Lee Cheuk-yan, leader del movimento per la democrazia nell’ex colonia britannica, chiede alla comunità internazionale di agire contro l’ingerenza “legalizzata” del regime comunista di Xi Jinping
Per trent’anni l’Alleanza di Hong Kong a sostegno dei movimenti democratici e patriottici in Cina, di cui sono il presidente, ha continuato a organizzare ogni 4 giugno una veglia con le candele per condannare il massacro del 1989 a Tienanmen, ma quest’anno, il 31esimo, ci è stato vietato dalla polizia con il pretesto della salute pubblica. La gente di Hong Kong ha sempre riconosciuto che la veglia, partecipata da centinaia di migliaia di persone, dimostra che Hong Kong vuole ancora godere della libertà del modello “un paese, due sistemi”. Non sorprende, dopo che noi tutti abbiamo visto la polizia sopprimere marce e manifestazioni con interventi brutali, arresti di massa e divieti.
Purtroppo per il popolo di Hong Kong, il Partito comunista cinese ha inasprito la sua minaccia alla nostra libertà con la decisione unilaterale del Congresso nazionale di imporre a Hong Kong una versione della legge sulla sicurezza nazionale, senza consultazione né esame da parte dei legislatori di Hong Kong. La legge sulla sicurezza nazionale è come una ghigliottina pronta ad abbattersi sul collo di chiunque a Hong Kong sia ritenuto una minaccia dal regime autoritario. Mira a incutere paura tra il popolo e può colpire in ogni momento secondo la necessità politica. Prevede quattro fattispecie di reato: sovversione, secessionismo, interferenza straniera e terrorismo. Tutte e quattro sono molto vaghe e mal definite in Cina.
Con il pretesto dell’incitamento alla sovversione dello Stato, il Partito comunista cinese ha incarcerato per 11 anni il premio Nobel per la pace Liu Xiaobo, reo di avere invocato democrazia e riforme costituzionali. Quattro persone sono rimaste in prigione tre anni con l’accusa di sovversione per aver prodotto e venduto un vino chiamato “Ricorda il 4 giugno”. Il reverendo Wang Yi è stato rinchiuso 9 anni in galera per incitamento alla sovversione del potere statale solo perché aveva difeso la libertà religiosa.
Il Partito comunista cinese definisce la sovversione o gli altri reati contro la sicurezza nazionale in base alle sue priorità politiche, non alla legge. La legge è solo uno strumento di oppressione per il Pcc. Può l’Alleanza di Hong Kong marciare sotto lo slogan “Basta con il partito unico”? Può il popolo chiedere la caduta del governo di Hong Kong? Sono atti sovversivi questi?
Alcuni membri del Congresso nazionale del popolo lasciano intendere che cose come queste potrebbero essere punite dalla legge. La ghigliottina può abbassarsi in ogni momento, se ritenuto politicamente necessario.
Anche il reato di interferenza straniera può essere soggetto a varie interpretazioni. Il mio intervento che state leggendo può configurare un reato di interferenza straniera? La società civile di Hong Kong può contattare i suoi interlocutori internazionali senza essere accusata di interferenza straniera?
Non conosciamo il testo definitivo della legge né il modo in cui i tribunali la interpreteranno, tuttavia è molto difficile immaginare che nei processi relativi alla sicurezza nazionale i giudici si discostino dalle decisioni politiche del Partito comunista cinese. Non penso che ci sarà indipendenza del potere giudiziario in questo ambito.
Una azione stupida e spericolata
L’altro elemento spaventoso della decisione del Congresso nazionale del popolo è la proposta di creare a Hong Kong una agenzia per la sicurezza nazionale responsabile dell’attuazione della legge sulla sicurezza. Vogliono creare un’agenzia che spierà le persone ritenute pericolose? La gente di Hong Kong sarà spinta a denunciare i propri vicini o colleghi? Che fine fa l’“alto grado di autonomia” promesso a Hong Kong dalla Basic Law, se la Cina può istituire al suo interno un’agenzia per la sicurezza che applica la sua legge?
La comunità internazionale deve fare pressione sul Partito comunista cinese e sui rappresentanti di Hong Kong, come hanno fatto l’anno scorso gli Stati Uniti approvando con voto bipartisan l’Hong Kong Human Rights and Democracy Act, che ha permesso al segretario di Stato Mike Pompeo di dichiarare a fine maggio che Hong Kong non gode più dell’autonomia dalla Cina necessaria a proseguire con le relazioni speciali di cui beneficiava verso l’America. Credo che sarebbe profondamente irrazionale da parte del presidente Xi Jinping danneggiare Hong Kong proprio adesso che l’economia cinese è duramente colpita dalla pandemia di coronavirus. “Bruciando” Hong Kong, brucerà con essa anche la Cina, perché Hong Kong le è ancora economicamente utile.
I cinesi sono pronti a subire le conseguenze di una simile azione stupida e spericolata? Anche l’economia di Hong Kong soffrirà, ma i soldi non sono tutto: per Hong Kong è più importante preservare la nostra libertà e il nostro stile di vita, altrimenti Hong Kong non sarà più Hong Kong, ci resterà il corpo ma non l’anima. Noi non vogliamo che a Hong Kong succeda questo. Dobbiamo fermare la legge sulla sicurezza e le continue ingerenze del Partito comunista cinese su Hong Kong. Continueremo a combattere.
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Lee Cheuk-yan, autore di questo articolo, è stato membro del Consiglio legislativo di Hong Kong e cofondatore del Partito laburista locale, è segretario della Confederazione dei sindacati e guida l’Alleanza a sostegno dei movimenti democratici in Cina, nata a Hong Kong nel 1989 per appoggiare la rivolta popolare che finirà soppressa nel sangue a Tienanmen. Nello scorso novembre è stato protagonista, invitato da Tempi, dell’incontro “La libertà è la mia patria. Da piazza Tienanmen a Hong Kong” (qui il video).
Fonte: Lee Cheuk-yan | Tempi.it