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Amy Coney Barrett è un nuovo giudice della Corte Suprema americana

Il Senato l’ha eletta ieri con 52 voti a favore contro 42. I progressisti la accusano di essere «cattolica e pro life», lei non fa una piega: «Applicherò la Costituzione, non la legge di Amy»

barrett corte suprema

La nomina di Amy Coney Barrett a nuovo giudice della Corte Suprema è stata confermata ieri dal Senato con 52 voti a favore contro 48. Giudice della Corte d’appello del settimo circuito di Chicago, professore di diritto all’Università di Notre Dame, Indiana, e pupilla di Antonin Scalia, tra gli interpreti più conservatori della Costituzione statunitense, Barrett dopo aver giurato ieri sera alla Casa Bianca prenderà il posto dell’icona liberal Ruth Bader Ginsburg, deceduta per un cancro a 87 anni il 18 settembre.

LA RIVOLTA DEI DEMOCRATICI

È la prima volta che un candidato alla Corte Suprema non riceve neanche un voto dall’opposizione e questo dato riflette la profonda divisione della società americana. I democratici hanno fortemente criticato Donald Trump – per lui, commenta il Guardian, questa è senza dubbio una «vittoria politica a pochi giorni dal voto» – per non aver atteso l’esito delle elezioni presidenziali, che si terranno il 3 novembre, prima di procedere alla nomina. La senatrice Elizabeth Warren ha definito il voto addirittura «illegittimo», senza citare il fatto che Barack Obama nel 2016 tentò di fare la stessa cosa: sostituire Scalia, morto nel febbraio di quell’anno, con un giudice progressista. L’operazione non riuscì non per quelle ragioni di opportunità che sollevano ora i democratici contro Trump, ma perché non aveva la maggioranza al Senato.

L’attuale leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, ha invece giustificato così la scelta di procedere subito alla nomina di un nuovo giudice: «Abbiamo vinto le elezioni. Ciò che questa amministrazione e il Senato hanno fatto è esercitare il potere che il popolo americano ci ha dato attraverso il voto. E questo è perfettamente in linea con le regole del Senato e della Costituzione americana». Come sottolineato anche dall’Associated Press, il processo di elezione è stato perfettamente legale.

«IO NON SEGUO LA LEGGE DI AMY»

A scatenare la rabbia dei democratici non è in realtà l’opportunità dell’elezione di un giudice a pochi giorni dal voto presidenziale, quanto il significato della nomina di Barrett, che potrebbe spostare l’orientamento della Corte Suprema in senso conservatore. Trump ha infatti nominato tre giudici in quattro anni e ora la Corte più potente degli Stati Uniti ha una maggioranza conservatrice di 6 magistrati a 3.

Il New York Times, come da mesi a questa parte, lancia l’allarme: la nomina di Barrett potrebbe «cambiare la vita americana» su temi che riguardano «il diritto all’aborto, i diritti degli omosessuali, i regolamenti per le aziende e l’ambiente». A sostegno di questa tesi vengono rispolverate dichiarazioni vecchie di 15 anni di Barrett contro la sentenza Roe v Wade che legalizzò l’aborto nel 1973 o altre più recenti contro l’Obamacare. Ma come ha risposto la madre di sette figli al fuoco di fila di domande dei membri della Commissione giustizia del Senato, «io non seguo la legge di Amy. Applicherò la Costituzione senza paura e senza favoritismi».

«NON LE PERDONANO DI ESSERE CATTOLICA»

I progressisti temono Barrett perché, nonostante il curriculum prestigioso e inattaccabile, ha solo 48 anni e perché è «cattolica e palesemente pro life». Ma come dichiarato in un’intervista a Tempi da Paolo Carozza, professore alla Law School dell’Università di Notre Dame, Indiana, dove è direttore del Kellogg Institute for International Studies, amico e collega di Barrett da oltre vent’anni,

«la Corte suprema non vive di questioni di principio, nessuno può sapere come Barrett voterà sull’aborto piuttosto che sui finanziamenti ai partiti. I giudici sono indipendenti, non possono intestarsi una campagna politica in toga. Solo per fare due esempi recenti: a giugno la progressista Elena Kagan ha votato con i conservatori per esentare i datori di lavoro con obiezioni religiose dal “mandato di contraccezione” voluto da Obama. Lo stesso mese Neil Gorsuch, di nomina trumpiana, ha guidato la squadra liberal e scritto la sentenza che certifica che gay e transgender non possono essere licenziati a causa dell’orientamento o dell’identità sessuale. Quello che non si perdona a Barrett è il suo essere cattolica di stampo tradizionale, fedele al magistero della Chiesa. Inoltre, si è formata in istituzioni che non sono state rappresentate alla Corte suprema da decenni e in generale poco considerate dalle élite culturali del paese. In qualche modo rappresenta un’America messa da parte, ignorata quando non cancellata dalle élite».

Fonte: | Tempi.it

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