Il 6 marzo ricorre «La giornata dei Giusti dell’umanità», dedicata a tutte le persone che hanno difeso la vita umana e la sua dignità in situazioni drammatiche. La ricorrenza invita le scuole a «organizzare, nell’orario scolastico, iniziative mirate a far conoscere ai giovani le storie di vita dei Giusti, a renderli consapevoli di come ogni persona debba ritenersi chiamata in causa, in ogni tempo e luogo, contro l’ingiustizia». La concezione di Giusto contenuta in questa celebrazione viene dalla cultura ebraica che riteneva tale l’uomo capace di distinguere il bene dal male e di assumersene la responsabilità: chi si oppone — come può — al male e fa — come può — il bene. Per questo motivo amo le strane parole di Cristo nel sesto capitolo del racconto di Matteo: «Non preoccupatevi dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Il Padre vostro, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena». Di che giustizia si parla e come può mai venir prima di mangiare, bere, vestirsi? Idealismo da sognatore o sfida per una felicità per noi impensabile? C’è un essenziale che viene dal nostro essere animali e un essenziale che viene dal nostro essere umani? O l’uomo è davvero solo un lupo per l’altro uomo?
Gli animali sono guidati dall’istinto verso ciò che serve loro per sopravvivere, l’uomo invece sembra sopra-vivere, vive oltre i bisogni primari: dà loro senso attraverso progetti, ricordi, desideri, simboli (nessun animale apparecchia la tavola o regala un fiore). Sembra esserci per noi una vita più essenziale di quei bisogni che sono dati «in aggiunta» non perché non siano primari, ma perché in realtà sono secondari rispetto a «cercare il regno di Dio e la sua giustizia», e la giustizia è prendersi cura del mondo come il Padre si prende cura delle creature (il passo di Matteo parla della cura che Dio ha per i fiori più fragili): più corretto sarebbe dire «giustezza», perché la giustizia ha come riferimento la legge, la giustezza il bene dell’altro. Questo libera dall’ansia tipica dell’egoismo, «il domani si preoccupa di se stesso», non noi, perché «ogni giorno ha già la sua pena». Non si tratta di una visione negativa ma di una presa di posizione che porta a rispondere all’incompiutezza della vita. Io interpreto infatti la frase così: «ogni giorno vale la pena», ogni 24 ore ci sono cose e persone che hanno bisogno di me per fare un passo verso il loro compimento e nell’aiutarle a farlo io compio me stesso. Se facessi il mio lavoro solo per lo stipendio e la pensione mi angoscerei e perderei l’essenziale: la gioia di fare l’insegnante. Invece «vale la pena» fare una bella lezione, guardare con attenzione ogni studente, essere gentile con i colleghi… perché questo mi porta fuori dal «mio mondo» primario e mi apre «all’altro mondo» (l’aldilà è sempre aldiqua, all’inferno o in paradiso non si va, ma ci si è già): fare così, o almeno provarci, a poco a poco mi ha portato dove non mi sarei mai aspettato, perché scoprire ogni giorno un «nuovo mondo» è sì faticoso, ma rende la vita avventurosa e libera dall’ansia di ciò che non è sotto il nostro controllo. Ciò che è dato «in aggiunta», pur essendo primario per l’animale, non è tale per noi perché è solo l’ambito entro il quale può accadere la «giustezza». Tutte le volte che non la cerco come fine divento insoddisfatto e nervoso: le cose «in aggiunta» finiscono con il dominarmi, invece la giustezza libera e accresce.
Borges lo dice così nella poesia I giusti: «Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire./ Chi è contento che sulla terra esista la musica./ Chi scopre con piacere un’etimologia./ Due impiegati che in un caffè giocano in silenzio agli scacchi./ Il ceramista che immagina un colore e una forma./ Il tipografo che compone bene una pagina che forse non gli piace./ Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto./ Chi accarezza un animale addormentato./ Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto./ Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson./ Chi preferisce che abbiano ragione gli altri./ Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo». La salvezza del mondo è alla nostra portata, il «regno di Dio» è un posto dove ci si prende cura del compimento delle cose incompiute: «ogni giorno vale la pena». Il 6 marzo potremmo leggere questa poesia in classe e raccontare ai ragazzi un Giusto: chi è stato capace di dare e non solo di prendere, come facevano, senza che nessuno lo sapesse, Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci. E poi chiedere ai ragazzi come saranno Giusti, a partire da quelle 24 ore.
Fonte: Corriere.it