Chi lo conosce bene sa che don Davide Banzato se la cava anche a pallone, ma a lungo ha giocato soprattutto a nascondino e lo ha fatto con Dio: per un po’ è riuscito anche a tener testa alla chiamata, ma alla fine quel ragazzino che nella sua Padova gridava «Tutto ma prete mai» si è lasciato battere e da 15 anni è sacerdote. Una storia che don Banzato, assistente spirituale di Nuovi Orizzonti e volto noto in tv di programmi religiosi, racconta proprio in «Tutto ma prete mai », in libreria da oggi, mercoledì 14 aprile, (Piemme, 302 pagine, euro 16,90). Dentro queste pagine ci sono volti e nomi frutto di mille incontri sulle strade, secondo la mission di Nuovi Orizzonti, insieme a tutte le «Dio-incidenze», come le chiama la fondatrice Chiara Amirante, che hanno stravolto ma soprattutto coinvolto la vita di don Banzato. Nel raccontare molte volte è un fiume piena, in altre entra in punta di piedi nelle storie altrui e si capisce che il libro sgorga dal cuore, perché don Davide non si nasconde mai dietro un dito, neppure quando parla dei suoi innamoramenti o di prove che non finiscono, neanche da prete. Coinvolgenti sono le pagine dedicate a Medjugorje e agli ostacoli frapposti dalla mafia locale interessata all’area dove sorge la Cittadella Cielo di Nuovi Orizzonti: don Banzato e Amirante vengono bersagliati da lettere anonime con le peggiori infamie (pedofilia, droga) mandate a cardinali e vescovi e rischiano perfino la vita quando le loro auto vengono manomesse.
“Gli incontri che mi hanno cambiato”
Il libro non ha tratti agiografici: colpisce in positivo, ad esempio, la mancanza di riferimenti ai “successi” televisivi e al coinvolgente modo di spiegare Gesù sul piccolo schermo proposto da don Banzato. Ma non è neppure un manuale per diventare preti. «La vocazione – scrive don Davide – non è mai solo nostra, è un parto a cui tanti prendono parte. La vera vocazione di tutti è fare brillare quella scintilla interiore che ci rende unici e irripetibili, puntando a fare della nostra vita un capolavoro, vivendo con intensità e amore ogni attimo presente. La vo-cazione siamo noi stessi, con tutto il nostro bagaglio di esperienze ». Gioca con i titoli dei capitoli l’autore: «pre-vocazione», «pro-vocazione», «voc-azione», perché nella chiamata c’è tutto, compreso un inferno esistenziale dopo quel grido «Tutto ma prete mai». Anche altri incontri disegnano la parabola vocazionale, come quello con il parroco romano don Andrea Santoro, poi ucciso in Turchia. O l’anno prima dell’ordinazione quello con un’altra ragazza: «È iniziato da lì un vero e proprio calvario che mi ha portato a vivere uno sdoppiamento mai sperimentato prima. Da una parte il mio cuore batteva come non mai, dall’altra avevo la consapevolezza di aver sentito con estrema chiarezza la chiamata di Dio per il sacerdozio».
“Alla fine mi sono fidato di Dio”
L’aspirante prete allora vuole capire e si rifugia in una chiesetta, solo con acqua, fette biscottate e tabernacolo e qui avverte un altro segno e comprende che è bene fidarsi del Signore. E si fida anche la mattina dell’ordinazione, quando va su un monte con mille dubbi e gli fanno sapere che il vescovo ordinante Salvatore Boccaccio, che incontrò da ragazzino in una vacanza estiva e che poi ritroverà presule proprio a Frosinone dove don Banzato è diventato prete e ora vive, ha avuto un incidente ed è finito in ospedale: pensa ad un altro segno, stavolta per non rispondere alla chiamata, ma Boccaccio firma, lascia l’ospedale e gli dice: «Questa notte sono caduto a terra, ma non è stato un incidente. Ho sentito una chiara e netta spinta da dietro. È stato il diavolo, perché non vuole che io ti ordini sacerdote, ma io sono venuto lo stesso».
Fonte: Igor Traboni | Avvenire.it