La decisione del cessate il fuoco è stata presa dopo la dichiarazione del 5 ottobre dei presidenti di Francia, Russia e Stati Uniti in rappresentanza dei Paesi co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’Osce. La Turchia dove era?
La Turchia non è stata interessata, non è stato dichiarato il suo coinvolgimento. La situazione è molto complicata perché tutti gli attori sullo scenario hanno paura a muoversi.
Perché?
Se si parla con l’ambasciatore azero dirà che ridurre la discussione al fattore religioso, una guerra tra musulmani e cristiani ortodossi, è fuori questione. Se si parla invece con gli armeni dicono che è una aggressione voluta dagli azeri che vogliono sfruttare il momento di disattenzione internazionale per prendere vantaggio sul terreno. Ricordiamoci che gli azeri sotto il profilo religioso ed economico sono legati alla Turchia; il Monte Ararat, di grande significato per gli armeni, è in territorio turco. Erdogan sfrutta questo momento anche perché la Russia ha ottimi rapporti con entrambi i paesi.
Quindi intervenire metterebbe Mosca in difficoltà. C’è chi dice che però quello in corso sia un autentico conflitto anti-russo per stroncare il gasdotto Nord Stream 2 a favore della Trans-Caspian Gas Pipeline, in grado di fornire gas attraverso lo snodo cruciale dell’hub di Baku in Azerbaijan.
Assolutamente. C’è tutto l’interesse turco a portare attenzione sul proprio gasdotto. Non mi spingerei però a dire che sia un conflitto anti-russo, sarebbe troppo rischioso per Erdogan.
E allora?
È piuttosto un cercare da parte turca di sfruttare il momento. Sono quattro attualmente gli scenari di crisi internazionale: Libia, Palestina per via dell’accordo di Abramo, Cipro e Caucaso. In tutti e quattro è coinvolto Erdogan. Con il conflitto azero-armeno vuole aprire un altro fronte per distogliere l’attenzione dagli altri scenari.
Nessuno gli dice niente di concreto però, né Russia né stati Uniti. Di questo passo dove arriverà?
In piena campagna elettorale e dopo aver ottenuto un ottimo risultato con l’accordo di Abramo Trump non ha nessuna intenzione di farsi coinvolgere in un altro fronte. Lo stesso Putin che non vuole che il Caucaso si infiammi.
Intanto mentre le grandi potenze curano i propri interessi, centinaia di persone sono già morte e altre ne moriranno. Si apre uno scenario come quello siriano?
In Azerbaijan ci sono anche migliaia di guerriglieri inviati dalla Siria da parte dei turchi. Se questi due paesi si fanno la guerra è perché hanno ricevuto armi. Se gli armeni usano i missili Scud, è perché li hanno avuti dalla Russia. Se la Turchia, come già in Libia, ha inviato in Azerbaijan droni di fabbricazione cinese, è per fornire il paese di armi.
Una tregua vera può essere raggiunta non tra i due contendenti, ma solo ad un tavolo multilaterale con le potenze regionali: Russa, Turchia, Iran. È fattibile?
No. Non si può fare, una pace regionale senza coinvolgere l’Europa non si può fare.
E L’Europa che cosa può fare?
Mentre la Nato ha deterrenza militare l’Europa ha il soft power.
Sarebbe?
La possibilità di imporre forti sanzioni a entrambi i paesi fino a quando non accettano di fare una pace duratura. Un embargo europeo ha una valenza sulle vie di comunicazione, di materiale, linee telefoniche, il rifiuto di comprare gas. A chi lo venderebbero? Russia, Turchia e Iran non possono fare la stessa cosa.
Fonte: Giuseppe Morabito | IlSussidiario.net