Di Suor Anna Monia Alfieri – Lo avevamo previsto. Se ricordate, lo scorso 14 settembre il titolo era: La scuola in Italia non è ripartita per tutti. La scuola statale che costa 8.500 euro di tasse dei cittadini ha escluso poveri e disabili (285 mila disabili senza il docente di sostegno). Una scuola ripartita a macchia di leopardo: per alcuni il 14 settembre, per altri il 28 settembre, per alcuni allevi ripartirà il 26/10, forse, considerato che ci si appresta di nuovo a chiudere.
Infatti, proprio da lunedì 26 ottobre, si riparte con la didattica a distanza per le scuole secondarie di 2° grado. E a breve toccherà la stessa sorte agli altri Ordini. In Campania prima si chiudono tutti i corsi poi, forse, lunedì la scuola primaria potrà ripartire in presenza. Caos e confusione. Lo stesso caos e la stessa confusione che hanno imperversato lungo questi 200 giorni. Così anche l’anno scolastico 2020/2021 andrà perso come lo è stato il 2019/2020. Il precedente a causa del Covid imprevisto, come ci fu detto, questo a causa dei contagi imprevisti, come ci dicono. Ma la verità è un’altra: la pessima gestione del Covid nei primi 200 gg e la ferma volontà di non far ripartire la scuola e dunque il Paese. Guardiamo, ancora una volta, alla realtà: guardare ad essa ci consente di riscattare ancora la situazione.
Ci corre l’obbligo della denuncia, anzitutto perché noi non possiamo acconsentire che venga stravolta la realtà, per senso di responsabilità e soprattutto per dare solidarietà:
- a tutti quegli studenti che si vedono precluso il diritto di apprendere da 200 gg e per i prossimi 200 giorni, diventando così facile preda della mafia e della camorra
- agli studenti disabili che vivono una situazione di isolamento ignorati da tutti
- ai genitori che sono sempre più spaventati e soli
- ai docenti e ai dirigenti scolastici delle scuole statali e delle scuole paritarie che hanno fatto enormi sacrifici per far ripartire la scuola, nonostante le Linee guida
- confuse che sono pervenute da Roma
- alle donne che si trovano nuovamente discriminate, nonostante ci si riempia la bocca di frasi contro il femminicidio
Ci sdegnano veramente queste ingiustizie? Vogliamo veramente risolverle? Se lo vogliamo, dobbiamo prendere atto che sono conseguenza di quell’atteggiamento superficiale e approssimativo che in questi giorni ha liquidato il problema con la barzelletta dei banchi con le rotelle per mascherare la triste realtà.
Attraverso centinaia di ore di dirette, di comunicati, mediante il coinvolgimento del mondo associativo e sindacale come di tutte le testate giornalistiche, con la più ampia convergenza civile e sociale oltre che politica (come dimenticare la reale disponibilità delle opposizioni con alcune forze sensibili dentro al Governo, da Pd-a IV, da Leu a qualche dissidente pentastellato) abbiamo rappresentato che l’unica soluzione era avviare un sano processo di collaborazione fra scuole pubbliche statali e scuole pubbliche paritarie, entrambe necessarie allo Stato per consentire agli 8 mln di studenti di ritornare in classe in sicurezza.
1. Abbiamo fornito studi, ricerche ed elaborati scientifici che illustravano la necessità di rivedere le linee di finanziamento del sistema scolastico in Italia proprio partendo dall’emergenza Covid. Il concetto era (e rimane): se non riparte la scuola statale che costa 8.500 euro ma riparte la scuola paritaria che costa dai 3.500 ai 5.500, è evidente che c’è uno spreco che non serve a pagare le strutture e l’organico che manca.
2. Avevamo altresì proposto accordi fra le 40 mila scuole statali e le 12 mila paritarie per superare i tre grossi problemi strutturali: mancanza di aule, organico e trasporti. La scuola sarebbe ripartita, gli studenti avrebbero avuto una chance, le casse dello Stato avrebbero risparmiato.
