Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini ci parla ancora
— 18 Aprile 2014 — pubblicato da Redazione. —Cinquant’anni fa Paolo Pasolini iniziava le riprese del “Vangelo secondo Matteo”, un capolavoro del cinema italiano e mondiale. È noto come Pasolini si sentisse interrogato dalla fede proprio in quella Assisi dove papa Giovanni si apprestava ad aprire il Concilio.
Colpito dalla radicalità e dalla semplicità delle pagine evangeliche si è sforzato di far rivivere sul grande schermo, in un miracolo di fedeltà al testo dedicato alla memoria di Giovanni XXIII.
A cinquant’anni di distanza il film parla ancora proprio a quella generazione “profetizzata” nel film: un mondo che pone al centro consumismo e materialismo. Ci parla di una sete di verità e di radicalità. Sete che coinvolge credenti e non credenti, protagonisti di una ricerca che non ha paura di essere anche spirituale.
Ci ricorda anche come un’oscura, arretrata periferia dell’impero possa farsi centro grazie alla Parola che trasforma i cuori. Pasolini ricostruisce “per analogia”, il mondo periferico e senza splendore in cui Gesù ha vissuto, il mondo povero e marginale in cui vive la maggioranza dell’umanità. Quel mondo, nella sua miseria, si è fatto centro scalzando il potere imperiale del tempo.
E ancora una volta può farsi centro contestando al potere e al denaro, al materialismo dei nostri giorni, la loro presa sulla vita degli uomini. L’uomo è al centro della storia, non il potere, non il denaro, bensì l’uomo.
L’uomo può ridiventare protagonista della storia, di quella nuova storia che è anticipata dall’ultima scena del “Vangelo”, il sepolcro che si apre e Cristo non è più avvolto nel sudario: è risorto! E il “Gloria” che si ascolta è quello di una messa cantata congolese, testo latino e musica del continente più giovane di tutti, allora estrema periferia del mondo.
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Gesù chiama tutti – Avvenire