Il Paese è stato travolto da una nuova, disastrosa ondata del virus, legata anche alla diffusione della variante brasiliana, ed è balzato ai primo posto nel mondo per numero di morti rispetto alla popolazione. A lanciare l’allarme è la Ong Medici senza frontiere, impegnata nel Nord dello Stato andino
(Foto Reuters sopra: peruviani in coda a Lima in attesa di poter riempire le bombole di ossigeno per i familiari malati di Covid).
La pandemia continua a martoriare il continente latinoamericano, con numeri allarmanti. I dati dell’Organizzazione panamericana della salute (Ops) dicono che in 32 Paesi e territori delle Americhe si sono registrati casi riconducibili a una delle tre varianti del virus. E dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) arriva la notizia che in America latina non si disponde della quantità di vaccini di cui si avrebbe bisogno. Dopo la tragedia immane del Brasile, ora l’allarme è per il Perù, messo in ginocchio da una nuova, disastrosa ondata di contagi. Ad aggravare la situazione sono state anche le elezioni presidenziali e politiche, che si sono svolte l’11 aprile – il primo turno, il ballottaggio è fissato al 6 giugno – e che le autorità hanno deciso di non rimandare: dopo pochi giorni dal voto – che in Perù è obbligatorio – il numero dei morti nel Paese ha superato i 400 in sole 24 ore, una cifra record.
Secondo i dati dell’Oms, nella prima settimana di aprile su una popolazione di 33 milioni di abitanti si sono registrati in media quasi 10mila nuovi casi e 330 morti al giorno. Il numero delle vittime è aumentato del 50% rispetto alla settimana precedente: un dato che fa balzare il Perù al primo posto nel mondo per numero di morti rispetto alla popolazione. Ad oggi, i casi totali hanno superato 1,7 milioni, le vittime sono quasi 58mila. Attualmente solo il 3% dei peruviani hanno ricevuto la prima dose della vaccinazione. Prima di Pasqua e della tornata elettorale, il Governo di Lima aveva imposto un lockdown totale – con coprifuoco di 24 ore, divieto di usare i mezzi privati, sospensione dei collegamenti pubblici tra le città e dei voli interni – per cercare di porre un argine alla diffusione del virus. Ma la situazione è disastrosa.
A lanciare l’allarme è anche Medici senza frontiere, impegnata nel Paese andino: gli ospedali rischiano il collasso – avverte la Ong -, mancano le scorte di ossigeno e l’ondata dei contagi è resa ancora più critica dalla diffusione della variante P1, la cosiddetta variante brasiliana. Msf ha lanciato un intervento d’emergenza in collaborazione con le autorità sanitarie della provincia di Huaura, a nord di Lima, dove l’ospedale regionale della città di Huacho scarseggia di personale e non riesce a far fronte all’aumento dei casi. «Il personale medico lavora oltre le proprie possibilità, ma le risorse per le terapie intensive non bastano», sono le parole di Jean-Baptiste Marion, capomissione di Msf in Perù, riportate dalla Ong. «Il nostro intervento ha due obiettivi principali: alleggerire la pressione sull’ospedale di Huacho con una struttura ausiliaria, dove possiamo curare i pazienti positivi non critici e fornire ossigeno quando necessario. E collaborare con le comunità locali per migliorare la diagnosi precoce, identificando i pazienti e fornendo l’assistenza necessaria per non raggiungere condizioni critiche».
Uno dei problemi principali, spiega l’organizzazione, è la riluttanza delle persone a farsi assistere quando si scatenano i primi sintomi del virus: tanti malati decidono di rivolgersi a soluzioni private, che molte volte non garantiscono l’assistenza necessaria, o addirittura pensano di medicarsi da soli. Con conseguenze devastanti per il sistema sanitario: in molte città le persone formano lunghe code, anche per giorni, per riempire le bombole di ossigeno dai pochi serbatoi funzionanti e prendersi così cura in casa dei loro familiari malati. Come riportano i dati locali, la domanda di ossigeno è aumentata del 200% con la seconda ondata del virus e il numero dei contagi e dei morti è quadruplicato rispetto a dicembre 2020.
Oltre che fornire assistenza medica diventa dunque necessario e urgente per Msf provvedere a una vasta campagna di informazione e sensibilizzazione, collaborando con le autorità locali affinché la popolazione si affidi al sistema sanitario e non ricorra alle terapie fai da te, peggiorando la situazione già molto difficile. Ma l’immunizzazione resta l’arma fondamentale per invertire la rotta. «Senza una spinta importante della campagna di vaccinazione», aggiunge Marion, «è difficile aspettarsi un miglioramento in tempi brevi».
Anche la Chiesa locale è impegnata in prima linea: nella periferia nord della capitale Lima, la diocesi di Carabayllo, guidata da monsignor Lino Panizza, ha concluso la raccolta fondi promossa per costruire un nuovo impianto di produzione di ossigeno di proprietà della curia stessa. A Lima Norte, Carabayllo è il distretto con il tasso più elevato di contagi. L’impianto della curia, una volta a regime, produrrà 48 bombole al giorno: una risposta concreta alle mancanze e alle sofferenze dei quartieri più poveri della città.
Fonte:Giulia Cerqueti | FamigliaCristina.it