Se anche il 14 settembre riparte (forse) la scuola, non riparte certamente il diritto all’istruzione per tutti. Dimenticate dagli aiuti governativi, un centinaio di scuole pubbliche paritarie ha già chiuso i battenti. Sono quelle che si sono indebitate pur di far pagare rette alla portata di tutti. Rimarranno alla fine solo quelle con le rette più care, con gran danno per le famiglie più povere, private della libertà di scelta. E per gli studenti che verranno lasciati a casa dalle scuole già fallite? Integrarli nella statale costa molto di più al contribuente. Fino a 5 miliardi annui.
Se anche il 14 settembre riparte (forse) la scuola, non riparte certamente il diritto all’istruzione per tutti. Non basta infatti il decreto ministeriale sulla Didattica Digitale Integrata, anche perché non è segnale di libertà dover lasciare a casa bambini e ragazzi, dall’infanzia al liceo, facendo passare un’emergenza per una magnifica opportunità culturale ed educativa, che prevede anche “lavori di gruppo”…. con alunni “al centro del processo di insegnamento-apprendimento”… A 3 anni? Nelle case sperdute dell’Aspromonte? O dei Monti Sibillini? Che scuola è? Comoda, se non si hanno i mezzi pubblici per portare gli alunni a scuola o se non hai le classi per fare lezione civilmente. Chiaramente, la DDI sarebbe utile in gravissima emergenza, e di certo mai più contemporaneamente a livello nazionale. Sarebbe il sigillo del fallimento di un Paese incapace di fermare un contagio per l’indisciplina dei suoi cittadini, soprattutto i più giovani.
Dunque il diritto all’istruzione non parte per tutti: ab ovo, perché in Italia il genitore non può scegliere la buona scuola pubblica, paritaria o statale, che ritiene opportuna per suo figlio, come affermano la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e numerosi altri documenti internazionali e accordi UE firmati anche dall’Italia. Il nostro sistema scolastico, invece, rischia oggi di fare del diritto all’istruzione un privilegio. Solo il ricco sceglie. Il povero si accontenta di pagare – in imposte – 8.500 euro annui per la scuola statale. Peccato, perché se potesse scegliere, ci sarebbero scuole pubbliche paritarie ottime e certificate ad un costo di 3/4.000 euro annui al massimo.
Il diritto all’istruzione non parte neppure in zona cesarini, perché la ministra Azzolina ha deliberatamente scelto di ignorare le proposte che da 160 giorni le vengono presentate tanto dalle opposizioni quanto dalle componenti del Governo compreso qualcuno del suo colore, oltre che da alcuni suoi valenti consiglieri inascoltati e da molte Associazioni e cittadini competenti e responsabili. Eppure la situazione le è stata spiegata e ha certamente compreso: non ci sono aule sufficienti per il distanziamento di qualche centinaia di migliaia di alunni; teatri, biblioteche e B&B non sono luoghi appropriati, anche perché – come ricorda l’Associazione Nazionale Presidi – “l’idoneità, in termini di sicurezza, di eventuali locali esterni all’istituto scolastico deve essere certificata dagli enti locali o dai titolari della locazione”; gli edifici dismessi sono troppo costosi da ristrutturare; gli 84mila docenti dalla stessa trionfalmente annunciati, che passano a tempo indeterminato erano già in servizio da anni a tempo determinato e quasi andavano in pensione. Ma ne mancano altrettanti, soprattutto al Nord, dove i numerosi disponibili del Sud non intendono trasferirsi, perché o pagano l’affitto, o mangiano.
Al momento presente occorre fare i conti con l’iniquità del sistema: 1 milione e 600mila sono gli alunni non raggiunti dalla DaD (e si tratta peraltro di quelli appartenenti alle categorie più svantaggiate per provenienza famigliare e territoriale), 300mila gli allievi disabili vissuti in una condizione di isolamento con una conseguente regressione, per alcuni irreversibile. Inoltre, le donne più povere hanno dovuto abbandonare il lavoro, perdendo anni di pari opportunità, e, senza scuola, in molte aree del Centro-Sud si è ripresentato il rischio di ragazzi riconsegnati alla delinquenza mafiosa. Tutti questi bambini e ragazzi devono tornare a scuola in presenza.
Intanto molte scuole paritarie, che in alcune zone rappresentavano gli unici presìdi di libertà rimasti, sono state costrette a chiudere, perché i Genitori non ce la fanno a pagare due volte, e la retta e le tasse. Il sito www.noisiamoinvisibili.it ad oggi ne ha censite un centinaio (e molte altre hanno un piede nella fossa), corrispondenti a 3.812 allievi per i quali non c’è alcun istituto paritario disponibile ad accoglierli (ad Avezzano sta chiudendo una scuola paritaria di 1000 alunni, dai 3 ai 19 anni…). Allo Stato, questi alunni costeranno nell’immediato 32 milioni e 402mila euro, cifra che entro Natale potrebbe decuplicarsi, e in prospettiva arrivare a 5 miliardi di euro annui, tanto fanno risparmiare allo Stato le scuole paritarie. Le scuole paritarie – confessionali e non, ma pur sempre pubbliche, piaccia o non piaccia ai 5S – che hanno chiuso, infatti, sono quelle che si sono indebitate per mantenere le rette entro i 2.500-3.000 euro annui nell’Infanzia, i 3.500 euro annui nella primaria e i 3.800 nei licei.
D’altronde, se un allievo della scuola statale costa 8.500 euro, mentre ne vengono destinati solo 500 a uno della paritaria, quest’ultima, per continuare ad esserci, dovrà necessariamente avere rette dai 5.500 euro in su. Il risultato è che il povero avrà sempre meno strumenti e, legato da una logica di assistenzialismo sociale, non riuscirà ad emanciparsi mai; il ricco, invece, avrà sempre più strumenti e potrà cavarsela.
Questo scenario impone con forza alla ministra Azzolina una chiara soluzione: i patti educativi con le scuole paritarie disponibili, una volta acquisiti i dati sul fabbisogno di aule, arredi e docenti relativi alle 40mila sedi scolastiche statali. Questi patti si potranno tradurre concretamente nelle seguenti opzioni: a) si sposti una classe (allievi e docenti) dalla statale alla paritaria vicine; e/o b) si destini al 15% di allievi delle statali che lo desidereranno una quota capitaria che abbia come tetto massimo il costo medio studente o il costo standard di sostenibilità per allievo. Inoltre, idee quali il recupero di 3000 edifici, i tavoli e le varie altre “acrobazie” (parola di sindacati) valgono 8 miliardi di euro in un momento storico nel quale riceviamo la fiducia dell’Europa. Il Governo sa che è possibile consentire a tutti gli studenti di ritornare in classe e di dare un futuro alla Nazione: non farlo sarebbe il gesto più irresponsabile della storia degli ultimi 50 anni. Come dimostrato nello studio elaborato con IBL. La realtà urge e aspetta risposte intelligenti.
Fonte: A. Monia Alfieri | LaNuovaBQ.it