La mascherina antiCovid-19. Significati simbolici
— 24 Giugno 2021
— pubblicato da Redazione. —
L’assenza di ossigeno è stata una cifra tragica di questa epidemia. Mancava drammaticamente a chi si congedava dalla vita e ostacolava fastidiosamente chi per proteggere la propria vita e quella degli altri si è dovuto riparare con l’uso quotidiano della mascherina.
È stato necessario mettere un filtro all’aria, ridurre la libertà spontanea del respiro. Lo abbiamo fatto per salvare la nostra vita e quella degli altri.
La mascherina è stato uno strumento che è divenuto presto il simbolo della nostra lotta contro il virus. Quale simbolo? Dipende con quali occhi la si guarda. Per un verso può significare la compressione repressiva e arbitraria della nostra libertà individuale imposta dall’emergenza sanitaria. Il simbolo macabro di una dittatura sanitaria che ci ha imprigionati abusando del suo potere. Una sorta di burka igienista che ha ricoperto le nostre facce rendendo il nostro regime simile a quelli totalitari. Insomma, il simbolo della fine della democrazia o, quanto meno, del rischio della sua estinzione. Non è del tutto evidente? Non è forse stata la mascherina il simbolo di una triste restrizione della vita? Non a caso ci sono stati coloro che con disprezzo e insofferenza aristocratica si sono vantati di rifiutarne l’uso, togliendosela con sdegno alla prima occasione, rivendicando così il loro culto individuale della libertà, guardando dall’alto il gregge che invece passivamente e acriticamente la indossava. Ma il simbolo della mascherina si può anche vedere in un altro modo. Non come l’insegna arida di una dittatura sanitaria, ma come un simbolo della solidarietà, di una responsabilità civile finalmente condivisa. Indossata con precisione, non inutilmente a metà o al collo, ma calata sul visto sino a coprire per bene naso e bocca. Quanto senso civico c’è stato nel gesto dell’indossare con attenzione e scrupolo le nostre mascherine? I volti oscurati, tutte le loro infinite espressioni abolite, i sorrisi sterminati. Ma la luce era accesa ad un altro piano della casa: la mascherina è stata il simbolo di un sentimento comune di responsabilità civile, di una fratellanza composta e non retorica. In realtà l’abbiamo tutti amata e odiata in modo ambivalente: protezione della vita in cambio di una sua inevitabile restrizione. Ma adesso che la potremo finalmente togliere dai nostri volti, il respiro riprenderà il suo ritmo naturale? Per alcuni non è detto sia davvero una liberazione. È accaduto lo stesso con le riaperture: difficile abbandonare una prigione che è divenuta un rifugio, difficile tornare all’aperto. Allo stesso modo non tutti vorranno dimenticare la mascherina tanto rapidamente.
È stato il nostro oggetto transizionale, il nostro riparo, il nostro scudo, la nostra salvezza. È stata vissuta come una sorta di protesi che tutelava la vita dal rischio dell’infezione. Insomma, un sostegno indispensabile.
Ora che si avvicina il tempo della sua estinzione – speriamo definitiva – , potremmo dunque averne una qualche nostalgia? Saremo confrontati con il paradosso di chi non riesce più a togliersela? Di chi non si sentirà più al sicuro senza? Sarebbe il rovesciamento speculare del negazionismo: chi lo dice che non serve più, che dovremmo tornare a fidarci del nostro simile, a respirare normalmente un’aria ancora piena della minaccia di varianti sconosciute? Benedetta mascherina. Lei almeno, prima o poi, la dovremo davvero togliere. Non a caso i giovani l’hanno detestata da subito e indossata con fatica e insofferenza. Non si può nascondere il volto della vita dietro una maschera sanitaria. Il tempo mostrerà loro che le maschere, in realtà, si moltiplicano insieme alla vita. Meglio allora avere un po’ di nostalgia della mascherina che restare attaccati alle nostre maschere più abituali. Perché queste maschere, diversamente dalla mascherina, non si possono togliere. Era l’incubo che sorprese un mio paziente che cercando di togliersi la maschera che portava si dovette accorgere con angoscia che quella maschera coincideva con il suo stesso volto.
Fonte: Massimo RECALCATI | LaRepubblica.it
- Condividi questo articolo::