese è stupito e grato dell’opera dei sanitari, del loro sacrificio, che ha dentro un margine di gratuità, di condivisione del dolore dei malati che documenta la ricchezza umana del nostro popolo. Io ho visto lo stesso impeto nei nostri docenti e credo che accompagnare i bambini e i ragazzi a vivere questa situazione sia per il Paese altrettanto importante di chi accompagna a morire o a lottare nella malattia.
Per questo credo che quest’anno potremo veramente fare un reale esame di maturità. Perciò, Ministra, la prego: definisca presto il contenuto della prova che li attende e non dimentichi che la domanda che io vorrei fare ai miei alunni quest’anno è: cosa hai imparato in questi mesi? Come quello che hai studiato ha dialogato con la fatica che hai vissuto, con le domande che ti sono esplose dentro? Sarei molto desiderosa di sentirli raccontare a noi adulti, a voce alta, quello che tanti mi hanno scritto o detto: sarebbe un tesoro prezioso per la scuola italiana e per il nostro Paese.
Forse potrebbe essere un passo di ripartenza reale raccogliere le esperienze di tanti ragazzi, che in questi mesi di prova sono realmente maturati, fino a sentire quello che stiamo vivendo non come una maledizione, ma come un’eccezionale occasione di crescita.
E penso che lo stesso contenuto possa avere l’elaborato previsto per l’esame di terza media.
Credo che davanti al futuro incerto che ci aspetta, quello che in tanti ragazzi sta avvenendo sia il seme di una speranza reale: non soffochiamolo, ignorandolo o imprigionandolo in forme che nulla hanno a che fare con l’esperienza che stiamo facendo.
Fonte: Mariella CARLOTTI | IlSussidiario.net