La pandemia ha rivelato per l’ennesima volta la fragilità del nostro essere creature mortali e ha fatto emergere le domande capitali dell’umanità
Per qualche mese un dichiarato “stato di emergenza” ha distrutto certezze giuridiche e morali che credevamo di avere. Diritti e libertà fondamentali sono stati cancellati con semplici comunicati e bollettini giornalieri, con provvedimenti immediati, con diktat assertivamente adottati per l’interesse nazionale alla salute. E tutto questo lo abbiamo dovuto accettare delegando implicitamente il potere Esecutivo, mentre gli altri Poteri dello Stato e i garanti dei diritti costituzionali assistevano ammutoliti, quasi annichiliti ed impotenti, di fronte ad una slavina di decreti accompagnati in maniera disarticolata e spesso contraddittoria dalle ordinanze dei “governatori”.
Abbiamo assistito ad un “soggiogamento pacifico” in tutti gli ambiti di vita, della società e di intere nazioni. (cfr Giovanni Paolo II Lettera Enciclica Dives in Misericordia n.11, 30 novembre 1980)
Ancora non sappiamo se e quando cesserà definitivamente questa condizione di “sospensione” che in quasi tutto il mondo ha visto limitazioni alla libera circolazione, alla vita sociale, al commiato dignitoso dalla vita terrena dei nostri defunti, alla tutela “ordinaria” della salute, alla vita religiosa comunitaria, alla tutela dei diritti giurisdizionali e costituzionali, alla libertà di impresa e a tante altre cose che qui per brevità non elenchiamo.
Quale prima domanda chiediamoci, insieme all’intellettuale Giorgio Agamben: “Come è potuto avvenire che un intero paese di fronte ad una epidemia sia, senza accorgersene, crollato eticamente e politicamente?” (cfr Giorgio Agamben, pubblicato sul sito Quodlibet, 13 aprile 2020)
In realtà da tempo vi erano tutti i presupposti affinché ciò potesse accadere. La riduzione sistematica dei diritti naturali ed inalienabili (vita, morte, libertà religiosa), degli istituti sociali costituzionalmente garantiti (famiglia, educazione) dinanzi alle frontiere dei “nuovi diritti” funzionalmente finalizzati alla destrutturazione dell’umano, ha creato la materia per una distruzione pacifica dell’umanità e della società civile, senza apparente spargimento di sangue e con danni apparentemente solo collaterali. L’inefficienza del nostro sistema costituzionale – apparente garanzia di legalità, ma di fatto del tutto ignorato da governi che si fondano su un sistema pattizio piuttosto che su principi di rappresentanza e rappresentatività – quotidianamente stravolto da norme adottate in aperto contrasto con i principi costituzionali stessi, ha fatto forse sì che la soglia che separa l’umanità dalla barbarie fosse oltrepassata?
La “paura” è stata ed è la padrona incontrastata della scena pubblica e privata. Paura del contagio, di questo nemico invisibile e feroce che si può nascondere ovunque e ci può condannare alla morte, paura del vicino, del congiunto, delle relazioni, degli oggetti.
Proprio in questo momento, facendo leva sulla paura, si corre il rischio concreto che possa avanzare un globalismo ancora più pericoloso. Come sinistramente auspicò nel 2009 Jacques Attali. E se tutto questo, in qualche misura, ci è stato reso inevitabile per far fronte ad una emergenza (che un giorno forse capiremo quanto sia stata inevitabile e quanto invece colposa), quanto è successo e sta succedendo deve suonare sia da monito per una attenzione sempre più desta e vigile, che da avvertimento per il futuro.
Abbiamo identificato 5 spunti di lavoro.
NUOVE FRONTIERE DELL’UMANO
La pandemia ha rivelato per l’ennesima volta la fragilità del nostro essere creature mortali, immerse in una natura sempre meno governata da mani sagge e rispettose della sua vocazione. Inoltre, la pandemia ha necessariamente fatto emergere le domande capitali dell’umanità.
A questo si deve rispondere con una maggiore ricerca del senso trascendente dell’uomo e ritornare a usare correttamente la ragione, unica strada per la scoperta della verità. Invece oggi assistiamo preoccupati ad una risposta che lascia intravvedere un umano che scivola ineluttabilmente verso la sua reificazione e secolarizzazione.
“La Scienza”, nuovo dogma moderno e nuova religione, ha fornito risposte contrastanti. Ogni virologo, epidemiologo o esperto esprimeva una sua idea – spesso in contrasto con altri colleghi – e l’unica raccomandazione che tutti hanno condiviso è stata il “confinamento”, l’”isolamento”, il “distanziamento sociale”, esattamente la stessa indicazione data per affrontare le epidemie nel Medioevo. Tuttavia, nel Medioevo l’uomo, parte di un mondo cristianizzato, sapeva affidarsi e non abbandonava la speranza conoscendo bene il fine primo ed ultimo della vita. Tutto questo oggi non è più presente nella società. L’uomo è stato privato del senso della verità, ha visto annacquare ogni certezza, ha abdicato all’uso della ragione ed anche della ragionevolezza. In nome della scienza o di uno scientismo esasperato ha rinunciato, contro ogni logica, ad alcuni diritti fondamentali, rimanendo totalmente silente e inerte dinanzi a decisioni che hanno limitato come non mai nella storia attuale le libertà ed i diritti fondamentali. È necessario che l’uomo torni a dialogare con il cielo, recuperi la propria essenza profonda di essere sociale perché “pensato e salvato” da sempre nell’ambito di una relazione.
