Quando InTerris mi ha chiesto di dire che senso ha per me, religiosa, la “festa della donna”, da subito il mio pensiero è andato alle donne vittime di violenza.
Donne tradite, bambine vendute, ragazze rapite, donne ancora oggi oggetto di violenza verbale che lascia nell’anima ferite indelebili più di quelle fisiche. Negli ultimi anni ho seguito l’impegno di Don Aldo per “liberare le donne” e ho capito che è molto di più che liberarle dalla strada, da un padrone. Liberare la donna dal pregiudizio, dal dover sempre dimostrare di essere all’altezza della situazione, dalla necessità di farsi perdonare qualcosa.
Mi ricordo il giorno della festa della donna dei miei 16 anni: il docente di lettere, un uomo slanciato, cavallerescamente arriva con un sacchetto pieno di ramoscelli di mimosa e li distribuisce a noi ragazze. La terza E dell’istituto tecnico commerciale aveva poche donne e molti ragazzi. A me piacevano da matti il diritto e la ragioneria e quindi, contravvenendo ai cliché del classico o dello scientifico, tenacemente mi iscrissi alla vecchia buona ragioneria.
Noi ragazze avevamo preso quel ramoscello con semplicità, ma anche con una certa ironia adolescenziale. L’ora successiva arriva la docente di geografia, una femminista che non vedeva di buon occhio il ramoscello di mimosa come quello d’ulivo. Davanti al primo si grida alla strumentalizzazione, per il secondo all’ideologia religiosa che obnubila le menti. Giù tutte il ramoscello sotto il banco. Non io: ero fiera di quel ramoscello, di quel gesto gentile e non mi sentivo schiava, donna schiava di una cultura maschilista che si approfitta di una festa della donna per affermare la propria superiorità.
Dopo 30 anni ripenso a quella ragazza che non nascose il ramoscello e mi domando se avrei oggi il medesimo coraggio, la medesima determinazione di difendere un gesto gentile. Allora è questa la festa della donna del 2021 per me Anna Monia, una suora, con una scelta determinata, evidente, non mascherata. E mi ritorna alla mente la scelta di una vita che voleva tenere insieme l’impegno morale e l’impegno civile. Si può essere una donna che lavora, una manager, un presidente di un governo senza snaturarsi? Occorre davvero sempre essere aggressive per affermarsi? Insomma, la domanda di sempre: posso cambiare la società, il mondo, la politica, senza essere a mia volta corrotto? Eppure è possibile tenere insieme le cose mettendoci la faccia.
“Donna, cosa vuoi da me? non è giunta la mia ora” disse Gesù alla Madre, il cui sguardo fisso sulle giare diceva: “Si, ho capito figlio mio, ma qui non hanno più vino. Non sarà giunta la tua ora, ma qui serve il vino”. La semplicità, la determinazione di una donna che sfida i cliché.
Infine questa donna, una suora che si mette faccia a faccia con i poliziotti per fermarli, una donna minuta, con un abito neanche tanto pulito, che si permette di inginocchiarsi di fronte a dei soldati. Una donna che non è coraggiosa perché ha sfidato i soldati, che nella peggiore delle ipotesi avrebbero potuto imprigionarla o ucciderla, ma una donna che osa sfidare i cliché … che cosa avranno detto le sue consorelle? Ecco la fanatica di sempre che pensa di poter cambiare lei il mondo. A Lourdes Bernadetta, quando raccontò che le era apparsa la Madonna, era stata ritenuta una matta.
Ecco cosa una donna può fare: restare fedele a se stessa sino in fondo e fare della propria gentilezza, del proprio essere, un atto di forza che sfida le convenienze. Credo che questo faccia innamorare tanti giovani della bellezza della vita, della bellezza di una vita dedicata ad un grande ideale.
La libertà di scelta educativa, il pluralismo scolastico che liberano la persona dalla schiavitù dell’ideologia, dell’idiozia culturale, sono per me cosi fondamentali che possono giustificare una vita che sfida i cliché.
Ragazze, vi auguro che vi venga regalato un ramoscello di mimosa, che con fierezza terrete in mano sia che voi abbiate le ballerine o il tacco 12, fiere di una testa e di un cuore che volano alto e fanno volare i vostri sogni, i sogni dei vostri figli, certe che questa forza gentile cambia il mondo.
Fonte: Suor Anna Monia Alfieri – Interris.it