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Le questioni che dividono il mondo cattolico

Il dibattito sulla vaccinazione anti-Covid non accenna a diminuire, soprattutto nel mondo cattolico, con un’aggressività, da parte di alcuni, che maschera la debolezza delle argomentazioni.

In un precedente articolo abbiamo diffusamente ricordato l’origine di alcune delle linee cellulari utilizzate per lo sviluppo, la produzione e la validazione dei vaccini attualmente in commercio. Molti cattolici, sicuramente in buona fede, hanno sposato una teoria morale secondo la quale la cooperazione anche remota e materiale ad un male commesso da altri nel passato è intrinsecamente illecita. E’ questo il punto su cui le divergenze sono emerse. Infatti, secondo la morale cattolica, una cooperazione materiale al male può essere lecita in presenza di una ragione che sia tanto più grave quanto più prossimo è il grado di cooperazione al male. E’ questa la posizione ufficiale del Magistero della Chiesa, espressa in una serie di documenti emanati dalla Congregazione della Dottrina della Fede e della Pontificia Accademia per la Vita tra il 2005 e il 2021. E’ questa anche la posizione dei più eminenti moralisti contemporanei, a qualsiasi orientamento appartengano, tradizionale o progressista.

Vi sono però alcuni che rifiutano in toto tale asserzione, rinnegando non solo il Magistero ordinario degli ultimi dieci anni, ma anche la dottrina morale che da san Tommaso d’Aquino e sant’Alfonso Maria de Liguori, giunge ai moralisti più recenti come il card. Palazzini, Joseph Mausbach o Ramón García de Haro.

Altri critici del Magistero, pur ammettendo la liceità della cooperazione materiale in determinati casi, affermano che non esisterebbe una ragione proporzionata che determini la liceità del vaccino anti-Covid, perché si potrebbe far fronte alla pandemia attraverso le cosiddette “cure domiciliari” che utilizzano un altro genere di farmaci. Ammesso e non concesso che tali cure siano effettivamente efficaci, vogliamo per un momento ammettere che quanto si afferma sia vero e supporre che la loro efficacia sia superiore rispetto a quella dei vaccini.

I sostenitori di questa tesi rifiutano non solo i vaccini nella cui produzione sono usate linee cellulari provenienti da feti abortiti (es. AstraZeneca e Johnson & Johnson), ma anche quelli che le hanno usate solo per la fase di test (come Pfizer e Moderna). Si deve dunque presumere che, secondo la loro tesi, bisognerebbe rifiutare categoricamente anche tutti quei farmaci che hanno fatto uso di tali linee nelle rispettive fasi di test.

Andando ad analizzarne alcune per i farmaci più comunemente utilizzati nella nostra vita quotidiana, ci accorgiamo che molti di essi, prima dell’immissione in commercio, hanno fatto uso delle stesse linee cellulari utilizzate per i vaccini. In particolare, una delle linee più utilizzate è la famosa HEK-293. Tale linea viene utilizzata perché spesso aiuta i ricercatori a comprendere come i farmaci interagiscono con le cellule in-vitro, soprattutto per capire quali possano essere i possibili effetti su alcune funzioni della cellula stessa. Tali studi sono funzionali anche alla comprensione di possibili effetti collaterali che insorgano dall’interazione di più farmaci diversi presenti nell’organismo.

Partiamo dall’ibuprofene, un principio attivo contenuto in diversi farmaci di uso quotidiano, usati per combattere mal di testa, mal di gola, dolori mestruali o infiammazioni dell’apparato genitale femminile e molto altro. In uno studio, pubblicato nel 2014 sul Journal of Environmental Science and Health, si utilizza la linea cellulare HEK-293 per testare la citotossicità (danneggiamento cellulare, ndr) e la nefrotossicità (danneggiamento renale, ndr) di composti come l’ibuprofene. Un altro articolo è del 2012 ed è stato pubblicato sul British Journal of Cancer. In esso, si fa uso della medesima linea cellulare per studiare l’effetto dell’ibuprofene come antagonista di un farmaco anti-tumorale usato per il trattamento della leucemia.

Ma passiamo alla ben più nota e comune aspirina, somministrata per una enorme quantità di patologie. Anch’essa fa uso della linea cellulare HEK-293. Sul Journal Neuroscience Letters è stato pubblicato nel 2014 uno studio che indagava gli effetti dell’acido acetilsalicilico su specifici recettori cellulari. D’altra parte, in un articolo su Nature, si è fatto uso di questa linea cellulare per studiare l’insorgenza di patologie legate all’utilizzo dell’aspirina.

Anche l’omeprazolo, un principio attivo che contrasta l’insorgenza di allergie, è stato testato con le medesime linee cellulari. Non sono esenti neanche alcuni antiretrovirali per l’HIV: in una review di farmacologia clinica della Food and Drug Administration le cellule HEK-293 sono servite come substrato per testare l’interazione tra l’antiretrovirale Dolutegravir e il Maalox, comunemente usato come gastroprotettore (pp. 259-260). Per citare anche farmaci che vengono utilizzati per la prevenzione di malattie cardiovascolari, un breve riferimento anche all’atorvastatina. In uno studio del 2017, si sono utilizzate diverse linee cellulari per studiare le loro risposte circa la regolazione del colesterolo dopo l’interazione con il farmaco.

Non è finita: è risaputo come il cavallo di battaglia dei medici “senza interessi di regime” (cit.) è l’idrossiclorochina che può essere venduta nelle farmacie con il nome di Plaquenil. Uno studio, pubblicato nel 2016 sul Journal of Pharmaceutical Sciences, evidenzia come clorochina e idrossiclorochina influenzano alcuni carrier che trasportano molecole all’interno e all’esterno delle cellule. Nuovamente, si è fatto uso delle cellule renali embrionali HEK-293.

A questo punto, volendo portare alle estreme conseguenze il ragionamento di alcuni, bisognerebbe rifiutare anche tutti questi farmaci e, in definitiva, riconoscere che per il Covid-19 sembra non esservi soluzione possibile, se si rigetta quanto la morale insegna sulla cooperazione materiale al male.

La verità è che dal momento che viviamo in un mondo dove esiste il bene e il male allo stato puro, evitare qualsiasi cooperazione materiale al male è praticamente impossibile. Come ben sappiamo, Dio non ci chiede l’impossibile (ad impossibilia nemo tenetur) dunque sarebbe assurdo che la dottrina morale da Lui derivante ci spinga a questo. Il principio cardine della morale ingiunge (1) di fare il bene e (2) di evitare sempre il male. Troppo spesso il mondo cattolico fa il male (e.g., scendendo a compromessi o optando per il “male minore”) e questa è certamente una tendenza da combattere; certuni fanno di tutto per evitare il male (dunque tutti quegli atti positivi che abbiano come fine prossimo o ulteriore un male) ed è certamente necessario; troppo poco si fa il bene; quasi mai il massimo bene possibile relativamente al proprio ruolo.

Allora perché non unirsi e creare un fronte compatto atto a combattere l’aborto in sé, che è il reale motivo per cui tutti questi farmaci possono usufruire di tale materiale biologico illecito? Da notare, ad esempio, come l’agenda abortista non solo si appresti a legalizzare l’aborto, per mezzo di Referendum, in alcuni Stati che finora ne erano stati risparmiati, come la Repubblica di San Marino, ma che il 23 giugno verrà votato al Parlamento Europeo il Matic Report. In tale rapporto, tra le altre cose, si eleverà l’aborto al rango di “diritto umano” nelle legislazioni europee e si attenterà gravemente all’obiezione di coscienza. Perché non combattere la fecondazione artificiale, che continua a mietere una quantità incalcolabile di vittime (tra embrioni generati, crioconservati indefinitamente o scartati dopo indagini eugenetiche)? Perché non combattere l’eutanasia, che a grandi passi si avvicina alla sua massima liberalizzazione anche nel nostro paese? Sembra quasi che tutte le questioni insorte dall’inizio della pandemia siano state deliberatamente provocate per dividere il mondo cattolico e, di modo che la Rivoluzione anticristiana possa continuare a procedere indisturbata. Bisognerebbe rifletterci spogliandosi di ogni animosità.

Fonte: Emmanuele Barbieri |  CorrispondenzaRomana.it

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