Peraltro, in maniera quasi beffarda, il coronavirus ci ha in qualche misura dimostrato che la vera essenza dell’uomo è indifferente alle nuove categorie culturali che cercano di frammentarne la natura.
Abbiamo infatti ri-scoperto la necessità quasi ovvia di leggere i dati del contagio secondo le classificazioni “nude e crude” (maschio/femmina, giovane/vecchio) svelando improvvisamente l’irrazionalità delle fluidità autoreferenziali di genere che vorrebbero ridisegnare il mondo e le relazioni tra le persone, ma che ora crollano miseramente davanti ad una entità invisibile ad occhio nudo. Così come ci ha attestato che aiutare un malato a respirare, mangiare o bere anche attraverso una macchina, non costituisce una terapia ma un sostegno vitale necessario a combattere la malattia.
Occorre quindi che la scienza torni a parlare con la filosofia e la metafisica, contrastando il dominio solitario della tecnica e degli interessi materiali in modo da poter interpretare con consapevolezza quello che accade.
Il dopo-Covid dovrà rigettare ogni tentativo di far ripartire il pericoloso percorso di frammentazione dell’uomo in categorie inesistenti, distruggendo i concetti del vivere ragionevole quali la verità, la bellezza, i diritti naturali dell’uomo.
LA TUTELA DELLA VITA SIA RIMESSA AL CENTRO
La pandemia ha fatto emergere una intollerabile trascuratezza sanitaria, soprattutto nei confronti delle categorie più fragili ed esposte della società. Troppi anziani lasciati soli nelle strutture residenziali e troppa incuria nella gestione delle stesse; troppi rischi a carico del personale sanitario e dei lavoratori occupati nei settori “essenziali”.
In tempi di pandemia è determinante riaffermare il valore dell’essere umano contro derive riduttiviste ed eugenetiche, che si sono affermate purtroppo in tutto il mondo. Basti pensare al rifiuto dei ventilatori polmonari ai disabili in USA, all’eutanasia preventiva proposta agli anziani in Olanda.
Peraltro, anche in Italia, è stata inaccettabile la richiesta di imporre l’aborto volontario come diritto inalienabile e come tale intangibile (persino in una situazione in cui non era possibile erogare i servizi di medicina preventiva alla popolazione), andando addirittura a chiedere di violare per via amministrativa i limiti previsti dalla legge 194, introducendo “l’aborto fai da te”.
C’è stata troppa poca cura verso le famiglie, lasciate sole per l’ennesima volta di fronte al loro carico di responsabilità nella gestione dei figli, degli anziani e delle persone non autosufficienti. A meno che non si voglia considerare “aiuto” il sussidio all’acquisto di un monopattino o di una bicicletta.
Pensiamo a come è stata pianificata la fase 2: ripresa del lavoro e non delle scuole E i figli? Oppure pensiamo alla assurda proposta di mandare a scuola i bambini solo alcuni giorni alla settimana. E gli altri giorni?
Il dopo-Covid dovrà rimettere al centro la tutela della vita in quanto tale e la famiglia come pilastro essenziale di ogni politica di welfare e di promozione umana.
OCCORRE RISTABILIRE I DIRITTI COSTITUZIONALI
La compressione dei diritti costituzionalmente previsti e garantiti a cui abbiamo assistito e stiamo assistendo, non può più proseguire. Soprattutto non è più consentito tacere. Nel richiamare quanto già detto nella premessa di questo documento, vogliamo qui aggiungere una riflessione su una ulteriore, pericolosa deriva osservata in queste settimane.
Non avremmo mai pensato infatti di dover parlare di libertà religiosa nel nostro Paese, ma ci sembra che oggi tutto il pensiero filosofico e religioso abbia ceduto il passo alla “medicina come religione”.
E così le chiese sono state chiuse, non abbiamo potuto partecipare alla Santa Messa neppure il giorno di Pasqua, senza che nessuno abbia colto come in questo modo si sia messa in discussione una norma fondamentale, ovvero che la Chiesa, per ontologia ed anche per disposizioni normative è l’unica custode dei Sacramenti e del potere di amministrarli.
L’arbitrarietà e l’abnormità delle limitazioni governative si sono svelate nel momento in cui si è visto che l’accordo tra Stato e Chiesa Cattolica di fatto raggiunto è simile a quello adottato per la riapertura dei negozi e delle altre attività commerciali, con precauzioni attuabili anche nei mesi scorsi e che avrebbero consentito di evitare la sospensione della Santa Messa per oltre due mesi.
