La gioia di Dio fa planare sulle nuvole e sui cieli. Fa dimenticare la terra. E così diviene facile immaginare san Filippo Neri volteggiare con la sua veste nera — ma radiante di luce — tra angeli e cherubini. Lui, preferiva il Paradiso. Quando si entra nella chiesa romana di Santa Maria in Vallicella, veniamo colpiti — fin da subito — da una cappellina laterale all’altare maggiore. Non si sa perché ma quelle volte architettoniche, piccole e dorate, quelle sante mura, esprimono proprio quel Paradiso tanto desiderato dal santo burlone. Di solito, i resti mortali di un santo, sembrano quasi dare al fedele una sensazione di rispetto e di reverenza. Invece, quando, si è davanti al corpo di san Filippo Neri, viene quasi da sorridere. E non si sa il perché.
Filippo Neri aveva un cuore grande. «La mente si arricchisce di quel che riceve, il cuore di quel che dà», scriveva lo scrittore francese Victor Hugo. E “Pippo buono” — così era chiamato il Neri dal popolo romano dell’epoca — ha sempre donato, nella sua vita, parole di speranza, di amore, di misericordia. Confessore instancabile: sono più che note le sue penitenze. La più famosa è quella data a una signora che era solita calunniare gli altri. «Dopo aver spennato una gallina dovrai andare per le strade di Roma per spargere le sue penne un po’ dappertutto!». Penitenza alquanto strana, eppure la signora fece come detto dal santo. Tornata da san Filippo, mostrandogli il pollo spennato, gli disse: «Padre, ho finito la mia penitenza». E lui: «Ora devi andare per tutta Roma a raccogliere le piume che hai sparso!». «Ma è impossibile. Le piume saranno ovunque!», rispose la signora. La risposta di san Filippo Neri, allora, diviene una sciabola che taglia sì l’orgoglio della donna, ma anche paterno ammonimento: «Anche le chiacchiere che hai sparso per tutta Roma non si possono più raccogliere! Sono come le piume e le penne di questa gallina che hai sparso dappertutto! Non c’è rimedio per il danno che hai fatto con le tue chiacchiere!».
Ma, oltre agli aneddoti sulla sua figura, ormai diventati celebri; oltre a quella raffigurazione — entrata nell’immaginario collettivo di tutti — del Filippo burlone , vi è un carattere del santo che ha ancora tanto da dirci e che — in un certo modo — andrebbe anche riscoperto per prenderlo come esempio per il nostro oggi: il san Filippo Neri pedagogo. Il suo slancio educativo e pastorale nasce nella parrocchia di Santa Maria in Vallicella. L’ obiettivo è ridare slancio alla cura pastorale del centro della città. Per la santificazione dei fedeli la congregazione filippina sceglie lo strumento dell’oratorio. Le attività sono tante e molteplici per natura: letture spirituali, predica di sermoni, narrazione delle vite dei santi e dei padri della Chiesa, lezioni di storia della Chiesa, canto di laudi spirituali, preghiera comune. Lo sguardo del santo, però, si posa soprattutto sulla popolazione povera. E, con maggiore attenzione, verso i bambini. Nel grande cuore di san Filippo ci sono loro: perché «chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me» (Vangelo secondo Matteo, capitolo 18, 5).
Alla sua morte, avvenuta il 26 maggio del 1595, tanti romani lo consideravano già santo. La tradizione narra che quel giorno migliaia di fedeli gli rendessero omaggio. Guardandolo, lì, sul suo letto, sembrava quasi che dormisse. Ma, forse, non ricordavano una sua massima: «Non è tempo di dormire, perché il Paradiso non è fatto pei poltroni».
Fonte: Antonio Tarallo | OsservatoreRomano.va