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Ungheria: la realtà delle cose e le vere ragioni per cui gli eurocrati di Bruxelles ci aizzano contro Budapest

La campagna di discredito dell’Ungheria, che la Commissione Europea ha riattizzato in queste settimane, raccogliendo grande consenso nell’Europarlamento, merita di venire attentamente considerata per due ordini di motivi: il primo in quanto esempio di autoritarismo mascherato da progressismo, e il secondo in quanto episodio di una strategia “europea” ostile agli interessi dell’Italia di cui sarebbe finalmente ora che a Roma ci si rendesse conto.

Quella che — sia in Italia che nel resto dell’Europa occidentale — buona parte della stampa va spacciando per “legge anti-lgbt” in realtà, come meglio diremo più avanti, non è affatto tale. Ciononostante l’Europarlamento non ha esitato a votare con una maggioranza di ben 459 “sì” contro 147 “no” e 58 astensioni una risoluzione che la condanna. Ha votato a favore anche la maggior parte dei deputati del Ppe, compreso il sudtirolese Herbert Dorfmann. Si sono astenuti i francesi e gli spagnoli mentre hanno votato contro romeni, cechi e slovacchi. Dei sei parlamentari della delegazione di Forza Italia, al momento ridotti a cinque per la stabile assenza di Silvio Berlusconi, quattro si sono astenuti, uno, Massimiliano Salini, ha votato contro, e un altro, Antonio Taiani, non ha partecipato al voto evitando così di schierarsi. Hanno invece votato compattamente contro La Lega e Fratelli d’Italia.

Nel documento si chiede una «azione urgente» della Commissione attraverso una procedura accelerata di infrazione che utilizzi tutti gli strumenti di cui si può disporre incluso il taglio dei fondi destinati dall’Ue all’Ungheria, ossia incluso il ricatto. Ursula von der Leyen, che martedì scorso aveva detto che “questa legge è una vergogna e siamo pronti a tutto pur di fermarla” fa sapere di essere pronta a ricattare l’Ungheria come l’Europarlamento ha suggerito.

Tutto ciò conferma quanto pesante sia la coltre di conformismo culturale, e perciò anche politico, che grava sul nostro presente. Nel futuro prevedibile il «pensiero unico» continuerà a essere più forte della realtà delle cose, della retta coscienza e anche del semplice buon senso. Senza lasciarsi opprimere dal fatto di essere destinato a restare a lungo in minoranza, chi ama continuare a prendere le mosse dai fatti e non da tale pensiero è importante che non si scoraggi e continui per la sua strada, nella speranza che pure molti altri facciano lo stesso, ma senza la pretesa che in quattro e quattr’otto diventino legione.

In tale prospettiva è utile qui soffermarsi più in dettaglio, anche a titolo di esempio, sul caso dell’Ungheria contro cui la Commissione Europea e l’Eurparlamento ci stanno aizzando. Secondo i proverbiali padroni del vapore, e perciò secondo i nostri grandi giornali e telegiornali, il premier ungherese Orban  è una specie di dittatore che per di più ha inscenato nel suo Paese una dura persecuzione degli Lgbt in spregio dei più alti valori su cui si fonda l’Unione Europea.

Ebbene, si può amare o meno Orban e la sua politica, ma ci sono due cose che sarebbe importante fossero chiare:

In primo luogo egli è al potere perché ha vinto delle regolari elezioni, e governa potendo contare in Parlamento su una maggioranza di circa due terzi dei seggi. Pretendere che il suo potere non sia legittimo equivale a dire che il consenso degli elettori non conta nulla se non coincide con le aspettative di chi predomina a Bruxelles. Domanda: che cosa c’entra questa pretesa con la democrazia, conclamata pietra angolare dell’Unione Europea?

In secondo luogo la nuova legge ungherese in questione, votata dal Parlamento di Budapest quasi all’unanimità, non rimette affatto in forse i diritti acquisiti degli omosessuali e degli Lgbt in genere. Le unioni civili tra persone del medesimo sesso, che in Ungheria già sono legali, continueranno a esserlo. La ragion d’essere della nuova legge è un’altra, ovvero l’affermazione e la tutela del diritto esclusivo dei genitori a provvedere all’educazione sessuale dei propri figli. Per questo la legge stabilisce che a scuola non si possono proporre agli allievi programmi di educazione sessuale e quindi anche testi, film o altri materiali che diffondono informazioni sull’omosessualità e sul cambio di sesso. Confrontare tali dati di fatto con quanto si legge e si ascolta in questi giorni su tanti giornali e telegiornali italiani è un esercizio utile per capire quanto l’informazione in Italia sia oggi distorta e condizionata.

Sarebbe poi il caso di rendersi conto che c’è qualcosa di un po’ strano nelle sempre più frequenti campagne di discredito che la Commissione Europea, oggi quanto mai a guida tedesca, monta contro l’Ungheria e altri Stati membri del Sudest europeo. Mentre a Nordest l’Unione Europea si è tempestivamente estesa a vantaggio della Germania, a Sudest persiste il «buco» della sin qui sempre rinviata adesione all’Ue della Serbia e di altri Paesi, a causa del quale resta bloccato il bacino del Danubio, grande asse di un possibile nuovo sviluppo di cui l’Italia è un motore designato. Non sarebbe il caso che a Roma qualcuno cominciasse a rendersi conto del nocciolo della questione, e che quindi l’Italia cessasse di accodarsi a una politica che non è né giusta né in linea con il nostro interesse nazionale?

Fonte: BlogRobiRonza.it

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