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Bisogna salvare le paritarie anche se sono dei diplomifici?

Perché darsi da fare anche per quelle scuole che “se paghi, sei promosso”?

Nel dibattito sulle paritaria pubblichiamo le considerazini di E. BOFFI in merito al parere di un ex docente di scuola paritaria che riporta la sua personale esperienza di studente di una scuola paritaria (eccezionale) e di docente di un’altra scuola paritaria (pessima). La conclusione del lettore riconosce che essendo la realtà delle scuole paritarie una realtà molto variegata, la battaglia dovrebbe essere battuta solo  “per le scuole paritarie che meritano” e che sono veramente un valore aggiunto per tutti. (QUI il testo integrale)

Boffi partendo dalle condivisione delle considerazioni esposte dal lettore  le estende alle scuole statali. E quindi sposta la questione sulla libertà di scelta educativa che deve essere preservata per non cadere nel “monopolio” statale. Dare a tutti la possibilità di scelta di dove iscrivere i propri figli.

Il nostro lettore/insegnante scrive nel suo sfogo molte cose vere e condivisibili. Tra le scuole paritarie esistono i “diplomifici” dove, per dirla brutalmente, “se paghi, sei promosso”. Non facciamo fatica credere che tutte le situazioni descritte corrispondano al vero. Ed è vero che proprio questo tipo di istituti sono all’origine di quel pregiudizio che non aiuta le paritarie cresciute per iniziativa di comunità di genitori e insegnanti, dove l’educazione è d’eccellenza, dove ogni anno si mettono a disposizione degli studenti meno abbienti sostanziose borse di studio, ecco, non le aiuta a superare quel pregiudizio che le accomuna a queste pessime scuole.

Detto questo, occorre fare qualche aggiunta importante. Perché se esistono paritarie “buone” e paritarie “cattive”, allo stesso modo esistono scuole statali “buone” e scuole statali “cattive”. Esistono diplomifici non statali ed esistono diplomifici statali. I primi si pagano, gli altri sono gratis (nel senso che li paghiamo tutti con le tasse). Ma il nostro problema non è, innanzitutto, “levare di torno i diplomifici”. I diplomifici li avremo sempre tra noi, che siano statali o meno. Il nostro vero problema è, come detto nella lettera, “avere la coda fuori dalla scuola”, cioè avere luoghi in cui la gente possa iscrivere i propri figli perché convinta dal progetto educativo che lì si persegue. E questo deve essere possibile senza che ci sia nessuno ostacolo di ordine economico.

Perché queste scuole possano esserci bisogna insistere sull’autonomia, come ha scritto quel genio kamikaze di don Villa. Autonomia, cioè libertà.

La questione non è nemmeno salvare le paritarie “meritevoli”. È un discorso scivoloso. Chi decide chi è meritevole e chi no? Lo Stato? Dio ce ne scampi. La fondazione Agnelli? Anche no, grazie. Un giornalista di Tempi? Piuttosto altri due mesi di quarantena. Non mi fiderei di nessun prontuario – neanche del migliore, neanche di quello perfetto, nemmeno del mio – che fissi le regole per dire chi è meritevole e chi no. Preferisco la libertà. Preferisco tanta libertà e qualche errore, piuttosto che poca libertà e pochi errori. Per come la vediamo noi, la soluzione è che non ci siano più distinzioni tra scuole statali e non statali, nel senso che noi vorremmo che tutte le scuole fossero paritarie, modello charter school. Tutte, nessuna esclusa.

Noi, non da oggi, concedeteci il gusto dell’iperbole, siamo a favore di un’autonomia spinta, al limite dell’anarchismo. Per dirla alla maniera poetica del mio vecchio professore d’Italiano del liceo, «preoccupatevi di far crescere il grano (le scuole buone) piuttosto che estirpare la zizzania (le scuole cattive)».

Vasto programma? Certo. È per questo che, dato che a settembre – e non fra dieci anni – rischiano di chiudere, occorre aiutarle oggi. E qui arriviamo alla questione dei giorni nostri. Battersi oggi perché le paritarie siano riconosciute e aiutate dallo Stato è il nostro modo per dire che noi crediamo in questa libertà, che non è la nostra libertà di ricchi o di cattolici o di ebrei o di chi volete voi, ma è la libertà di tutti. È per questo che non va bene che ci sia un ostacolo economico per l’iscrizione alle paritarie, perché questo crea quelle storture che conosciamo, non ultime quelle denunciate dal nostro lettore. È per questo che non va bene il monopolio statale, perché soffoca quella libertà che è la nostra stella polare. Sempre il mio poetico professore di Italiano: «È il sistema di monopolio a essere discriminatorio: la zizzania cresce lo stesso, il grano stenta o viene lasciato morire».

Di più: non penso che le paritarie si salveranno per i quattro spiccioli dello Stato e nemmeno per il generoso contributo della Cei. Le paritarie si salveranno se, così come sono nate, continueranno a esserci persone che vogliono un’educazione libera per i propri figli. E che si danno da fare per averla senza aspettare lo Stato, i preti, gli intellettuali e i giornalisti.

Fonte: Emanuele BOFFI | Tempi.it

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