Cari amici, quest’oggi riportiamo la testimonianza di Lucia che ci ha raccontato di una tenacia nel proteggere il proprio figlio, anche di fronte a innumerevoli difficoltà. Ora ha una bellissima bambina e ha intrapreso un percorso di conversione nella fede cattolica nella speranza di potersi al più presto sposare, preservando la virtù della castità fino a quel giorno.
Correva l’anno 2015. Avevo appena compiuto 21 anni. Non avevo idea di come impostare il mio futuro. Ero indecisa se continuare gli studi (magari anche all’estero) se fare un corso di specializzazione o se sperare di stabilizzarmi con un lavoro che richiedesse solo il diploma. Nel frattempo vivevo alla giornata, tra aperitivi con le amiche, giri in centro e serate a parlare del più e del meno con una sigaretta in mano.
In quei momenti mi sentivo felice, spensierata, una ragazza con la vita davanti. Tornata a casa dalle ennesime serate in allegria, provavo però un profondo senso di vuoto. Il divertimento continuo e questa grande “libertà”, mi avevano resa schiava della superficialità.
Col mio fidanzato le cose non andavano bene. Decidemmo però ugualmente di trascorrere due settimane al mare insieme. Rientrata a casa dalla vacanza iniziai a sentirmi poco bene. Mi svegliavo sempre stanca e debole e avevo spesso dei giramenti di testa. Soffrendo di ciclo irregolare mi era capitato spesso di avere dei ritardi nelle mestruazioni, che si erano poi conclusi solo con un po’ di spavento. Mi era quindi difficile pensare ad una gravidanza.
Ero convinta però che il medico, prima di prescrivere analisi per valutare il mio stato di salute, volesse certezze su un’eventuale gestazione. Così andai in farmacia e comprai svogliatamente un test, sicura dell’esito negativo.
Immediatamente le linee si colorarono vivacemente di rosa.
Ero incinta.
Nonostante sapessi che i comportamenti tenuti al mare avrebbero potuto sfociare in questo esito, mi sembrava una cosa impossibile. Quelle situazioni che possono accadere solo agli altri, alle quali noi siamo immuni. Quei rischi che corriamo sicuri di non finirci mai dentro.
Da lì iniziò tutto. Da quelle due linee rosa acceso, che urlavano la vita dentro di me.
La prima persona a cui dissi di essere incinta fu mia mamma. Si sentì male.
Il secondo fu il mio compagno, che rimase sconvolto.
I miei genitori sono divorziati. Avevo litigato con mio padre e non lo sentivo da mesi. Non apprezzava la piega che avevo preso: senza progetti, vuota, alla giornata. Quindi ogni volta che ci vedevamo finivamo per avere forti discussioni, giungendo infine a perdere i contatti.
Fu mia mamma a telefonargli, nonostante non fossero per niente in sintonia, per comunicare cosa fosse successo. Poco dopo mi chiamò. Risentirlo era per me una grossa gioia. Mi mancava tantissimo, ma la superficialità con cui stavo affrontando la vita non mi aveva permesso di coltivare un rapporto con lui.
I miei genitori, che fino a quel giorno non erano mai stati d’accordo su nulla, mi dissero che indipendentemente da come fossero andate le cose col papà del bambino, mi avrebbero aiutata a crescerlo.
Andai così a fare la prima ecografia. Sentii subito il suo cuoricino battere forte.
Una emozione unica.
La Vita stava nascendo dentro di me. Quel cuoricino così piccolo stava già facendo miracoli.
Per la legge italiana a questo punto della gestazione la donna può decidere di ricorrere all’interruzione della gravidanza ancora per due mesi. Dopo aver fatto vedere l’ecografia di nostro figlio al mio fidanzato, mi propose di cercare una casa più grande dove poter stare comodamente in 3.
I suoi genitori non la presero bene. Non erano convinti che fossimo in grado di gestire un bambino e di formare una famiglia così giovani. Nonostante questo il mio compagno li mise subito a tacere, arrivando anche a non parlare con loro per giorni. Ero felice di avere al mio fianco un vero uomo, pronto a difendere suo figlio.
Passò un mese e andai a fare la seconda ecografia. Questa volta con il mio ragazzo.
Il bambino (che poi nel tempo scoprimmo essere una femminuccia) era perfettamente formato. Lo vedevamo giocare e saltare appeso al cordone ombelicale. Aveva un profilo del tutto simile a quello che ha adesso, a quasi 5 anni di età.
Per la legge italiana avrei potuto abortire ancora per un mese.
Ma non ho mai ceduto.
Quella bambina ha fatto miracoli. Ha reso amici anche i miei genitori che non si parlavano da anni.
Gli altri nonni, che erano quelli inizialmente più titubanti, ora stravedono per lei e la considerano la loro gioia più grande.
Quell’esserino, che era solo un puntino nella mia pancia, ora ha quasi 5 anni e ci ha resi tutti persone migliori. Dallo sgomento iniziale, ha portato tanta gioia e tanta felicità. Se non ci fosse lei non so adesso dove sarei e cosa ne sarebbe di me.
Io ho donato la vita a lei, ma lei l’ha ridonata a me.
Fonte: StudentiUniversitariperlavita.org