È la traduzione più logica, più giuridica, più laica, più cristiana che vi possa essere per far sì che Chiesa e Stato siano distinti senza opposizioni
«Chi ha concordato il Concordato?» si è chiesto pubblicamente Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, rispondendo polemicamente al legittimo intervento della Santa Sede sul tema del ddl Zan che, piaccia o meno, mette concretamente in pericolo la libertà di pensiero, di parola, di insegnamento.
Se vivessimo in un mondo meno peggiore di quello che ci ritroviamo dinnanzi una simile domanda non dovrebbe essere nemmeno considerata, rinviando ai manuali di storia delle scuole elementari tutti gli sventurati che dovessero interrogarsi con tanta semplice e ingenua franchezza come se tutta la realtà dipendesse dal principio d’autorità piuttosto che da quello di ragione.
Fedez, esci dalla bolla
Tuttavia, viviamo in un’epoca in cui la vocazione all’istruzione della scuola pubblica e la vocazione all’educazione della famiglia hanno oramai raggiunto l’acme del proprio indiscutibile fallimento, come dimostra il fatto che ben 23 milioni di persone si identificano come seguaci di un personaggio che ignora chi ha concordato il Concordato.
Sebbene sia sempre giusto interrogarsi su tutto, questo del resto era il principio di base del pensiero socratico, è anche pur vero che occorre porsi le giuste domande, così che la domanda corretta non è tanto chi ha concordato il Concordato, quesito spicciolo di mera cronaca storica, ma perché è stato concordato il Concordato?
Se Fedez e i suoi seguaci fuoriuscissero dalla bolla anticlericale in cui hanno deciso di rinchiudersi e decidessero di aprirsi alla conoscenza autentica, cioè quella priva di pregiudizi ideologici, scoprirebbero le ragioni della storia e soprattutto del diritto e del pensiero.
Impero e Chiesa
Il concordato è lo strumento unico proprio tramite il quale si esprime il principio di laicità e si garantisce la distinzione tra sfera temporale e sfera spirituale, cioè tra Stato e Chiesa.
Lo strumento giuridico concordatario, tuttavia, proprio come il principio di laicità, trova storica origine esattamente nell’alveo della cristianità in genere e della azione della Chiesa cattolica in particolare.
Storicamente, infatti, esso nasce come soluzione per la delimitazione delle competenze tra l’Impero e la Chiesa, come accaduto, non a caso, a Worms il 23 settembre 1122 tra il Papa Callisto e l’Imperatore Enrico V in seguito alla disputa nata intorno alle investiture episcopali essendosi l’imperatore tedesco arrogato il diritto di nomina dei vescovi, diritto che ovviamente spettava alla Chiesa.
Il Concordato di Worms fu poi accettato e ratificato dai subalterni di entrambe le parti, cioè dai prelati presenti al Primo Concilio Lateranense del 1123 e dalla Dieta di Bamberga del 1122. Il canone 10 del Primo Concilio Lateranense non a caso sancì che «nessuno consacri un Vescovo non canonicamente eletto: qualora si fosse avuta questa presunzione, consacrante e consacrato saranno condannati senza speranza di riottenere la loro dignità».
Ad esempio l’islam
La vicenda storica delle investiture può essere considerata, quindi, una ulteriore tappa nella difesa del concetto di laicità proprio del cristianesimo e della Chiesa in particolare, cioè nella distinzione tra la sfera temporale e quella spirituale, distinzione affermata e ribadita dall’operato della Chiesa che ha sempre impedito che sul potere temporale si assommasse anche quello spirituale.
Non così è accaduto altrove, per esempio nell’esperienza islamica, in cui la suddetta distinzione è impossibile proprio perché le autorità religiose sono anche politiche poiché Maometto accentrò su di sé entrambe le sfere.
Principio di laicità
Il principio di laicità, tuttavia, non significa esclusione della religione o della Chiesa dalla vita pubblica, politica, giuridica, sociale, specialmente non significa riduzione al silenzio nel campo morale che precede le scelte politiche e legislative e ciò sia in ragione dei principi fondanti del sistema democratico – all’interno del quale nessuno, neanche la Chiesa, può essere silenziato in ragione della propria opinione – sia in ragione della missione della Chiesa che è e rimane costante nel tempo, cioè la salus animarum.
Il concordato, dunque, è il “semplice” strumento giuridico attraverso il quale tutta la predetta complessità si ricompone ad unità garantendosi all’un tempo l’autonomia della Chiesa e dello Stato, ma non la loro commistione o la reciproca esclusione.
Cosa è il Concordato
Del resto, non soltanto la dimensione statale e temporale non esclude quella spirituale – tanto che è munita di principi e regole metagiuridici (proprio come la laicità) che ne pervadono la struttura fin dalle fondamenta costituzionali come per esempio il principio personalistico e quello solidaristico –, ma per di più l’autentica dimensione cristiana e cattolica non può auto-escludersi dalle dinamiche socio-politiche e ciò per una ragione escatologica intrinseca all’insegnamento cristiano, cioè il fatto non trascurabile che i cristiani sono nel mondo, ma non del mondo, come in fondo precisa il Vangelo di S. Giovanni (15, 18-21).
Il concordato quindi non è violazione del principio di laicità, ma sua manifestazione più genuina, non è intromissione dello Stato nella Chiesa, né ingerenza della Chiesa nello Stato, ma è semmai delimitazione delle sfere, delle competenze, dei ruoli, dei rapporti.
Il concordato, insomma, è la traduzione più logica, più giuridica, più laica, più cristiana che vi possa essere per far sì che Chiesa e Stato siano distinti senza opposizioni, delimitati senza conflitti, liberi senza oppressioni, autonomi senza autoreferenzialità, per far sì che si dia a ciascuno il suo, o, per dirla ancor più laicamente, cioè con le parole del Vangelo di S. Matteo (22,21), che sia reso a Cesare quel ch’è di Cesare e a Dio ciò ch’è di Dio.
Fonte: Aldo Vitale | Tempi.it