Insieme ad altri due attivisti è stato condannato per aver protestato pacificamente contro il governo. L’anno prossimo vanno a processo altri 30 leader democratici
Joshua Wong, Agnes Chow e Ivan Lam sono stati condannati rispettivamente a 13,5, 10 e 7 mesi di carcere a Hong Kong per aver promosso e partecipato l’anno scorso a una manifestazione «non autorizzata» contro il governo e il suo tentativo, poi fallito, di far passare una legge sull’estradizione. I tre attivisti democratici si erano dichiarati colpevoli settimana scorsa davanti al giudice per sensibilizzare l’opinione pubblica davanti a un abuso di potere che ha come unico scopo quello di intimidire la popolazione e frenarla dal protestare attivamente contro il governo.
Il 21 giugno, nell’ambito delle manifestazioni contro la legge sull’estradizione, migliaia di persone si erano riunite fuori dalla stazione di polizia per protestare contro l’uso sproporzionato della violenza da parte degli agenti. In quell’occasione, ricorda Hong Kong Free Press, la folla gridò slogan come «rilasciate i martiri», in riferimento alle centinaia di persone arrestate, mentre altri lanciarono uova contro la sede e sfregiarono i muri con alcuni graffiti. Wong prese anche il microfono, contestando il modo in cui il governo aveva definito le manifestazioni legittime («Rivolte»), intonando lo slogan: «Nessuna rivolta, solo tirannia».
«CI ATTENDONO GIORNI DURI, MA RESISTEREMO»
«I giorni che ci attendono saranno duri, ma noi resisteremo!», ha gridato Wong in aula dopo la lettura della sentenza mentre veniva portato in carcere dalla polizia. In un messaggio scritto in precedenza, e pubblicato su Twitter dai suoi avvocati, ha aggiunto:
«Questa non è la fine. Davanti a noi si apre un altro terreno di scontro. Ora ci uniremo alla battaglia in prigione insieme a tanti manifestanti coraggiosi, una battaglia meno visibile ma altrettanto essenziale per la libertà di Hong Kong e la democrazia. La tenacia degli abitanti di Hong Kong continua a darci forza nelle nostre sofferenze. Per piacere, tenete dure e sostenetevi l’un l’altro».
NEI PROSSIMI MESI, OLTRE 30 LEADER DEMOCRATICI A PROCESSO
Anche se i tre giovani attivisti (hanno tutti meno di 30 anni) non sono stati condannati in base alla legge sulla sicurezza nazionale, si tratta della prima importante condanna a Hong Kong di leader democratici da quando la nuova norma ha cambiato completamente il panorama politico e giuridico della città. Come dichiarato a tempi.it da Wu Chi-wai, presidente dal 2016 del Partito democratico di Hong Kong, «ormai è morto il modello “Un paese, due sistemi”», che doveva garantire alla città piena autonomia fino al 2047, come sancito in un trattato internazionale.
Quello di oggi è soltanto un assaggio di ciò che attende l’opposizione democratica in città. Il prossimo anno processi simili contro la libertà di espressione e assemblea colpiranno 26 attivisti colpevoli di aver commemorato la strage di Piazza Tienanmen, nonostante il divieto imposto dalle autorità per la prima volta dal 1990. Tra questi, ci sono anche Lee Cheuk-yan, (che ha partecipato a Milano nel novembre scorso all’incontro organizzato da Tempi, La libertà è la mia patria), Albert Ho, il magnate Jimmy Lai, recentemente intervistato da Tempi, e lo stesso Joshua Wong.
Lee, Ho e altri 13 attivisti, tra i quali il «padre della democrazia in Hong Kong», Martin Lee, dovranno rispondere l’anno prossimo a vario titolo anche dell’accusa di aver «organizzato e partecipato ad assemblee non autorizzate». È la stessa accusa che ha portato in carcere Joshua Wong, Agnes Chow e Ivan Lam. La governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, accusata di essere un «burattino nelle mani di Pechino», si è detta «soddisfatta» dei processi aperti e della condanna. Soddisfatta che i migliori giovani della sua città per impegno e passione politica finiscano in carcere uno dietro l’altro insieme ai simboli storici della lotta per la libertà di Hong Kong.
Fonte: Leone GROTTI | Tempi.it