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Intrappolata in un macchinario tessile: muore Luana, mamma di 22 anni
— 4 Maggio 2021— pubblicato da Redazione. —
Giovane mamma di un bimbo di 5 anni e operaia, Luana D’Orazio è rimasta impigliata e poi intrappolata nel rullo a cui lavorava. Sotto sequestro il macchinario.
E’ passata una manciata di giorni dalla Festa dei lavoratori e ci si risveglia con una brutta doccia fredda. In Toscana, a Oste di Montemurlo in provincia di Prato, una giovanissima donna è morta in un tragico incidente nella fabbrica tessile in cui lavorava. Luana D’Orazio, 22 anni, lascia un bimbo di 5 anni.
Morire in fabbrica
Ieri mattina, 3 maggio, verso le 10 si è consumato il dramma, gli inquirenti offriranno un quadro più chiaro sull’accaduto nelle prossime ore. Secondo le ricostruzioni Luana D’Orazio era al lavoro nella fabbrica tessile da cui era stata assunta un anno fa. Giovane mamma di un bimbo di 5 anni, viveva con i genitori e il fratello a Pistoia.
Non ci sono testimoni che possano raccontare l’incidente, ma si suppone che la ragazza sia stata intrappolata dentro l’ingranaggio dell’orditoio, la macchina che permette di preparare la struttura verticale della tela. Il rullo l’ha trascintata e lei è rimasta incastrata nella trappola mortale. Nessun allarme è scattato, quel macchinario è stato messo sotto sequestro.
Accanto a lei c’era un collega, girato di spalle: quando si è voltato ha visto quello che era successo, ma ha riferito di «non aver udito grida di aiuto».
I soccorsi sono stati allertati subito, ma è stato impossibile salvare la vita di Luana. Solo l’intervento dei vigili del fuoco ha reso possibile il recupero del cadavere su cui ora è stata disposta l’autopsia.
Uninanime il coro di protesta dei sindacati, per una morte sul lavoro che suscita sdegno. La pandemia ha spostato l’attenzione altrove, ma da inizio 2021 sono 120 i decessi sul posto di lavoro. Quasi uno al giorno.
Chi era Luana?
C’è una foto di lei insieme a Leonardo Pieraccioni che ora è su tutti i principali quotidiani italiani. A quanto pare Luana aveva preso parte all’ultimo film del regista toscano.
Vista la risonanza del caso mediatico, c’è da scommettere che nei prossimi giorni ogni centimetro di vita privata di questa ragazza sarà squadernato. La vittima diventa anche vittima delle nostre curiosità morbose.
Basta, invece, quel poco che sappiamo. Bastano i sorrisi dei mille selfie sul suo profilo Instagram. Era giovanissima e aveva un bimbo di 5 anni. Anche se non sappiamo il come, il quando e il perché, sappiamo che non è scontato scegliere la maternità quando si è così giovani. Sono talmente numerose e forti le spinte sul “farsi prima una vita”, sul “non rovinarsi il futuro”. Luana evidentemente era stata di altro avviso e cresceva suo figlio, aiutata dai suoi genitori.
Sarà stata entusiasta di comparire in una grande produzione cinematografica italiana. Era bella e si poteva permettere i sogni che tutti noi abbiamo avuto da ragazze: essere notate, essere protagoniste di qualcosa di speciale. Luana però era anche molto capace di stare coi piedi per terra. Lavorava in fabbrica. La responsabilità di crescere un figlio probabilmente non le pesava nel modo cupo che tanti vorrebbero farci credere. Però si era rimboccata le maniche e ogni giorno entrava nell’azienda tessile da cui ieri non è uscita.
Altro forse non occorrerebbe sapere, forse queste anime andrebbero lasciate in pace dal chiacchiericcio dei corvi da scoop.
L’ordito della vita
Nel raccogliere le informazioni su questa storia mi sono fermata al punto in cui si descrive la macchina tessile che ha causato la morte di Luana.
I fili arrivano tutti ingarbugliati e l’orditorio li sbroglia, li separa e li tende in modo che vadano appunto a formare l’ordito. Unitamente ai fili della trama, nasce ciò che noi chiamiamo tessuto. La tragedia di Luana è accaduta lì, in mezzo a fili ancora ingarbugliati che sarebbero poi diventati un’opera tessile finita, bella, pregiata.
So che, in questi casi, il copione prevede un commento adeguato con frasi mordaci sulle madri lavoratrici, sui tanti problemi legati alla sicurezza sul posto di lavoro e anche sui giovani che, forse, non sono così bamboccioni.
Resto invece sui quei fili ingarbugliati e pronti per essere trasformati in tessuti. A 22 anni non è vero che la vita è tutta un putiferio sconclusionato di sogni e spensieratezza. Luana aveva già un ordito bello chiaro: un figlio da amare. Alle ipotesi su cui noi fondiamo la nostra vita (le scelte quotidiane e la speranza) si unisce il mistero della trama. Il tessuto che è ogni anima nasce dall’intreccio unico tra i nostri slanci e l’imprevedibile presenza della realtà che ci viene incontro. Quante volte Dio è stato paragonato a un tessitore?
Qualcuno dirà che nel caso di Luana anche il macchinario di Dio si è rotto in modo inspiegabile. Penso invece che tutti saremo presi come lei, improvvisamente mentre i nostri fili sono ancora tutti disordinati e noi avremo capito poco e niente delle nostre faccende. Nessuna nostra storia terrena finirà con un bel tessuto finito, andremo in Cielo come matasse aggrovigliate. E là ogni nodo si scioglierà.
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