L’Arcigay si è scagliata con violenza contro il sacerdote per aver scritto «sono nato da un padre e una madre». Cosa succederà quando il ddl contro l’omotransfobia sarà legge?
Se qualcuno poteva ancora nutrire qualche dubbio circa la natura totalitaria e liberticida dell’ideologia gender, e delle conseguenze che se ne avrebbero qualora il progetto di legge Zan di contrasto all’omofobia cosiddetta diventasse definitivamente legge (è in attesa di andare al Senato dopo esser stato approvato alla Camera), quanto accaduto di recente a don Maurizio Patriciello rappresenta un caso da manuale.
A seguito dell’infausta decisione della ministra Lamorgese di ripristinare l’orrida dicitura di “genitore 1-genitore 2” al posto di quella di padre e madre che corrisponde al dato di natura (sul punto rimando all’ottima intervista ad Alfredo Mantovano qui), don Maurizio – che è anche una nota firma di Avvenire – pubblica sul suo profilo Facebook un commento che vale la pena riportare integralmente:
«Sono nato da un padre e una madre. Mio padre era maschio, mia madre femmina. Sono loro eternamente grato per il dono immenso della vita. Genitore 1 e genitore 2 mi ricordano le prime addizioni alla scuola elementare. Un obbrobrio. Smettiamola. Facciamo le persone serie. E badiamo ai veri problemi del Paese».
Come si vede, un commento senza il benché minimo tono offensivo, senza alcuna traccia di contenuti violenti, con parole di assoluto buon senso e, soprattutto, aderenti alla realtà dei fatti (e questo perché con buona pace dei gender-mi del politicamente corretto in salsa omosessualista, fino a prova contraria gli esseri umani nascono sempre, e dico sempre, a seguito della fecondazione di un ovocita femminile da parte di uno spermatozoo maschile, ciò che rende di sesquipedale evidenza che la paternità e la maternità non sono qualifiche arbitrarie bensì connaturate al processo stesso della nascita). Eppure, tanto è bastato per scatenare le ire dell’Arcigay di Napoli che «stigmatizza con sgomento» (sic!) quanto espresso dal malcapitato sacerdote
Ma leggiamo con attenzione le pacate dichiarazioni del presidente dell’associazione, Daniela Lourdes Falanga, riportate in un comunicato stampa:
«Don Patriciello continua a confondere se stesso con lo Stato. Continua a diffondere quella cultura eteronormata che silenzia la verità dei fatti, di famiglie che semplicemente vanno tutelate, e della tutela essenziale dei loro bambini. Ma lui, in un’area geografica anche molto complicata, non regola il proprio disprezzo per una formula inclusiva, che si vuole reintrodurre, e lo grida a gran voce, perché nonostante tutto esiste il sano e l’insano, e la Chiesa deve alzare la voce in uno Stato laico e garante di tutti i cittadini e le cittadine. E la sua intolleranza, la sua visione ideologica dello Stato, toccherà migliaia di persone. Ed il problema reale è questo, trovarsi in una posizione di visibilità alta e strategica per poter creare danni irreparabili sul piano culturale. E poi il richiamo subdolo alle femministe, in un altro post, che addirittura vuole rivendicare l’autenticità e la libertà del genere femminile, in una leggibile demagogia, che certo può toccare chi non sente consapevolmente quanto sia disparitario il ruolo delle donne nella Chiesa innanzitutto. Come al solito si discute e si scrivono cose senza alcuna formazione, e le responsabilità si fanno politiche, grandi, esattamente come ogni cosa innescano argomenti mal trattati, o deliberatamente espressi per creare nuove guerre di libertà».
Non credo servano commenti. Così come si commentano da sole le parole, altrettanto moderate e dai toni concilianti, del segretario dell’Arcigay Napoli, Antonello Sannino:
«Inaccettabile ingerenza da parte di padre Patriciello. Colui che si professa dalla parte dei deboli, ancora una volta è pronto a vomitare odio gratuito sui social. Non è la prima volta che questo personaggio cerca visibilità politica e pur di ottenerla scarica tutto l’odio e la rabbia sociale, ancora più pericolosa in questo delicato momento storico, contro le persone #LGBT e contro le nostre famiglie. Siamo pronti ad una manifestazione a Caivano. Gli speculatori sociali e i seminatori di odio, come Maurizio Patriciello, sono uno dei veri problemi di questo Paese. È inaccettabile!».
Insomma, una lapidazione vera e propria, con le parole al posto delle pietre (in questa come in altre situazioni il primo termine è sinonimo del secondo). Ma questo, lo dicevamo all’inizio, è solo l’antipasto di ciò che può accadere, anzi che accadrà sicuramente qualora l’inutile e liberticida disegno di legge Zan voluto dal governo Conte (per inciso, lo stesso governo che, stando alle cronache di questi giorni, sembra essere tenuto in grande considerazione da ampi settori della Chiesa italiana e non solo, nonostante si sia ampiamente connotato per essere il governo più anticattolico dell’intera storia repubblicana) fosse approvato anche al Senato. D’altra parte, non la scopriamo certo ora l’intolleranza dei sedicenti tolleranti. Né scopriamo ora tutta l’ipocrisia che il concetto stesso di tolleranza reca in sé, come aveva denunciato in epoca non sospetta un tale che si chiamava Pier Paolo Pasolini:
«La tolleranza – sappilo – è solo e sempre puramente nominale (…). E questo perché una “tolleranza reale” sarebbe una contraddizione in termini. Il fatto che si “tolleri” qualcuno è lo stesso che lo si “condanni”. La tolleranza è anzi una forma di condanna più raffinata. Infatti al “tollerato” – mettiamo al negro – si dice di fare quello che vuole, (…) che il suo appartenere ad una minoranza non significa affatto inferiorità (…). Ma la sua “diversità” – o meglio la sua “colpa” di essere diverso – resta identica sia davanti a chi abbia deciso di tollerarla, sia davanti a chi abbia deciso di condannarla».
Per questo mai come ora occorre tenere alta la guardia e combattere la buona battaglia. Che oggi significa anche, non solo ma anche, tornare a chiamare le cose col loro nome. Lo aveva lucidamente anticipato il grande G. K. Chesterton: «Fuochi verranno attizzati per dimostrare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate». Ci siamo.
Fonte: