Il dolore manifestato ieri all’Angelus da Francesco per la trasformazione in moschea della chiesa di Santa Sofia a Istanbul conferma che Francesco è il portavoce dell’intera cristianità. Attraverso la sua voce, la sofferenza dei cristiani diventa universale. E’ “l’ecumenismo del sangue” di cui Jorge Mario Bergoglio ha parlato più volte dopo l’elezione al Soglio di Pietro.
Nel libro “Chi sono io, Francesco? Cronache di cose mai viste”, a ricostruire la lezione ecumenica nella predicazione di Francesco è un testimone d’eccezione della stagione conciliare, come Raniero La Valle, parlamentare della sinistra indipendente per 16 anni e prima direttore dell’Avvenire d’Italia di Bologna, uno dei due quotidiani cattolici insieme all’Italia di Milano, da cui nacque per volere di Paolo VI il quotidiano Avvenire. Il papa nella sua idea è solo uno a cui Dio ha guardato con grande misericordia. Jorge Mario Bergoglio ha sempre avuto questa idea e lo dimostra nella scelta del motto episcopale, cioè Miserando atque eligendo (Guardò con misericordia e scelse).
Jorge Mario Bergoglio si è subito definito un peccatore a cui il Signore (miserando) ha rivolto i suoi occhi. Ma soprattutto è il papa che ha ripreso in mano il Concilio ecumenico Vaticano II e lo sta portando avanti, dopo mezzo secolo di recezione piuttosto contrastata, ripartendo dal punto in cui il Concilio era arrivato e cioè la riproposizione dell’annuncio nei modi adatti ai nostri tempi con le modalità, lo stile e le parole che i tempi richiedono. Dal Concilio muove Francesco per riportare la Chiesa alle radici evangeliche. Perciò l’impronta del suo pontificato, secondo La Valle, è il rinnovamento dell’annunciatore: riprendere il ragionamento del Concilio e sulla riforma della Chiesa comporta la riforma del papato, che non possono fare le istituzioni della Chiesa, ma il papa stesso. Ecco perché Francesco per primo si pone la domanda di “chi sono io”, chi è il papa e tutto parte da quella richiesta di benedizione alla folla subito dopo la fumata bianca: quello è stato il segnale di un cambiamento straordinario. Francesco sta con il popolo e non sopra al popolo. Torna alla mente la definizione che fu data di Giovanni XXIII, un cristiano sul trono di Pietro. Bergoglio parla un linguaggio per nulla curiale. La sua formazione è la teologia del popolo, la sua identità è quella del prete di strada, che ha un orecchio al popolo e un altro al Vangelo e sa qual è il linguaggio giusto per farsi comprendere.
A giudizio di La Valle, Francesco è più vicino a Roncalli che ha iniziato il Concilio e a Paolo VI che lo ha portato avanti: Bergoglio ha riaperto la questione di Dio, ha spiegato in pratica che il problema non è quello di restaurare i fasti della religione e della Chiesa, ma il problema è il Dio sbagliato che si ha in mente. E non solo per via dei fondamentalismi.L’obiettivo di Bergoglio è far capire a tutti che esiste un’immagine di Dio diversa da quella che gli uomini hanno sfigurato. La missione di Francesco è inequivocabile. Se lui e la Chiesa ci riusciranno sarà un bene, altrimenti l’alternativa è drammatica e sarà una tragedia, perché il mondo vive in una situazione di estremo pericolo: ha perso la cultura, ha perso certezze, l’uomo sta tentando di regolare tutto attraverso il denaro e il potere, di ripristinare la guerra come unico moto regolatore di ogni controversia, di smorzare la fede negandola. Il Papa sa che il passo verso il baratro è breve, per questo alza la voce contro l’economia che uccide. E sa che l’unica riserva è Dio, solamente Dio, ma non un Dio frainteso ed equivocato, perché se ci si sbaglia su Dio tutto è perduto.Per Francesco il “Dio sbagliato” è quello con il volto tumefatto, violento, vendicativo e sacrificale, quello che il Papa allontana quando chiede chi sono io per giudicare.
Bergoglio non offre parole d’ordine ma esorta a continuare a percorrere la via del Vangelo, che lui presenta come l’unica prospettiva di successo. La sconfitta non è la via del cristiano e nemmeno la croce è mai stata una sconfitta, Bergoglio ha la certezza della vittoria. Dunque, per La Valle, si può dire che il pontificato di Francesco, più che profetico nel senso dell’invettiva a cui associamo di solito i grandi profeti, sia un pontificato messianico, nel senso proprio di Gesù: “Vi hanno detto, ma io vi dico…“. In perfetta coerenza con i suoi predecessori Francesco addita le tentazioni opposte del conservatorismo fondamentalista e dell’apertura indiscriminata a ogni novità. La sorpresa di Francesco ha fatto riscoprire il valore del messaggio del Vangelo. Tanti vanno ad ascoltarlo. Non è un fatto solo italiano. È divenuto, senza volerlo, un leader spirituale mondiale, che i politici sono interessati a incontrare. Bergoglio è un esperto di umanità: per tutta la vita ha incontrato la gente e i suoi problemi. È stato vescovo di una megalopoli del Sud, Buenos Aires. Sa quale grande sfida sia oggi introdurre la Chiesa nel mondo globale, che trasforma i legami familiari e comunitari, mescola genti diverse, crea scenari umani inediti. È l’orizzonte della missione in un mondo che cambia.
Fonte:Giacomo Galeazzi | InTerris.it