3. Ancora: abbiamo fatto presente (e sono numerosi anche su questo fronte gli interventi a favore da parte delle opposizioni e dei rappresentanti della società civile) che era necessario avviare una collaborazione fra i mezzi di trasporto pubblici e quelli privati (aiutando per altro questo settore in sofferenza a causa dello stop del turismo). Un’ operazione che avrebbe permesso il distanziamento sociale e quindi evitato i contagi. Nulla: si è preferito ammassare i ragazzi sugli autobus, farli contagiare e così, con la scusa della curva pandemica, si sarebbero potute chiudere le scuole. Realtà pericolosissime, lo sappiamo, perché producono menti pensanti, armi di distruzione di massa dell’ideologia.
Ecco perchè denunciare diventa un obbligo. Le scuole sono ambienti sicuri, parola di medici e di esperti; noi, però, per assurda ideologia, abbiamo fatto contagiare i nostri giovani sugli autobus. I nonni si ammalano e quindi riaprono le rianimazioni. E ora, dopo il teatrino dei banchi a rotelle, si pensa di confondere gli Italiani con l’altro teatrino, quello del Governo che litiga con le regioni. Ora basta!
Sappiamo bene che il rischio che si corre non è solo la DAD ma che, anche dopo il vaccino, la scuola sarà un privilegio e noi ci saremo abituati ad esso, al privilegio, perché saremo tutti più poveri e stanchi.
Conseguenza: monopolio educativo e assistenzialismo andranno a braccetto. Oggi possiamo e dobbiamo denunciare per non sprecare l’impegno civico della signora Segre. Lo scrivevamo: Senatrice Segre, Le giunga il “Grazie Responsabile” dei nipoti delle sue compagne di banco. Emerge ancora una volta quel senso di smarrimento che ha provato la bambina Liliana, amata così tanto da tutti, che d’un tratto viene esclusa dalla scuola. Ancora oggi, a distanza di tanti anni, non si spiega le ragioni così come non si spiega quell’indifferenza delle compagne di classe (circa 25 ricorda) che non si accorsero di quel banco rimasto vuoto. Nessuna delle sue compagne si è domandata: “Dove è finita Liliana?”. E la maestra che si congeda da lei con una frase terribile: “Mica le ho fatte io le leggi razziali”. Perché non posso più andare a scuola? Perché quella buona scuola pubblica statale milanese mi ha espulsa? Il papà e i nonni faticano a spiegarle che è per via di alcune leggi contro gli Ebrei.
Perché questo non avvenga più dobbiamo oggi non sottovalutare quello che sta succedendo e pretendere che vengano attuate le uniche soluzioni che si possono mettere in campo senza puerili e sterili scuse. E’ ciò che chiedeva il presidente Mattarella: «La riapertura regolare della Scuole costituisce obiettivo primario da costruire in un clima che auspico di collaborazione e di condivisione»; queste parole trovano perfetta ecco in quelle pronunciate oggi: «Un rischio che non possiamo correre è che alle disuguaglianze tra territori esistenti nel nostro Paese si aggiungano quelle derivanti da effetti della pandemia.
Anche guardando al di là dell’emergenza ogni progetto di ripartenza e di crescita sostenibile passa inevitabilmente per la capacità di ogni istituzione di innovare e di intraprendere percorsi virtuosi e, al tempo stesso, per la capacità del sistema di offrire opportunità a chi oggi ne ha meno, di intervenire sugli squilibri ambientali e le sperequazioni territoriali».
Un appello in perfetta sintonia con quello di Papa Francesco che, nel suo intervento in merito al Patto educativo globale, ha indicato la necessità che «sia favorita la piena partecipazione delle bambine e delle ragazze all’istruzione», che spesso sono poste al margine dei percorsi educativi e che in questo periodo caratterizzato dalla pandemia rischiano di essere la parte predominante, dei «quasi 10 milioni di minori», tanto che si parla di «catastrofe educativa» che «potrebbero essere costretti a lasciare la scuola a causa della crisi economica generata dal coronavirus», dopo che il ricorso alla didattica a distanza «ha mostrato una marcata disparità delle opportunità educative e tecnologiche». Indispensabile, dunque, «vedere nella famiglia il primo e indispensabile soggetto educatore».
Fonte: Orizzontescuola.it