La crisi economica imposta dal lockdown delle imprese sta portando alla crescita della depressione
In un quadro che vede già la depressione e i disturbi mentali come prime cause di disabilità a livello mondiale, con numeri che riguardano solo in Italia tre milioni di persone, di cui circa un terzo affetto dalla forma più grave, la depressione maggiore, adesso si potrebbe aggiungere il rischio della crescita delle depressioni dovute all’incombente crisi economica, che molti già toccano direttamente con mano. Secondo uno studio della Fondazione Onda, solo in Lombardia si stimano 150mila persone con depressione maggiore e il numero sarebbe destinato a crescere fino a toccare quota 200mila, a causa delle crescenti preoccupazioni e ansie dovute a basso reddito, attività professionali costrette alla chiusura come bar e ristoranti, conseguente aumento della disoccupazione. Un rischio di ammalarsi, in sostanza, che è 2-3 volte maggiore. Ne abbiamo parlato con il professor Alessandro Meluzzi, studioso, sociologo e psicologo, secondo il quale i primi segnali di questo incremento sono ben visibili: “Si registra già un aumento dei suicidi, che sono la manifestazione più evidente della depressione maggiore, dal 10 al 15%. La nostra crisi economica spaventa e a ragione, visto che siamo nelle stesse condizioni di chi esce da una guerra mondiale”.
Studi effettuati da varie fondazioni mostrano che si corre il rischio di un aumento molto sostenuto della depressione causata dalle preoccupazioni economiche. Lei ha potuto già toccare con mano questi segnali?
C’è un primo dato oggettivo: la depressione nasce in modo soggettivo, poi diventa patologia. Per cui misurarne l’impatto è una cosa che si potrà fare nel tempo, nei prossimi mesi o anni. Di sicuro c’è il fatto che abbiamo già avuto un aumento dei suicidi, un indicatore strutturale del malessere e un simbolo cardine della depressione, in particolare quella maggiore, dal 10 al 15%, a seconda delle stime.
Ha sotto mano altri indicatori critici?
Si contano una quantità di disturbi neuropsichiatrici infantili; crisi di coppie che vanno fino alla separazione, l’equivalente della depressione; ricoveri decisi da medici di base che ci dicono che i disturbi dell’umore sono in forte crescita. E’ fuor di dubbio che la prima ricaduta del Covid è ancora peggiore della malattia che pretende di aver curato.
Secondo gli studi effettuati, le cause di questo possibile aumento dei casi di depressione sarebbero legate alle preoccupazioni economiche: attività professionali costrette a chiudere, licenziamenti, reddito ridotto. In Italia viviamo da anni una grave crisi economica, c’è qualche punto di contatto?
Stiamo parlando di due cose che hanno una sproporzione enorme. Noi che in questi ultimi anni abbiamo vissuto di crisi da crescita zero o al massimo da ciclo deflattivo dello zero virgola, abbiamo considerato segno di crisi una crescita dell’1%.
Adesso invece?
Adesso viviamo una crisi stimabile tra il 15 e il 20% del Pil, numeri che non si possono neanche immaginare. Sono numeri come quelli causati dal bombardamento israeliano a Gaza, dove poi l’anno successivo, grazie agli aiuti dell’Arabia Saudita, il Pil della Palestina è cresciuto del 18%. Qui non ci sarà nessun aiuto, non ci sarà nessun piano Marshall. E’ come se la nostra economia fosse stata abbattuta senza che noi avessimo la sovranità per infondere nel tessuto dell’economia reale una nuova linfa, nuova vitalità.
Un brutto quadro. Saremo in grado di affrontare, dal punto di vista sanitario, questa ondata di depressione?
Certamente gli aiuti psichiatrici sono molto più consistenti di quelli virologici o economici. Aumenterà il consumo di farmaci antidepressivi. Non si aiuta chi deve chiudere la propria attività, un bar o un ristorante, con le chiacchiere degli psicologi. L’aiuto psicologico è far ripartire il lavoro, l’economia, l’attività imprenditoriale. Altrimenti rischiamo di condannare al Cto, come già successo, persone che si trovano a vivere una vera e propria crisi antropologica.
Fonte: int. Alessandro Meluzzi | IlSussidiario.it