Secondo la London School of Economics la metà di tutti i decessi di COVID 19 è avvenuta nelle RSA. In Inghilterra si è quindi verificato un “fenomeno dell’esclusione”: sopra una certa età non accedi alle terapie intensive. In Alabama e New York questo limite non solo è per gli anziani, ma anche per i malati mentali e pazienti disabili. In realtà ci eravamo preparati da tempo, da quando abbiamo introdotto il concetto di “vite degne di essere vissute”, abbiamo fallito come società, una “involuzione”, una nuova barbarie, ed abbiamo assegnato al virus una forma “surrettizia” di eutanasia. (Giulio Meotti, in un articolo sul Foglio del 16/04/2020.)
“Proprio questo è stato fatto e, almeno per ora, la gente ha accettato come se fosse ovvio di rinunciare alla propria libertà di movimento, al lavoro, alle amicizie, agli amori, alle relazioni sociali, alle proprie convinzioni religiose e politiche. Si misura qui come le due altre religioni dell’Occidente, la religione di Cristo e la religione del denaro, abbiano ceduto il primato, apparentemente senza combattere, alla medicina e alla scienza” (Giorgio Agamben, La Medicina come religione, 2 maggio
SICUREZZA, TRASPARENZA E RISERVATEZZA
Lo Stato e le sue articolazioni, il Parlamento e il servizio pubblico di informazione devono essere il luogo del dibattito e della condivisione di fronte al Paese delle scelte strategiche e delle informative sullo stato dell’arte delle cure, delle ricerche e degli studi che riguardano la vita delle persone. Allo stesso tempo, la pandemia non deve essere il pretesto, invocando – stavolta impropriamente – il medesimo principio di trasparenza, per instaurare sistemi di controllo e tracciatura delle persone, tollerabili solo se strettamente anonimi e comunque sotto il ferreo controllo delle autorità pubbliche che ne devono rispondere di fronte all’opinione pubblica.
Ogni progresso tecnologico (ad esempio nel campo delle telecomunicazioni e della medicina preventiva e curativa), deve essere sicuro e vagliato in maniera indipendente prima di essere immesso sul mercato.
DOVERI DELLO STATO E SUSSIDIARIETÀ
La sanità, la scuola e in genere i servizi sociali alla persona sono stati gestiti negli ultimi venti anni come semplici centri di costo. I tagli indiscriminati e lo smantellamento di molte strutture ospedaliere e reti sanitarie di protezione del territorio sono stati effettuati con il solo criterio di rientrare nei parametri economici dettati dall’Unione Europea. Allo stesso tempo non è assolutamente pensabile tornare a un sistema legato ad una gestione statalista totalizzante, spesso inefficiente e soggetta a endemici sistemi di corruzione.
Sul fronte della scuola, assistiamo con sgomento al pervicace perseguimento da parte dello Stato della distruzione di quel che resta delle scuole paritarie, in maniera del tutto incurante del pluralismo e della capacità del privato di gestire al meglio le risorse. Gli 860.000 alunni e le loro famiglie sono considerati cittadini di Serie B. E’ assurdo che la gestione di una scuola paritaria non venga considerata meritevole di aiuto al pari di tutte le altre attività economiche e non del Paese. L’enorme patrimonio umano e di strutture delle scuole paritarie (180.000 tra docenti e operatori scolastici, 12.000 sedi scolastiche distribuite su tutto il territorio nazionale) potrebbe invece rivelarsi utilissimo per agevolare la ripresa nel comparto istruzione. È il momento di rilanciare un nuovo patto educativo e civico per l’intero sistema scolastico (scuole statali e paritarie – crf legge n. 62/2000) quale investimento sull’educazione per formare le generazioni del futuro.
L’attuale situazione deve essere quindi l’occasione per ridare fiducia e per scommettere su un reale principio di sussidiarietà, ovvero poter garantire una serie importante di servizi sanitari e scolastici a partire dall’organizzazione autonoma, indipendente e non profit dei cittadini e delle loro libere aggregazioni.
Sul fronte dell’economia, siamo convinti che si possa uscire da questa crisi epocale solo attraverso l’insostituibile ruolo del lavoro e della libera iniziativa. Vediamo quindi con preoccupazione il ritorno allo statalismo e all’assistenzialismo che sta connotando le scelte strategiche e politiche attuali. Occorre piuttosto valorizzare il nostro sistema di imprese che ha già dimostrato la propria capacità competitiva, di ricerca e di innovazione e ricostruire il rapporto tra il lavoro e la realizzazione della persona che è il fondamento della dignità umana così come tutelata dalla Costituzione (cfr art. 4). Lo Stato promuova il bene comune e lasci libero l’uomo di esercitare la propria responsabilità.
Fonte: Osservatorio di bioetica di Siena | Tempi.it